Dario Fo definisce la sua infanzia “eccezionale”: “Ho avuto la possibilità di vivere un’infanzia sempre attorno al lago Maggiore, ma cambiando un paese dopo l’altro. Ho frequentato la terza elementare in tre posti diversi, la quarta in due scuole differenti. Poi sono andato a Luino per le scuole medie, a Milano per il liceo di Brera e infine all’Università. Quindi io, figlio di un ferroviere, ero sempre in viaggio. Questo naturalmente ha influito molto sul mio carattere. Credo di essere una persona generosa, ed ho imparato non solo da mia madre o da mio padre, ma anche dal clima che mi sono trovato intorno“. Il capitolo finale de “Il paese dei mezaràt“, racconta il funerale del padre, il quale prima di morire si era preoccupato di ingaggiare una banda che per tutto il tragitto da casa fino al cimitero suonasse le marce dei partigiani delle valli. “ Per ogni valle (sei o sette sul lago Maggiore), infatti, c’era un gruppo di partigiani che creava una propria canzone. Mentre si andava al funerale, tra le bandiere rosse, la gente, gli anarchici, iniziò un altro funerale, quello dello scrittore Piero Chiara, che aveva sempre avuto fama d’essere un gran mangiapreti. Per cui la gente si unì al corteo di mio padre pensando che fosse quello di Chiara. Poi quando è arrivato il feretro da Varese, nel luogo dell’appuntamento non c’era nessuno. Così tutti i giornali riportarono questo episodio“.
Nato a Sangiano (Varese) nel 1926, Dario Fo approda a Porto Valtravaglia dopo aver girato già altri paesini dell’Alto Varesotto al seguito di suo papà che lavorava nelle ferrovie dello Stato. In quei primi anni di vita conosce la spensieratezza totale, ma vive anche alcune prime esperienze della passione politica che più avanti lo animerà in modo ben più cosciente. Ma è negli anni di Porto che Fo vive le esperienze maggiori che gli indicheranno alcune strade. Porto è un paese di fabulatori, di narratori e lui attinge a piene mani da quell’esperienza.
Frequenta l'Accademia di belle arti di Brera a Milano e si iscrive alla facoltà di architettura del Politecnico, senza tuttavia laurearsi.
Nel '52 incontra Franco Parenti che lo introduce in RAI, dove scrive e recita per la trasmissione satirica "Poer nano"; nel '53, sempre con Parenti e Giustino Durano, firma "Il dito nell'occhio" cui farà seguito l'anno dopo "Sani da legare".
Per il cinema, è co-sceneggiatore ed interprete del film di Carlo Lizzani "Lo svitato" (1955); nel '57, mette in scena per Franca Rame "Ladri, manichini e donne nude" e l'anno successivo "Comica finale".
Dal '59 forma, con la Rame ed altri, una compagnia stabile: appartengono a questo periodo "Gli arcangeli non giocano a flipper" (1959), "Aveva due pistole con gli occhi bianchi e neri" (1960), "Chi ruba un piede è fortunato in amore" (1961), "Isabella, tre caravelle e un cacciaballe" (1963), "Settimo ruba un po' meno" (1964), "La colpa è sempre del diavolo" (1965), "La signora è da buttare" (1967).
Nel 1963 partecipa a "Canzonissima", dove con Franca Rame dà vita ad una serie di scenette che denunciano le malefatte del sistema politico; colpiti dagli strali della censura, preferiranno abbandonare per non dover mettere la mordacchia alle proprie idee, dando inizio ad una esclusione dalla televisione di stato destinata a durare più d'un ventennio.
E' del '66 la prima raccolta di "Ci ragiono e canto" sulla musica popolare italiana, e del '68 la nascita d'un collettivo teatrale indipendente destinato a girare l'Italia in circuiti alternativi a quelli del teatro ufficiale: vengono rappresentati "Grande pantomima con bandiere e pupazzi piccoli e medi" (1968), "L'operaio conosce 300 parole, il padrone 1000, per questo lui è il padrone" (1969), "Legami pure, tanto io spacco tutto lo stesso" (1969) e soprattutto il celeberrimo "Mistero buffo" (1969), monologo fondato sul grammelot, una lingua derivata dalla mescolanza di fonemi moderni e ricavati da disusati dialetti padani.
Degli anni successivi vanno ricordati "Morte accidentale di un anarchico" (1970), " Pum pum, chi è? La Polizia" (1972), "Guerra di popolo in Cile" (1973), per il quale viene arrestato durante una tournée a Sassari; successivamente, nella cornice della Palazzina Liberty occupata, andranno in scena testi quali "Non si paga, non si paga" (1974), "Il Fanfani rapito" (1975), "La marijuana della mamma è sempre la più bella" (1976).
Ha inizio, nel medesimo periodo, una frenetica attività di lavoro all'estero; nel '79, egli viene chiamato alla Scala di Milano per dirigere "L'histoire du soldat" (1979) di Stravinskij.
Degli anni successivi, meritano ancora menzione "Dio li fa e poi li accoppa" (1984), "Mamma! I Sanculotti!" (1993), "Il diavolo con le zinne" (1997); in questo stesso anno, egli viene insignito del premio Nobel per la letteratura.
La «Notte dei Mezaràt», è la notte bianca di Porto Valtravaglia, borgo di lago caro a Dario Fo che dalle sei di un sabato di luglio sera fino all’ alba di domenica si trasforma in un grande teatro a cielo aperto con spettacoli, concerti, caffè letterari, esibizioni di giocolieri e disegnatori, mostre di pittura, acquarelli e ceramica, brunch notturni sotto le stelle. Un giro di luna «felliniano» tra terra e lago che raduna nelle piazze e nelle strade di questa parte di sponda lombarda del Lago Maggiore il popolo dei «Mezaràt» (in dialetto significa mezzo topo, cioè pipistrello, con un chiaro riferimento a chi vive di notte). Ovviamente il «Mezaràt» più atteso è proprio Dario Fo, che consegnerà al migliore artista votato da una giuria popolare il «Premio Dario Fo».
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