giovedì 14 maggio 2015

LA CHIESA DI SAN MAURIZIO A MONZA

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L’edificio religioso sorge sul luogo ove era ubicato il convento di S.Margherita fondato dagli Umiliati nel XIII secolo con il nome di "Puteo Vaghetto".
La chiesa fu edificata nel 1736 su progetto attribuito all’architetto lombardo Giovanni Antonio Quadrio.

Inizialmente misto, dalla fine del Trecento è occupato da una comunità soltanto femminile, che con il tempo assorbe altre comunità umiliate monzesi. Nel 1469 una nuova chiesa dedicata  alle Sante Margherita e Caterina sorge al posto dell'oratorio medievale. Nel Cinquecento, per volere dell'arcivescovo Carlo Borromeo, entrano a far parte della comunità anche le monache di S.Maria Maddalena in Monza, e vi rimangano sino alla morte del santo.
Il monastero deriva la sua fama dalla vicenda della monaca di Monza, Narrata dal Manzoni nei Promessi Sposi. Marianna de Leyva, nata a Milano in Palazzo Marino, a 14 anni è rinchiusa nel convento di S.Margherita e a 16 diventa monaca benedettina con il nome di battesimo della madre, Virginia Maria.
Nel 1597 incontra per la prima volta Gian Paolo Osio (l'Egidio manzoniano), la relazione dura dieci anni e si conclude nel 1608 con la condanna a morte dell'Osio e la reclusione di suor Virginia, per tredici anni, nel ritiro delle prostitute pentite di Milano, dove muore nel 1652.

L’impianto classicheggiante della facciata in cotto è vivacizzato dalla presenza del portale marmoreo, nobile esempio di barocchetto lombardo.
La chiesa, con impianto a navata unica suddivisa in sei campate, all’interno è riccamente decorata.

La chiesa, agli inizi del XVIII secolo, è in condizioni tanto precarie che, nel 1736, si rende necessario un rifacimento totale, forse conservando soltanto i muri perimetrali dell'edificio quattrocentesco. Il 18 luglio 1738 i lavori sono ultimati l'arciprete di Monza, Giuseppe Antonio Vicini, concede l'autorizzazione alla benedizione.

Nel 1785, dopo la soppressione del monastero e la sconsacrazione della chiesa, gli immobili subiscono vari passaggi di proprietà con diverse destinazioni. Nel 1875 gli edifici conventuali a meridione sono venduti alle suore Preziosine, che vi risiedono tuttora, successivamente il chiostro a settentrione viene abbattuto e nel 1956 il condominio che sorge accanto all'antico portichetto d'ingresso cancella le ultime vestigia. La chiesa invece è acquistata nel 1881 dal Duomo di Monza, che vi trasferisce il titolo dell'antica S.Maurizio, destinata alla distruzione per l'ampliamento della via Ferdinandea (oggi Vittorio Emanuele).

La facciata, con profilo a capanna, in mattoni a vista con fregi in marmo, è percorsa da due fasce marcapiano alte e aggettanti, che la dividono in due ordini sovrapposti e staccano il secondo ordine dal timpano sormontato da tre statue. Coppie di lesene in entrambi gli ordini inquadrano specchiature a profilo mistilineo. Il portale è affiancato da due colonne in granito sulle quali si posa la struttura in risalto del timpano, di marmo bianco, leggermente inarcato in cui campeggia un medaglione centrale con un busto della Madonna, mentre due figure allegoriche, la Speranza e la Fede, sono adagiate sopra i salienti.

Al portale è sovrapposto un finestrone, nel registro superiore, mentre sul culmine della facciata si erge la statua di S.Margherita, contraddistinta dalla croce e dal drago, affiancata da due angiolotti alle estremità del timpano. Facciata e rilievi costituiscono l'episodio conclusivo della ricostruzione settecentesca, rispondono ai caratteri del barocchetto lombardo e sono attribuiti all'architetto Giacomo Quadrio.

