Brebbia è un comune italiano di 3.360 abitanti della provincia di Varese in Lombardia. Fa parte della zona collinare della provincia di Varese (zona ovest) e il suo territorio è bagnato dal Lago Maggiore. Fa parte del Medio Verbano Orientale.
Ha una "forte" zona industriale e anche molti campi ad uso agricolo, in alcuni dei quali si sta recuperando l'antica coltivazione del Fagiolo di Brebbia diventato anche Presidio Slow Food. Brebbia inoltre fa parte della zona agraria numero 3 della Provincia di Varese (Valli del medio Verbano).
Il termine greco "Brabia", equivale a vittoria o premio di vittoria ed in senso traslato significa anche cosa bella e decorosa. A prova di ciò tale nome bene si addice al luogo, posto com'è fra due laghi, il Maggiore e quello di Varese.
Secondo un'altra derivazione il nome Brebbia deriverebbe da "Plebia", a sua volta derivato dal latino "Plebs", che significa plebe.
La spiegazione più verosimile è quella che fornisce lo storico N. Sormanni. Egli sostiene che il nome Brebbia deriva dalla caratteristica che il paese conserva tuttora. A Brebbia, infatti, esiste una località denominata dalla tradizione popolare "Paù", vocabolo dialettale che tradisce la voce italiana paludi. E' un terreno acquitrinoso e palustre, dove avevano sede le antiche terme e i bagni pubblici. Orbene, i latini designavano col vocabolo "Brevia" quei luoghi paludosi che si trovavano nelle immediate adiacenze dei luoghi ove precisamente le acque sono basse: "Brevia dicere ubi acquae sunt breves".
Successivamente, i barbari, che erano soliti cambiare, la lettera V in B ed anche in P, pronunciavano "Brebia" e talvolta "Brepia", termini che si incontrano nei documenti storici e notarili.
Quali siano stati i primi abitanti risulta abbastanza difficile individuarlo. Alcuni storici concordano nell'affermare che essi fossero popoli palafitticoli, provenienti dalla Svizzera. Gli scavi condotti in Angera dal professor Vincenzo Fusco dell'Università di Milano, hanno permesso di accertare che questa sponda del lago Maggiore fu sede di insediamenti umani fin dall'età mesolitica, 8000 - 7000 a.C. e fanno ritenere che anche i colli e la pianura di Brebbia furono frequentati da quelle popolazioni di tempi così remoti.
Dai ritrovamenti fossili, si dedusse che si trattava di popolazioni abbastanza civili; infatti, mentre facevano uso della pietra per costruire armi e oggetti vari, utilizzavano metalli, come il bronzo, conoscevano anche la giadeite (roccia impiegata per la fabbricazione di asce) e l'ossidiana (roccia che si rinviene solitamente nell'isola di Lipari, in Sardegna, nei Balcani e in Ungheria).
Le numerose testimonianze sulle abitazioni, dimostrano che essi trovarono certamente luoghi adatti a Monate, Varano e Biandronno; qui infatti, avevano a disposizione laghi a sponda bassa e non soggetta ad eccessivi sbalzi di magra e di piena. Luoghi favorevoli erano anche i piccoli stagni, quali la torbiera detta del Pavidolo posta ai piedi del Castellaccio, sul lato Sud del colle di Brebbia Superiore.
Depongono in questo senso gli oggetti venuti alla luce, nella seconda metà dell'800, durante gli scavi per l'estrazione della torba proprio nella piccola torbiera del Pavidolo.
Secondo altri storici, i primi abitatori delle nostre terre sarebbero stati i Liguri, popolo che avrebbe esteso il suo dominio dal mare sino alle sponde del Verbano. Una conferma indiretta verrebbe fornita da una lapide rinvenuta ad Angera ed ora di proprietà della Famiglia Borromeo. Essa proverebbe che Angera, prima ancora di Starona, era denominata Vico Sebrino o Vicolo dei Sebrini e fra gli studiosi pare che questo nome sia di origine ligure.
In seguito alle grandi migrazioni Nord-Sud, celtiche e galliche, i Liguri furono battuti e si ritirarono esclusivamente su quella terra che prese nome da essi: la Liguria, mentre sui territori lasciati liberi, si stabilirono i Galli, che vi rimasero fino al 221 a.C., fino a quando vi giunsero i Romani. Questi, infatti, divenuti padroni di tutta l'Italia Centrale e Meridionale, si volsero a settentrione, da loro chiamata Gallia Cisalpina.
