giovedì 14 maggio 2015

LA CHIESA DI SANTA MARIA DEL CARROBIOLO A MONZA

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La chiesa di Santa Maria al Carrobiolo si trova a Monza.

Del preesistente volto medioevale della Santa Maria sopravvivono oggi solo la torre campanaria, l'abside a terminazione piana e alcune porzioni di muratura esterna, mentre l'interno a tre navate scandite da colonne e la facciata aperta da una grande serliana sono il frutto di una rimodellazione esemplata sul prototipo alessiano del milanese San Barnaba, ora e per i successivi due secoli punto di riferimento per la fondazione monzese per l'assetto architettonico e liturgico e le scelte artistiche.
A Simone Peterzano, artista in più occasioni coinvolto in commissioni per i Barnabiti, furono affidate le pale degli altari laterali, con la Gloria di Ognissanti (in memoria della chiesa distrutta) e della Sacra Famiglia con san Giovannino, santa Elisabetta e i santi Pietro e Paolo, opere il cui composto indirizzo neocinquecentista appare pienamente adeguato alle istanze controriformate (le pale hanno oggi una diversa collocazione). Lo stretto rapporto di san Carlo con i Barnabiti è testimoniato da una preziosa anconetta con la Crocefissione e scene della Passione di Cristo, recante sulla cornice l'iscrizione SANCTI CAROLI DONUM. L'altarolo, già nell'oratorio privato del primo vescovo Borromeo nel Palazzo arcivescovile di Milano, e ora conservato nel Collegio annesso alla chiesa, fu lasciato in morte dal santo ai Barnabiti monzesi; il dipinto, tradizionalmente assegnato ad Antonio Campi (attribuzione spostata nel 1993 dalla Gregori sul fratello Vincenzo), è in rapporto tematico e compositivo con una più complessa Crocefissione con scene della Passione di Antonio Campi, datata 1569, donata dal santo alle Angeliche di Milano, congregazione femminile legata ai Barnabiti, oggi ai Musei del Louvre. I cremonesi Campi furono a Milano i maestri prediletti da san Carlo, per la loro pittura capace di combinare l'aggiornamento sul manierismo tosco-romano con ricerche naturalistiche e luministiche di matrice lombarda, e con una tensione patetica di forte impatto devozionale. Ricercato a Milano, secondo quanto scriveva il Borsieri nel 1619 nel Supplimento alla Nobiltà di Milano del Morigia, dai devoti e dagli ordini religiosi, per la gratia conferita alla sua pittura da un raffinato e sereno classicismo, assecondato dal colorire leggero e delicatamente sfumato, Guglielmo Caccia detto il Moncalvo lavora assiduamente per i Barnabiti in San Barnaba e in Sant'Alessandro. Sempre il Borsieri informa di un suo soggiorno a Monza, "dove ha fatto moltissime opere". Non meraviglia quindi che per i Barnabiti di Monza egli sia stato chiamato a realizzare una serie di tele di altissima qualità, originariamente destinate alla cappella maggiore, eseguite sullo scorcio del secondo decennio del Seicento: l'Adorazione dei pastori, l'Adorazione dei Magi, l'Assunta, Sant'Agata, il Redentore benedicente, la Vergine in preghiera, cui si aggiungevano gli Apostoli, dispersi, nella navata maggiore. Per la cappella del Noviziato nel Collegio, Giovanni Mauro Della Rovere detto il Fiammenghino dipinse la bella pala della Madonna col Bambino, opera molto curata nella finitura lucente, quasi smaltata, della cromia, di una cordiale ispirazione gaudenziana filtrata attraverso il Morazzone e, anche più, attraverso il Moncalvo.
Unica cappella laterale della chiesa è quella sul fianco sinistro, fondata nel 1649 da Francesco Bernardino Castiglioni con l'intitolazione alla Vergine e a san Giuseppe, più tardi dedicata all'Addolorata. La pala d'altare originaria del Matrimonio della Vergine, oggi esposta nella navata, è una rara opera del milanese Rizzardo de' Tavolini, imparentato con la famiglia degli intagliatori Taurino (operosi a Monza nel Duomo e in San Gerardo), allievo secondo le fonti di Camillo Procaccini.
Fortunatamente è giunta fino a noi nella navata maggiore la vasta impresa decorativa di Andrea Porta, con la collaborazione di Donato Mazzolino e, per le quadrature, dei varesini Giovanni Battista e Gerolamo Grandi.

