mercoledì 1 aprile 2015

LA REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA

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La Repubblica Sociale Italiana (RSI) era lo Stato guidato da Benito Mussolini e voluto dalla Germania nazionalsocialista al fine di governare parte dei territori italiani controllati militarmente dopo l’8 settembre 1943.

Pur rivendicando tutto il territorio del Regno d'Italia, la RSI esercitò la propria sovranità solo sulle province non soggette all'avanzata alleata e all'occupazione tedesca diretta. Inizialmente la sua attività amministrativa si estendeva nominalmente fino alle province settentrionali della Campania, ritirandosi progressivamente sempre più a nord, in concomitanza con l'avanzata degli eserciti angloamericani. A Nord, inoltre, i tedeschi istituirono due "Zone d'operazioni" comprendenti le province di Trento, Bolzano e Belluno (Zona d'operazioni delle Prealpi), e le provincie di Udine, Gorizia, Trieste, Pola, Fiume e Lubiana (Zona d'operazioni del Litorale adriatico), sottoposte direttamente ai Gauleiter tedeschi del Tirolo e della Carinzia, de facto, anche se non formalmente annesse al Terzo Reich. L'exclave di Campione d'Italia fu inclusa nella Repubblica solo per pochi mesi, prima di essere liberata grazie ad una rivolta popolare appoggiata dai carabinieri.

La RSI fu riconosciuta da Germania, Giappone, Bulgaria, Croazia, Romania, Slovacchia, Ungheria, Cina nazionale, Manciukuò e Thailandia, vale a dire da paesi alleati alle potenze dell'Asse o con truppe dell'Asse presenti al loro interno. Finlandia e Francia di Vichy, pur navigando nell'orbita nazista, non la riconobbero. Relazioni ufficiose furono mantenute con Argentina, Portogallo, Spagna e, tramite agenti commerciali, anche con la Svizzera.

La RSI venne pertanto voluta e considerata fin dal suo esordio come uno Stato fantoccio. Mussolini ne era consapevole. Tuttavia alcuni storici ed esponenti politici hanno tentato di ridurre o eliminare la portata di tale definizione: a tal proposito si veda il paragrafo La RSI come Stato fantoccio.

La strutturazione giuridico-istituzionale della RSI avrebbe dovuto essere demandata a una assemblea costituente, come richiesto da congresso del PFR (14-16 novembre 1943). Si sarebbe dovuto instaurare una «repubblica ­sociale» in linea con i principi programmatici, a cominciare dalla «socializzazione delle imprese», tracciati nel ­documento noto come Manifesto di Verona e approvato durante i lavori congressuali. Mussolini preferì però rinviare la convocazione della Costituente al dopoguerra e limitandosi a far approvare dal Consiglio dei ministri il 24 novembre la denominazione di RSI.

L’avanzata angloamericana nella primavera del 1945 e l’insurrezione del 25 aprile 1945 determinarono la fine della RSI, la quale cessò ufficialmente di esistere con la resa di Caserta del 29 aprile 1945 (operativa dal 2 maggio) sottoscritta dagli Alleati con il Comando Tedesco Sud-Ovest anche a nome dei corpi militari dello stato fascista in quanto quest'ultimo non riconosciuto dagli Alleati come valido e autonomo.

Fondamenti ideologico-giuridico-economici della Repubblica Sociale Italiana furono il fascismo, il socialismo nazionale, il repubblicanesimo, la socializzazione, la cogestione, il corporativismo e l'antisemitismo.

La creazione di uno stato italiano fascista guidato da Mussolini fu annunciato dallo stesso il 18 settembre 1943 attraverso Radio Monaco. Tre giorni prima l'agenzia ufficiosa del Reich, la DNB, aveva comunicato che Mussolini assumeva «nuovamente la suprema direzione del Fascismo in Italia» diramando i primi cinque fogli d'ordini del duce.

Il 23 settembre veniva costituito presso l'ambasciata tedesca a Roma il nuovo governo Mussolini in assenza di quest'ultimo ancora in Germania. In questa fase viene usata l'espressione "Stato Fascista Repubblicano d'Italia". Il 27 settembre il governo comunica che «si dà inizio al funzionamento del nuovo Stato Fascista Repubblicano».

Il 28 settembre nel suo primo Consiglio dei ministri alla Rocca delle Caminate, presso Forlì, viene usata la denominazione di "Stato Nazionale Repubblicano". La prima Gazzetta Ufficiale a non riportare le insegne e le intestazioni monarchiche fu quella pubblicata il 19 ottobre. Il 20 ottobre il ministro guardasigilli dispone «che la denominazione "Regno d'Italia" negli atti e documenti e in tutte le intestazioni relative a questo Ministero e agli Uffici da esso dipendenti, sia sostituita dalla denominazione: "Stato Nazionale Repubblicano d'Italia"».