Nel 532 di Roma - 221 a.C., i Romani, guidati dai consoli Cornelio Scipione e Claudio Marcello, penetrarono nella Pianura Padana e, vinto ogni ostacolo, occuparono Milano e poi Como, le due roccaforti dei Galli.
Con la sorprendente calata di Annibale in Italia, alla testa dell'esercito Cartaginese, furono annullate gran parte delle conquiste romane della Gallia Cisalpina e i Galli tentarono di scrollarsi di dosso il giogo di Roma, ma dopo la vittoria romana di Capua e quella definitiva di Zama (Africa 202 a.C.), con la scomparsa di Annibale, i Romani tornarono nelle nostre terre assoggettandole definitivamente. Fu così, che da allora (187 a.C.) le nostre contrade, dapprima occupate dai Liguri, e poi dai Galli, divennero Romane e costituirono l'undicesima provincia d'Italia, chiamata Insubria.
Giulio Cesare, divenuto arbitro di Roma, largheggiò ancor più verso le città della Gallia, fino ad innalzarle alla dignità di Municipio (49 a.C.) e più tardi, Augusto dichiarò l'Insubria, parte integrante dell'Italia e dell'Impero.
Completata così la romanizzazione teorica, ufficiale, non si fece attendere troppo quella pratica e reale con la costruzione di strade, ponti acquedotti, case, templi, ville teatri, ed altre opere di pubblica utilità e con la promulgazione di provvide leggi che resero fiorente il territorio, tanto più che, a poco a poco, queste regioni divennero le mete preferite di riposo e di soggiorno dei nobili Romani.
La particolare importanza che Brebbia ebbe durante la dominazione romana, la si desume da numerose epigrafi, incise su lapidi rinvenute in loco e descritte dal tedesco Mommsen.
Come testimonia un antichissimo manoscritto che si trova presso l'archivio vescovile di Novara, il Cristianesimo giunse a Brebbia intorno al 387 d.C. Come conferma la storia e la tradizione popolare, il primo apostolo delle nostre terre, fu S. Giulio col fratello Giuliano.
I risultati furono mirabili: in poco tempo la maggioranza dei Brebbiesi rinunciò al paganesimo e si fece cristiana. Così Brebbia, che prima era il centro del paganesimo di tutta la vasta zona circonvicina, divenne il centro del Cristianesimo.
Brebbia tenne fede alla nuova religione e divenne una delle Pievi più importanti, anzi la pieve per eccellenza, titolo che si confuse facilmente col suo nome proprio. Ecco perché in molti documenti posteriori si ha "Plebia", o "Blebia" per Brebia.
Con la caduta l'impero romano d'occidente (476 d.C.), si susseguirono invasioni barbariche, alcune delle quali furono particolarmente feroci nel combattere e nel distruggere tutto ciò che sapeva di romano. Verso la metà del V secolo, nella Gallia c'erano i Visigoti, seguirono i Franchi o Borgognoni, gli Alemanni, i Turingi ed infine, vennero tutti spazzati dai Franchi, che ristabilirono l'unità della Gallia, non più Romana, bensì barbarica o Franca, sebbene influenzata dalla civiltà romana, ancora vigorosissima.
Durante le invasioni barbariche, la giurisdizione di quasi tutta l'Insubria passò agli Arcivescovi di Milano. Nacque così la Pieve e la Collegiata di Brebbia. Presso il pievano si stabilirono come cooperatori, altri sacerdoti per modo che già ai primi tempi Brebbia divenne anche sede di una Collegiata col titolo di S. Pietro, col Preposto e diciotto canonici.
La Pieve di Brebbia acquistò sempre più prestigio e, tra il 1200 e il 1500 si estese ai paesi limitrofi, quali: Gavirate, Ternate, Biandronno, Cazzago, Besozzo, Monvalle, Laveno, Cadrezzate, Comabbio, Bogno, Comerio, Santo Sepolcro (Ternate) e altri: Monate-Ispra-Barra che allora erano tutt'uno con Brebbia.
Tale primato rimase a Brebbia fino a che S. Carlo, verificato lo stato di abbandono e di incuria in cui si trovava la Pieve e la Prepositura (1567 d.C.), conferì a Besozzo, l'autorità di pieve (1574 d.C.), aggregando buona parte dei benefici alla Chiesa di S. Tommaso di Milano.