A Monza numerose furono le chiese costruite ex novo, oppure profondamente trasformate, nel clima del riformismo borromaico che esercitò una forte presa soprattutto sulle fondazioni conventuali. A fronte delle copiose elencazioni e descrizioni contenute nelle fonti, fra cui si segnalano le Memorie storiche di Monza e sua corte dello storico ed erudito locale Anton Francesco Frisi, edite alla fine del Settecento (1794), va constatato peraltro il grave impoverimento subìto dal patrimonio architettonico ecclesiastico, in conseguenza, dapprima, delle soppressioni giuseppine e napoleoniche di ordini religiosi e congregazioni, quindi, delle nuove soppressioni post-unitarie, e degli sconvolgimenti urbanistici con le conseguenti distruzioni occasionate fra Otto e Novecento dal decollo economico e industriale della Brianza.
L'esempio più organico sopravvissuto fino ad oggi di rinnovamento post-tridentino di un complesso ecclesiastico è costituito dalla chiesa e dal collegio di Santa Maria del Carrobiolo, non casualmente di pertinenza dei Barnabiti, congregazione di origine milanese profondamente legata al riformismo borromaico. Dalla demolizione della medievale chiesa di Ognissanti, concessa da san Carlo nel 1573, i Barnabiti monzesi ottennero il materiale di recupero con cui affrontare il rifacimento della chiesa di Santa Maria, entrambe antiche prepositure degli Umiliati.
Avviato nel 1581, il corso dei lavori fu rapido, e il 5 giugno del 1584 veniva officiata la solenne consacrazione dallo stesso Carlo Borromeo. A quella data erano stati ultimati la cappella maggiore e i due altari principali in testa alle navate laterali; le quattro antine del tabernacolo del primo altar maggiore (poi rinnovato nel Settecento) furono dipinte dal manierista genovese Ottavio Semino, maestro a Milano del Duchino, con episodi biblici allusivi al mistero eucaristico (1581); gli stalli corali di severa sobrietà furono predisposti dall'intagliatore Giovan Pietro Locarno (1582).
Nel Settecento la chiesa fu sottoposta a importanti interventi di riqualificazione, solo in parte sopravvissuti. Scomparse al di sotto dei rifacimenti ottocenteschi sono le prospettive architettoniche del coro - documentate al 1696 al caposcuola della scuola quadraturistica locale, Giuseppe Antonio Castelli detto il Castellino, con la collaborazione del nipote Giuseppe - un apparato prospettico molto ammirato nelle fonti settecentesche. Ricoperte dal rifacimento novecentesco di Luigi Morgari le quadrature di Giovan Battista Riccardi sulle voltine delle navate minori, e gli affreschi di figura e di quadratura della cappella dell'Addolorata (eseguiti nel 1755 da Federico Ferrario e Francesco Antonio Bonacina).
Degli interventi settecenteschi sopravvive al Carrobiolo anche la Gloria angelica di Giovan Antonio Cucchi, entro quadrature del Riccardi, intorno alla porta che dalla navata destra introduce nel Collegio; del Cucchi è altresì la tela ovale di San Carlo posta al di sopra della targa marmorea con l'iscrizione che commemora la solenne consacrazione della chiesa da lui officiata nel 1584. Grazie alla generosità del novizio Carlo Alessandro Beria, fra il 1748 e l 1750 venne eretto il nuovo altar maggiore in marmi misti, pietre dure e bronzi dorati; esecutore fu il marmoraro Carlo Nava, mentre rimane sconosciuto l'autore del progetto.

Dei tempi passati la piazza del Carrobiolo ha conservato molto, dall'aspetto, che non deve essere molto diverso rispetto a quello settecentesco, alla denominazione. "Carrobiolo" è, infatti, il nome che i monzesi già dal Medioevo utilizzavano per designare quell'area che si trovava allora al limite settentrionale del borgo murato, lungo il tratto terminale della direttrice che attraversava la città in direzione nord-sud. "Porta carrobiola" era chiamata la porta che si apriva nel tratto nord orientale delle mura viscontee, dove l'odierna via Frisi incrocia la via D'Azeglio. In questo piccolo slargo che si apriva alla confluenza di diverse vie (questo è il significato etimologico del termine "carrobiolo") gli Umiliati, che nel 1201 si erano stanziati a Monza presso l'antichissima chiesa di Sant'Agata (nei pressi dell'attuale via De Amicis), ottennero di costruire una chiesa dedicata alla Madonna, la più antica tra quelle da essi fondate in città e successivamente anche la più ricca e prestigiosa se nel 1248 i della Torre, in cerca di denaro per finanziare la loro lotta contro i Visconti per il possesso del Ducato di Milano, proprio agli Umiliati del Carrobiolo lasciarono in pegno numerosi oggetti del Tesoro del Duomo di Monza tra cui la celeberrima Corona Ferrea.

Negli ambienti del convento, un tempo in gran parte adibito a noviziato, sono stati ricavati un teatro e un birrificio che produce dell'ottima birra che si può acquistare in loco o bere nei locali della città e della Brianza.




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