giovedì 2 aprile 2015

IL LAZZARETTO DI SAN ROCCO

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La tradizione ci racconta che San Rocco, appena si accorse di avere la peste, se ne andò spontaneamente in un bosco, vicino a Piacenza, per non contagiare le altre persone e scelse di morire in solitudine.
Un cagnolino però si prese cura di lui, portandogli ogni giorno un pezzo di pane e permettendogli così di resistere e guarire.
S. Rocco presto diventa una figura simbolica: mentre il cagnolino richiama l’intervento dell’autorità sanitaria il santo è l’esempio da seguire, cioè la necessità di ritirarsi nel lazzaretto per affidarsi fiduciosamente alle cure dello Stato.

Il lazzaretto di San Rocco realizzato a seguito di una parte del Consiglio Generale datata 7 giugno 1484 che prevede l’acquisto di una pezza di terra appartenente a Gerolamo Bergamini “ultra lacum prope foramen ab anguanis”.
L’architetto a cui l’edificazione viene affidata è “mastro Batista dei Osei da Bressa, architecto”. Gli operai impegnati nella fabbrica spesso diventano benefattori della stessa; d’altra parte, fra di essi si trovano anche condannati dal provveditore a pene da scontare lavorando uno o due mesi nel lazzaretto. Ciò consente di concludere che quest’opera non solo è commissionata e guidata dal Comune, ma impegna tutta la comunità salodiana come una vera e propria priorità collettiva.
La struttura, in piena efficienza entro la metà del XVI secolo, subì nei secoli successivi diversi interventi di manutenzione, ristrutturazione e restauro; venne poi destinata ad altri usi dal XIX secolo.
Il complesso architettonico si articola in più spazi, che rispondono a differenti e complementari funzioni. Il corpo maggiore dell’edificio è destinato ad ospitare le camere per i ricoverati e le stanze di servizio. Sul lato orientale dell’area si trova quello che potremmo chiamare “lo spazio della speranza”, la piccola chiesa dedicata a San Rocco.
Tra questi due edifici e le pendici della collina si apre un cortile, in cui si depositano e si disinfettano le merci sottoposte a sequestro dai sanitari e, durante l’epidemia, si scavano le grandi fosse comuni, in cui i cadaveri dei morti di peste vengono gettati, ricoperti da uno strato di calce viva per scongiurare la possibile comunicazione del contagio.
L’organico del lazzaretto è costituito innanzitutto da un priore e da un vicepriore; ci sono poi i guardiani, che hanno funzione di sorveglianza e sono responsabili della conservazione e della disinfezione delle merci; infine c’è il personale di servizio, costituito dagli “sboratori”, competenti delle disinfezioni, da coloro che si occupano dei servizi alle persone e dai “nettezini” o “sottradori”, coloro che trasportano e seppelliscono i cadaveri. L’opera di tutte queste persone si svolge sotto la direzione ed il controllo dell’ufficio di sanità del Comune e la supervisione di quello della Riviera.


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