Il periodo medioevale dunque, fu caratterizzato da due elementi che polarizzarono la vita economica e sociale del luogo: il primo fu la presenza del castello con le giurisdizioni arcivescovili, il secondo fu il fatto d'essere Brebbia capopieve e di conseguenza avere un'importanza anche economica, grazie alla Chiesa e canonica di S. Pietro.
Il castello, denominato "Il Castellaccio" si ergeva su un colle che si eleva un'ottantina di metri rispetto al terreno circostante, ma che domina un'ampia regione. Elemento caratterizzante la vita economica di Brebbia nel medioevo fu lo sfruttamento dei corsi d'acqua, come il fiume Bardello, con la costruzione di mulini per la macina delle granaglie o per il taglio della legna. Il tipo più comune di casa d'abitazione era simile a quello riscontrabile in località "ad Cadonega", cioè una semplice costruzione.
In taluni casi si avevano strutture più complesse che fanno supporre un'attività agricola rivolta alla produzione di vino.
Un primo significativo strumento di conoscenza della situazione patrimoniale e agricola di Brebbia fu certamente il perticato rurale del 1558: un'imposta che fissava una certa somma per pertica di terra.
Brebbia contava 7000 pertiche divise tra proprietari laici ed enti ecclesiastici.
I nobili possessori di terre risiedevano a Milano o a Besozzo e tra i pochi possidenti abitanti a Brebbia molti erano mugnai e abitavano in località Ronchée.
Un quarto dell'intero territorio comunale era classificato come arativo, una parte era tenuta a vigneti, un'altra a prati e pascoli ed infine una buona area era paludosa.
Alla fine del cinquecento si registrò un calo della popolazione dovuto probabilmente a due epidemie di peste. In questo periodo la vita media si aggirava intorno ai quarantacinque anni.
Un'ulteriore epidemia "la Peste Manzoniana" si verificava nella prima metà del 1600 a seguito delle invasioni Spagnole e Francesi. Questa colpì anche Brebbia tra il 1629 e il 1631 con una drastica diminuzione della popolazione, tanto che nel 1636 si contavano solo 45 "fuochi" o nuclei familiari.
I grandi proprietari terrieri e gli enti religiosi continuarono a mantenere in questo periodo un importante presenza nel territorio di Brebbia. Estremamente interessante diventa lo studio delle mappe predisposte all'inizio del settecento per tutto lo stato di Milano con una scala approssimata di 1:2000 secondo l'unità di misura del trabucco milanese (2,6 m circa). Per ogni appezzamento, infatti, veniva indicato il numero di mappa, il perticato, la qualità del terreno e della coltura e segni convenzionali differenti.
Analizzando le mappe, pur mancanti di alcuni edifici, si ha una chiara visione di come doveva essere Brebbia nel Settecento. L'abitato appare molto ridotto e concentrato intorno alla chiesa di S. Pietro e del Castellaccio. Numerosi appaiono i mulini che costituivano gran parte dell'economia del tempo. Con l'editto Teresiano del 10 Ottobre 1757 e, successivamente, con l'editto di Leopoldo II del 10 Gennaio 1791, Brebbia risultava ancora capo pieve e rientrava nella giurisdizione della Provincia di Como.
Nella seconda metà del settecento un grande movimento di riforme scosse l'organizzazione generale della società negli stati governati dagli Asburgo. Soprattutto con il piano di riforma del governo e dell'amministrazione dello Stato di Milano si ebbe il primo tentativo di mettere ordine nei governi locali. Un'ulteriore evoluzione della vita amministrativa la si ebbe quando le truppe francesi entrarono in Lombardia alla fine del settecento e furono adottate le leggi francesi: Brebbia divenne comune di terza classe nell'epoca napoleonica.
Con l'Unità d'Italia si mantenne la divisione in province e Brebbia continuò a dipendere da quella di Como. L'amministrazione comunale era retta da consiglieri comunali eletti dai cittadini che avessero compiuto i 21 anni e pagassero almeno 5 lire di contribuzioni dirette. La Giunta municipale, eletta dal Consiglio comunale, era composta dal Sindaco, da due assessori effettivi e due supplenti.
Ben 218 erano invece gli uomini arruolati nella Guardia Nazionale, corpo d'armata che doveva garantire la difesa delle comunità dai pericoli esterni e dall'evenienza di disordini.