Al terzo Cdm del 27 ottobre Mussolini annuncia «la preparazione della Grande Assemblea Costituente, che getterà le solide fondamenta della Repubblica Sociale Italiana», tuttavia lo Stato non cambia nome. Il 17 novembre il Manifesto di Verona approvato dal PFR delinea la creazione di una «Repubblica Sociale». Il 24 novembre il quarto Consiglio dei ministri delibera che «lo Stato nazionale repubblicano prenda il nome definitivo di “Repubblica Sociale Italiana”» a partire dal 1º dicembre 1943.

La RSI fu ben presto nota anche come "Repubblica di Salò", dal nome della località sul lago di Garda sede del Ministero della Cultura Popolare con le agenzie di stampa e degli Esteri, donde per cui la maggior parte dei dispacci ufficiali recavano l'intestazione "Salò comunica...", o "Salò informa", o "Salò dice".

Durante la Seconda guerra mondiale, dopo lo sbarco americano in Sicilia e l'ormai ritenuta inesorabile sconfitta dell'Italia, furono a molti livelli cercate soluzioni per uscire dalla crisi. Il 25 luglio 1943 il Gran Consiglio del Fascismo, organismo costituzionale e direttorio politico del PNF, con l'Ordine del giorno Grandi aveva invitato Mussolini

« a pregare la Maestà del Re  affinché Egli voglia, per l'onore e la salvezza della Patria, assumere - con l'effettivo comando delle Forze Armate  - quella suprema iniziativa di decisione che le nostre istituzioni a Lui attribuiscono e che sono sempre state  il retaggio glorioso della nostra Augusta Dinastia di Savoia. »
Nell'approvazione dell'ordine del giorno c'era stato il voto, se non decisivo almeno assai significativo, di Galeazzo Ciano, ex-Ministro degli Esteri e genero del Duce, e di Dino Grandi, importante politico e diplomatico che aveva rappresentato nel mondo il prestigio dell'Italia fascista.

Nel pomeriggio dello stesso 25 luglio, Mussolini era stato ricevuto dal Re nella sua residenza di Villa Savoia. Dopo un breve colloquio, che si era concluso con la richiesta delle dimissioni da Capo del Governo, Mussolini fu arrestato e condotto, con un'ambulanza della Croce Rossa, presso la caserma della Legione Allievi Carabinieri di via Legnano, a Roma-Prati, ove restò recluso per tre notti prima di essere trasferito altrove.

Non presso la sua residenza di Rocca delle Caminate, come egli sperava. Il 28 luglio fu imbarcato a Gaeta sulla corvetta Persefone e trasferito prima a Ventotene, poi sull'isola di Ponza e, dal 7 agosto, con la corvetta Pantera, sull'isola della Maddalena. Infine dal 28 agosto ai piedi del Gran Sasso, per poi salire il 3 settembre a Campo Imperatore dove restò, controllato da 250 carabinieri e guardie di Pubblica sicurezza, sino alla sua liberazione da parte di un reparto di paracadutisti tedeschi guidati da Otto Skorzeny.

Al posto di Mussolini il Re aveva nominato Pietro Badoglio, il quale subito aveva sedato l'euforia popolare, sorta alla notizia della caduta del capo del fascismo, e spento le speranze di pace con il famoso proclama radiofonico caratterizzato dall'impegno: "La guerra continua". Dopo lunghe trattative, l'8 settembre si giunse alla proclamazione dell'armistizio di Cassibile con gli Alleati (già firmato il 3 settembre). Ne seguì un generale sbandamento, durante il quale la famiglia reale fuggì da Roma insieme a Badoglio, rifugiandosi a Brindisi. Le autorità ed i dirigenti dello Stato, compresi gli stati maggiori delle forze armate, si smembrarono, scomparvero, si resero irreperibili, mentre le truppe tedesche prendevano il controllo del Paese seguendo un preciso piano organizzato mesi prima (Operazione Achse). La penisola restava divisa in due, occupata dalle forze alleate al sud e dalle forze tedesche al centro nord, con Roma tenuta dai tedeschi sino al 4 giugno 1944.

La nascita di un governo fascista nell'Italia occupata dai tedeschi era già stata pianificata segretamente (Operazione Achse) dai vertici di Berlino prima della liberazione di Mussolini: inizialmente si pensò ad un governo con Alessandro Pavolini, Vittorio Mussolini e Roberto Farinacci - esuli in Germania dopo il 25 luglio - ma nessuno dei tre sembrava dare sufficienti garanzie alla Germania, mentre Farinacci rifiutò ogni incarico. Si ventilò allora la possibilità di affidare il governò a Giuseppe Tassinari. La liberazione di Mussolini risolse il problema.

