Il Parco Nazionale delle Incisioni Rupestri di Naquane, a Capo di Ponte, è stato il primo parco istituito in Valle Camonica nel 1955. L’area si estende per oltre 14 ettari e costituisce uno dei più importanti complessi di rocce incise nell’ambito del sito del Patrimonio Mondiale UNESCO n. 94 “Arte Rupestre della Valle Camonica”. Al suo interno, in uno splendido ambiente boschivo, è possibile ammirare ben 104 rocce incise, corredate da pannelli informativi e suddivise in 5 percorsi di visita.
Su queste ampie superfici di arenaria di colore grigio-violaceo, levigate dall’azione dei ghiacciai, gli antichi abitanti della Valle realizzarono immagini picchiettando con un percussore litico o, più raramente, incidendo con uno strumento a punta. La cronologia delle istoriazioni del Parco si colloca tra il Neolitico (V-IV millennio a.C.) e l’età del Ferro (I millennio a.C.), anche se non mancano incisioni di età storica. L’epoca meglio rappresentata è sicuramente l’età del Ferro, quando la Valle era abitata dai Camunni delle fonti romane.
Il toponimo Contrada Aquane compare su una mappa catastale ottocentesca della proprietà Agostani, che corrisponde all’area centrale del parco. Con il termine Aquane, Aguane o Enguane sono chiamate le fate, figure fantastiche metà donna e metà animale spesso connesse all’acqua come ninfe abitatrici di sorgenti e fiumi, che popolano le leggende della tradizione alpina.
Dalle più antiche raffigurazioni schematiche del Neolitico, raramente raggruppate in scene, si passa alle composizioni simboliche più articolate dell’età del Rame e del Bronzo, fino alle scene narrative dell’età del Ferro, caratterizzate da uno stile dinamico e descrittivo.
Le incisioni dell’età del Ferro sono attribuite alla popolazione dei Camunni. Il loro nome compare sul trofeo di La Turbie, nei pressi di Montecarlo, fatto erigere da Augusto al termine della conquista delle popolazioni alpine alla fine del primo secolo avanti Cristo. La maggior parte delle scene di questo periodo ha come protagonista il guerriero, impegnato in scene di duello, di caccia al cervo e di equitazione, che sono state interpretate come prove o riti di iniziazione sostenuti dai giovani dell’aristocrazia camuna per diventare adulti.
Con l’arrivo dei Romani si può considerare concluso il ciclo artistico camuno “classico” ma non termina in valle l’uso di incidere le rocce: le raffigurazioni di questa epoca non sono state ancora sufficientemente studiate, salvo per le attestazioni epigrafiche.
Sporadiche raffigurazioni attestano la prosecuzione delle incisioni fino all’età medievale (periodo post-camuno).
Alcune rocce sono di notevoli dimensioni, come la Roccia 1, che colpisce il visitatore per la straordinaria ricchezza e varietà delle figure incise, circa un migliaio. Sono presenti molte figure di animali, uomini armati, telai verticali a pesi, palette, edifici, coppelle e un labirinto.
Molte rocce sono dominate da figure umane realizzate in modo schematico, nella posizione detta dell’orante: hanno braccia rivolte verso l’alto, gambe contrapposte e corpo lineare, con alcune varianti. Gli studi mostrano la lunga durata di questo tipo di figura che ha inizio nel Neolitico e perdura fino agli inizi età del Ferro. Sulle rocce del Parco possono essere presenti guerrieri, cavalieri, animali, edifici, figure simboliche ed iscrizioni camune, a volte interpretati come elementi di scene di significato complesso, ma è necessaria molta prudenza. Molto spesso le superfici rocciose erano ripetutamente incise, sovrapponendo tra loro figure di età diverse. È così che ad esempio è nata la cosiddetta “scena del villaggio” della roccia 35, dove alcuni edifici che si sovrappongono a precedenti scene di caccia al cervo sembrano mostrare un villaggio con le sue attività. Alcune figure presentano una particolare valenza artistica, come la famosa raffigurazione del sacerdote che corre della roccia 35.
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