Di origine glaciale, la palude deriva da una torbiera sfruttata dal 1847 per l'estrazione della torba per poco più di un secolo. È considerata una delle torbiere piane pedemontane meglio conservate. Gli scavi realizzati per l'estrazione hanno permesso la formazione di numerosi piccoli specchi d'acqua di forma regolare, inoltre l'area è attraversata da un lungo canale che collega i due laghi.
L'area ha origine post-glaciale e risale agli ultimi 20.000 anni. Si è originata dall'abbassamento di ecosistema lacustre che racchiudeva in un unico grande specchio d'acqua gli attuali laghi della zona, Varese, Comabbio e Biandronno. Spostandosi verso sud l'acqua del grande lago ha eroso il letto del Bardello ed ha causato un abbassamento di circa 20 metri che ha lasciato scoperta una zona paludosa corrispondente all'attuale Palude Brabbia.
In principio questa zona era una torbiera, sfruttata per l'estrazione della torba fin dopo la Seconda Guerra Mondiale. Oggi è una delle meglio conservate sia dal punto di vista paesaggistico sia per il numero elevato di animali, piante e arbusti che la popolano. Considerato, a livello Nazionale, uno dei più importanti siti di nidificazione e svernamento di numerosi uccelli migratori, ospita almeno 140 specie di volatili, la più numerosa e costante è quella del Porciglione che è diventata simbolo indiscusso dell'Oasi.
La Palude Brabbia è un luogo di continue scoperte, suoni magici portati dal vento, ombre che sfiorano la memoria e un vivo e scoppiettante rinnovamento naturale che regala primitive emozioni.
Dal punto di vista vegetazionale la palude mostra la completa successione ecologica tra l’ambiente acquatico e quello boschivo, passando dall’acqua libera degli stagni e chiari sino a giungere alle formazioni boschive, in particolare le alnete, ossia i boschi igrofili a dominanza di ontano nero (Alnus glutinosa). Gran parte del nucleo umido dell’area ha l’aspetto di un vasto canneto, dominato dalla cannuccia di palude (Phragmites australis). In verità spesso la elevata copertura di Phragimites australis maschera la presenza di altre specie come Carex elata, pianta dal portamento cespitoso che dà luogo a praterie con una tipica conformazione a “gobbe”. Macchie di Salix cinerea punteggiano uniformemente l’area diversificando in modo suggestivo il paesaggio.
Molto localizzati, sopravvivono anche minuscoli lembi di sfagneta, cioè tappeti di un muschio, lo sfagno, sui quali crescono piante ormai confinate in Europa a latitudini assai più settentrionali delle nostre, come la pianta carnivora Drosera rotundifolia e la delicata viola palustre (Viola palustris). Lo sfagno, che molte volte passa inosservato anche per le sue ridotte dimensioni (10-40 cm), è una pianta quasi “eterna”: infatti, mentre l’apice cresce e si allunga, la parte basale muore e, subendo un lentissimo processo di disfacimento, si accumula nella massa di detriti organici che formerà la torba.
La diversità ambientale fa sì che anche il comparto floristico sia piuttosto diversificato, dalle più frequenti e cosmopolite specie degli ambienti umidi come la cannuccia di palude e la mazzasorda (Typha latifolia) a specie più rare come l’erba scopina (Hottonia palustris), una primulacea acquatica che ad anni alterni dà luogo a spettacolari fioriture nelle pozze dell’alneta lungo il sentiero natura. Altre specie appariscenti sono l’iris palustre (Iris pseudacorus) dai grandi fiori gialli, e l’orchidea palustre (Orchis incarnata) confinata alla porzione meridionale della Brabbia. Gli stagni sono caratterizzati dalle fioriture estive delle bianche ninfee (Nymphaea alba), e i gialli nannuferi (Nuphar luteum), ai margini i cespugli dell’ibisco (Ibiscus palustris) fanno capolino con il rosa intenso dei loro fiori. Nei chiari dell’area di Riserva integrale è poi presente il fior di loto (Nelumbo nucifera), specie elegante, che dà luogo a spettacolari fioriture nei mesi estivi, ma dannosa per l’ecosistema acquatico a causa della copertura fitta creata dalle enormi foglie. Infine in autunno non si può non notare la comunissima fusaggine (Euonymus europaeus) dai caratteristici frutti rossastri e semi di un arancio sfavillante.