La liberazione di Mussolini era stata minuziosamente organizzata dai tedeschi, per diretto ordine di Hitler, e venne realizzata il 12 settembre da truppe scelte guidate da Kurt Student, Harald-Otto Mors e dal maggiore Otto Skorzeny, che dopo aver preso possesso dei luoghi e liberato il prigioniero, lo condusse a Monaco di Baviera. Qui Mussolini discusse della situazione del nord Italia in una serie di colloqui (durati due giorni) con Hitler dei quali non è giunto alcun verbale. Inizialmente depresso e incerto, Mussolini fu convinto da Hitler, che sembra aver minacciato di ridurre l'Italia "peggio della Polonia", ed accettò di costituire un governo fascista al nord.

Il 15 settembre furono emanate da Monaco le prime direttive per riorganizzare il partito fascista, che nel frattempo si stava ricostituendo spontaneamente dopo la dissoluzione sotto il peso degli avvenimenti dell'Armistizio, e della MVSN, in parte rimasta armi al piede. Riprendendo il programma dei Fasci italiani di combattimento del 1919, richiamandosi a Mazzini ed enfatizzando le origini e i contenuti repubblicani e socialista, il 17 settembre Mussolini proclamò attraverso Radio Monaco (un'emittente captata in buona parte dell'Italia settentrionale) la prossima costituzione del nuovo Stato fascista. Questa sarebbe stata formalizzata il giorno 23, insediando la prima riunione del Governo della Repubblica Sociale Italiana a Roma.

« Lo Stato che noi vogliamo instaurare sarà nazionale e sociale nel senso più lato della parola: sarà cioè fascista nel senso delle nostre origini. »
(Benito Mussolini, dal discorso di Radio Monaco del 18 settembre 1943.)
A novembre fu istituita un'ambasciata della RSI in Germania: fu nominato ambasciatore Filippo Anfuso, che presentò le sue credenziali ad Hitler il giorno 13. Il Reich ricambiò inviando a Salò Rudolf Rahn, già ambasciatore a Roma prima dell'armistizio, che si presentò a Mussolini l'11 dicembre, anniversario della firma del Patto Tripartito. Le sedi degli organi istituzionali, dei ministeri e delle forze armate della RSI vennero distribuite in tutto il nord Italia.

Il circondario di Salò, sede di alcuni dei maggiori uffici governativi, non era solo di grande bellezza paesaggistica, ma era anche strategicamente assai importante: oltre alla vicinanza con le fabbriche d'armi (ad esempio a Gardone Val Trompia, ove avevano sede la Beretta ed altre fabbriche minori) e con le industrie siderurgiche, vantava la prossimità a Milano ed alla frontiera tedesca e, oltre ad essere riparato dall'arco alpino, risultava equidistante dalla Francia e dall'Adriatico. Era nel cuore dell'ultima parte dell'Italia ancora in grado di svolgere la produzione e dunque capace di creare merci da poter vendere, ancorché sottoprezzo e soltanto alla Germania.

La Repubblica Sociale Italiana ebbe un governo de facto, ovvero un esecutivo che operava in mancanza di una Costituzione, la quale pur essendo stata redatta non venne mai discussa e approvata.

Tale organo, pur sembrando possedere tutte le prerogative essenziali per essere considerato sovrano (potere legislativo, autorità sul territorio, esclusività della moneta e disponibilità di forze armate) le esercitò de facto, ma non de iure. Benito Mussolini fu - sia pure mai proclamato - Capo della Repubblica (così il Manifesto di Verona definiva la figura del capo dello Stato, mentre nel citato progetto di Costituzione si parla di "Duce della Repubblica"), capo del Governo e ministro degli Esteri. Il Partito Fascista Repubblicano (PFR) fu retto da Alessandro Pavolini. Erede di ciò che rimaneva al nord della MVSN, dell'Arma dei Carabinieri e della Polizia dell'Africa Italiana, fu creata la Guardia Nazionale Repubblicana (GNR) con compiti di polizia giudiziaria e di polizia militare, posta sotto il comando di Renato Ricci.

Il 13 ottobre 1943 fu annunciata l'imminente convocazione di un'Assemblea Costituente, che avrebbe dovuto redigere una Carta costituzionale nella quale la sovranità sarebbe stata attribuita al popolo. Dopo la prima assemblea nazionale del PFR, svoltasi a Verona il 14 novembre 1943, questo annuncio fu annullato da Mussolini, avendo deciso di convocare detta Assemblea Costituente a guerra conclusa. Il 20 dicembre 1943 il Consiglio dei Ministri della Repubblica Sociale Italiana decise di soprastampare i francobolli con effigie di Vittorio Emanuele III affinché venissero usati nei propri territori. Solo alla fine del 1944 verrà emessa una serie con vignette appositamente illustrate.



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