Una relazione del sindaco Passera, inviata nel 1861 al Regio verificatore censuario di Gavirate, informava che a Brebbia c'erano 1142 abitanti, suddivisi nelle frazioni principali: Centro 433, Brebbia Superiore 222, Ronchée ed uniti 123, Bozza con molino 75, Ghigerima ed uniti 157, Marzée 79, Ronco 53.
La scuola era divisa in due classi, maschile e femminile, del solo grado inferiore; era affidata a due insegnanti, un maschio ed una femmina e gli scolari che frequentavano erano 50 (25 maschi e 25 femmine).
L'economia era ancora prevalentemente agricola con produzione di frumento, segale, avena e miglio; c'era anche una nutrita produzione di gelsi per alimentare i bachi da seta.
Il mestiere più praticato era quello del contadino (144 unità) ma era sorprendente anche il numero dei mugnai (26); si contavano anche 6 calzolai, 6 fabbri, 5 muratori, 4 campanari, 4 falegnami, 3 sarti, 2 osti, 1 tessitore, un commerciante, un prestinaio, un macellaio, un pastore, un pollivendolo, un pescatore.
Una parte del territorio era boschivo e di proprietà privata. Le prime attività industriali, legate alla forza motrice dell'acqua del Bardello erano: 2 cartiere, 1 sega di legna, 1 torchio d'olio e 12 molini da macina.
Le strade comunali avevano uno sviluppo di circa 13 km sul territorio.
Con la costruzione di un canale di 700 m tra le anse del fiume Bardello, all'altezza di Brebbia, nel 1893, l'imprenditore Achille Buzzi attivava la prima centrale idroelettrica della Lombardia con cui assicurava la forza motrice per la sua tessitura di Gavirate e la pubblica illuminazione delle piazze di Brebbia, Olginasio, Biandronno e Gavirate.
Nei primi anni del 1900 diede un forte impulso alla vita sociale del paese una prestigiosa figura religiosa: don Luigi Mari con la creazione di una Cassa Rurale, una Scuola di disegno per muratori, la Società di S. Giulio e la Lega del Lavoro.
Nel 1904 nasceva il Circolo familiare di Brebbia Superiore e nel 1905 compariva la prima farmacia, che dopo alterne vicende divenne stabile nel 1912 quando venne acquistata dal dott. Demetrio Ullio. A partire dal 1908 e per molti anni ebbe sede nella frazione di Ronchée e si trasferì nell'attuale sede solo nel 1967.
Il 23 marzo 1914, promossa e voluta dal senatore Giulio Adamoli di Besozzo, entrava in funzione la tranvia elettrificata Varese-Angera che portò in questa zona gli effetti del moderno mezzo che aveva trasformato il sistema dei collegamenti intorno a Varese, facilitandone i trasporti.
La prima guerra mondiale richiese a Brebbia un notevole contributo di uomini e di sangue (considerato rispetto al numero degli abitanti), uno dei più gravi subito dai comuni italiani per numero di caduti: i brebbiesi che non tornarono dal fronte furono ben 65 di cui 61 soldati e 4 Caporal Maggiore.
Tra le due guerre Brebbia assistette alle prime sostanziali immigrazioni di intere famiglie provenienti dalla Valtellina e da alcune zone del Veneto che incrementarono il numero dei residenti (da 1227 abitanti del 1861 si era passati a 2101 nel 1901 e 2210 nel 1921) e portarono in Paese nuovi costumi e usanze.
Con l'emanazione della legge 4 febbraio 1926 e non senza qualche dissidio locale, venne soppresso il Consiglio comunale, sostituito dal Podestà e Consulta municipale e prese il via il periodo del regime fascista.
Il difficile periodo della Repubblica sociale e i giorni della liberazione, nella primavera del 1945, trascorsero senza gravi turbamenti.
Dopo le elezioni del 1946, Mario Bricarello fu riconfermato Sindaco e la prima giunta comunale era composta dagli assessori Giovanni Podestà, Oreste Paolo Caglio, Ernesto Roncari e Augusto Betti.
Nel Referendum del 2 giugno 1946 il Paese scelse in maggioranza (662 voti) la Repubblica anche se i nostalgici della Monarchia erano rimasti ancora numerosi (451 voti).