Situata ai piedi delle Alpi, la Palude Brabbia rappresenta un importante luogo di sosta lungo il viaggio migratorio per decine di specie di uccelli, nonché sito di nidificazione per molte specie legate all’acqua.
Accanto alla rara Moretta tabaccata, anatra tuffatrice per la cui protezione la Palude Brabbia è riconosciuta come IBA (Important Bird Area) e ZPS (Zone di Protezione Speciale), in periodo primaverile dai capanni si possono osservare più facilmente Alzavole e Marzaiole, e il buffo Tuffetto mentre ripetutamente s’immerge cercando piccoli pesci o rincorre con un trillo i suoi simili per delimitare il territorio.
Inconfondibili i vivaci colori del Martin pescatore e il caratteristico “grugnito” del Porciglione, rallide più schivo ma più chiassoso delle comuni Folaghe e Gallinelle d’acqua.
Ai margini degli stagni sarà facile osservare l’Airone cenerino, specie numerosa grazie alla presenza di una “garzaia” (nidificazione coloniale) che ospita anche la più piccola Nitticora. Airone rosso e Tarabusino preferiscono invece costruire un nido solitario nel canneto. In inverno non è infrequente avvistare la grande sagoma dell’Airone bianco maggiore; un prolungato e sommesso “muggito” tradisce invece la presenza del raro e mimetico Tarabuso.
Tra i rapaci diurni, comuni in primavera vi sono il Nibbio bruno, il maestoso Falco pescatore e il Falco di palude. In inverno regina dei cieli è l’Albanella reale osservabile nei suoi voli radenti il canneto.
Tra i più importanti passeriformi nidificanti troviamo molti Silvidi di canneto, come la Cannaiola, la Cannaiola verdognola, il Cannareccione, la Salciaiola e l’Usignolo di fiume, specie dai melodici ed inconfondibili canti.
A partire dalla fine degli anni ’90 si è insediata una numerosa popolazione di Panuro di Webb, piccoli passeriformi esotici importati dall’Estremo oriente e naturalizzati in Provincia di Varese.
Come tutte le zone umide, la Palude Brabbia ospita numerosi specie di anfibi. Tra questi spicca la presenza della Rana di Lataste, rana “rossa” che vive esclusivamente nei boschi umidi e planiziali della Pianura Padana, e di due specie di tritone, il Tritone crestato italiano ed il Tritone punteggiato.
Tra le rarità anche la Lucertola vivipara, relitto del periodo glaciale, adattatasi al microclima relativamente fresco della Riserva.
Il Topolino delle risaie, piccolissimo roditore dalla coda prensile che costruisce il nido tra i cespi di carice, e la Puzzola, elusivo mustelide notturno, sono i più preziosi rappresentanti dei mammiferi accanto alle più comuni Volpi e Lepri ben visibili dalle tracce lasciate in inverno sulla neve.
Anche tra la fauna invertebrata sono presenti alcuni elementi di pregio. Tra i coleotteri figurano l’Eremita odoroso (Osmoderma eremita), il cui unico e peculiare habitat è costituito dai tronchi cavi dei salici, l’inconfondibile Cervo volante, dalle immense ma inoffensive mandibole, e alcuni acquatici come i predatori Dytiscus marginalis e Graphoderus bilineatus. Sopra gli specchi d’acqua ed al margine del bosco è facile in primavera scorgere l’aggraziato volo delle damigelle Calopteryx virgo e Coenagrion puella accanto a diverse specie di libellule dai brillanti colori.
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