L'interno del tempio è ad aula unica, con due altari laterali realizzati in occasione della ripresa ottocentesca del culto: quello di sinistra è dedicato alla Madonna e la pala è un affresco quattrocentesco staccato dalla chiesa distrutta di S.Maurizio, quello di destra a S. Margherita. In origine la navata era divisa da un muro trasversale per distinguere lo spazio pubblico da quello riservato alle monache e il presbiterio era delimitato da una balaustra, secondo una tipologia diffusa nelle chiese monastiche del tempo della Controriforma. Dopo la soppressione del 1785 il muro trasversale è demolito e lo spazio interno risulta scandito in sei campate da lesene con capitelli compositi, sui quali si posa la spessa trabeazione alla base della copertura tagliata da archi trasversali a tutto sesto.

Nella seconda e nella quinta campata la volta si innesta su due lunette sfondate da ampie finestre, mentre il robusto arco fra la terza e la quarta campata segna la posizione in cui si alzava il muro divisorio. L'altare Maggiore, ricostruito nel 1881, è collocato fra la quinta e la sesta campata. Dell'antico coro rimangono soltanto cinque stalli settecenteschi addossati a ciascuna delle pareti del presbiterio e altri cinque alla parete di fondo.

Sulle pareti della navata sono disposte alcune pale settecentesche provenienti dalla chiesa distrutta di S.Maurizio: il Martirio di S.Maurizio e le Anime del Purgatorio soccorse dai fedeli, attribuite ad Antonio Maria Ruggeri, nella seconda campata; la Flagellazione e l'Incoronazione di spine, attribuite a Giovanni Battista Gariboldi, nella quinta. Sulla parete sinistra della terza campata è collocata la tela raffigurante Cristo fra i SS. Maurizio, Bernardino e Giovanni Battista, eseguito da Ambrogio Brambilla nel 1569.

Di notevole importanza è la decorazione ad affresco delle coperture, che conservano l'impostazione originale in due aule tagliate dal tramezzo, ciascuna con una volta centrale a vela fra due a botte.

Gli autori dei dipinti delle prime tre campate sono Carlo Innocenzo Carloni e i quadraturisti Carlo Perrucchetti e Giuseppe Castelli Junior, che intervengono fra il 1740 e il 1742. Carloni esegue il medaglione centrale della volta a vela, con un'Assunta, dipinta in prospettiva fortemente scorciata dal basso, e le grandi nicchie nelle volte a botte con le sacre allegorie della Purezza, della Speranza, della Carità e della Fede, accompagnate ciascuna da un angioletto. Le figure eleganti, la tavolozza chiara e tersa, appartengono alla maturità artistica del Carloni, impegnato nello stesso periodo ad affrescare le navate laterali del Duomo di Monza. Anche le architetture a monocromo e i fregi dorati dei quadraturisti ci rimandano a un lavoro da loro eseguito in Duomo, nella Cappella del Corpus Domini, nel 1742.

Le pitture dalla quarta alla sesta campata sono attribuite a Francesco Antonio Bonacina, figura minore del barocchetto lombardo, quadraturista come dimostra il prevalere della decorazione architettonica. Bonacina dipinge al centro della volta a vela un medaglione con una Gloria angelica e nelle volte a botte, sopra una lunga balaustra che sovrasta la trabeazione, quattro grandi mensole, con esuberanza di elementi decorativi, e altrettante nicchie a conchiglia in cui trovano riparo piccoli busti di sante; S.Caterina d'Alessandria, con l'attributo della ruota alla base della mensola, S.Margherita d'Antiochia con drago e teschio leonino, S.Cecilia con canne d'organo, S.Barbara - contraffatta nell'Ottocento - con la torre.

Degno di nota è l'organo settecentesco a mantice, sulla parete della controfacciata. All'esterno, a sinistra, sopravvive il portico di ingresso del convento con la buca per la ruota.



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