Il confine con Besozzo è segnato in gran parte dal fiume Bardello. Esso è un emissario del Lago di Varese e un immissario del Lago Maggiore. In passato le sue acque hanno azionato le pale di molti mulini, uno dei quali è ancora funzionante in località Piona; attualmente alimenta alcune cartiere, una stamperia di tessuti e il Canale Buzzi, che dà forza motrice ad una arcaica turbina che genera corrente elettrica. Su confine col comune di Travedona scorre invece il torrente Acquanegra, che è emissario del Lago di Monate ed immissario del Lago Maggiore.
Il Paese è costituito da un nucleo centrale: "Brebbia Centro" e 3 frazioni: Brebbia Superiore - Ronchée e Bozza", ciascuna formata da località e antiche cascine che hanno conservato la loro caratteristica denominazione:
Brebbia Centro: Vaticano (Cantûn Pisûn) caratterizzato dalla grotta di Lourdes, Preölegie, Borghetto (Bûrghet), Frecc, Gesioeu;
Brebbia Superiore: Castellaccio (ur Castelasc), Roncaccio, Cascina Bara, Marzée, Mirabella (Mirébéle), Torbiera;
Ronchée: Piona (Piûne), Sué, Campagna, Bosco grosso;
Bozza: Bozza lago (Böze), Bozza mulino, Mulino nuovo (Mûrin noeuv), Ghigerima inferiore (Ghigérimé), Ghigerima superiore, Motta Pivione;
e altri Mirasole (Miresö), Vignetta (Vignéte), Ronco, Paû, San Martin, Laghetasch, Piner spésé.
Brebbia si colloca tra lambito tipico dei laghi intermorenici e la sponda del lago Maggiore. Del primo conserva i moderati rilievi di origine glaciale a volte poggianti su formazioni rocciose più antiche (Brebbia Superiore) mentre nelle depressioni formatesi tra i rilievi, i terreni argillosi favoriscono il ristagno delle acque (zona detta del "laghetasch" e zona bassa). La seconda si presenta con andamento pianeggiante e con sponda sabbiosa.
Il "Laghetasch" è un'area umida-torbosa con presenza di livelli dacqua variabili che si trova il colle di Motto Pivione. Diversi decenni orsono, il proprietario vi introdusse dei "taxodium", piante idrofile, che, svettano per la loro imponenza. Infatti, grazie alla loro particolare attitudine a respirare attraverso le radici cave emergenti, hanno trovato un habitat ideale nella piccola torbiera, tanto da propagarsi in diverse direzioni.
Con riferimento alla vegetazione, mentre la piana di Brebbia è utilizzata come area seminativa di frumento, mais, orzo, avena, segale, le colline sono ricoperte da boschi di castagni, con abeti, pini, betulle, noccioli, aceri, robinie, frassini faggi e sambuco. Nei prati e brughiere crescono ranuncoli, tarassaco, piantaggine, rabarbaro, trifoglio, pratoline, gerani e garofani selvatici e una varietà di graminacee che consente due o tre fienagioni nella bella stagione. In riva al Verbano e lungo la foce del Bardello crescono salici bianchi, ontani, canne palustri, tife e l'ambiente naturale si offre alla nidificazione di anatre e alcune specie di trampolieri.
La fauna è costituita da lepri, fagiani, qualche volpe, scoiattoli, ghiri, ricci, topi di campagna, talpe, bisce, merli, rondini, passeri, corvi, gabbiani, anatre e qualche airone.
La chiesa dei Santi Pietro e Paolo, edificio romanico del XII secolo costruito sulle fondamenta di una più piccola chiesa del VII secolo e probabilmente sui resti di un antico tempio pagano. L'aspetto più notevole della chiesa è dato dall'accuratezza del paramento murario, realizzato con blocchi di serizzo, granito e pietra d'Angera, dalla ricchezza di lavorazioni del portale meridionale e dalla presenza, all'interno, di un affresco con il ciclo della Passione che non ha precedenti in territorio varesino.
Il Museo della Pipa - Pipe Brebbia S.r.l. nato nel 1979 che rende pubblica una collezione privata di pipe (include una collezione di pipe di Gianni Brera) e di oggetti e scritti correlati realizzata dal fondatore della Pipe Brebbia, Enea Buzzi.
Il laghetàsc, piccola torbiera paludosa situata sul Motto Pivione a Brebbia, in mezzo ad un castagneto. Nello stagno crescono diverse piante di cipresso calvo delle paludi. Il sentiero che circonda il Laghetàsc fa parte delle Vie Verdi del Verbano.
Stupende sono le Sabbie d'Oro di Brebbia - Costa occidentale del Lago Maggiore.
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