mercoledì 8 aprile 2015

GIOVANNI RAMBOTTI

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Giovanni Rambotti fu un uomo di grande rigore e dirittura morale, di fede cattolica e ricco di sensibilità anche per i problemi sociali. A lui si deve la fondazione della Società Operaia di Desenzano, di cui fu presidente.

Giovanni Rambotti nacque a Desenzano il 21 novembre 1817.

Dopo aver compiuto gli studi primari e secondari nella sua città natale, studiò legge all'Università di Pavia, dove conseguì la laurea nel 1840.

Esercitò la professione di notaio in Desenzano. Membro della Deputazione Comunale dal 1848 al 1859, alla nascita del Regno d'Italia nel 1860 ricoprì l'incarico di primo sindaco di Desenzano, che tenne fino al 1862.
Dal 1863 al 1872 fu direttore della Scuola Tecnica pareggiata.

Nel 1872 iniziò a interessarsi dei materiali archeologici preistorici che venivano alla luce durante i lavori di estrazione della torba nel bacino inframorenico di Polada presso Lonato.
In pochi anni mise insieme la più importante collezione di materiali palafitticoli dell'età del Bronzo e nel 1875 sarà il principale prestatore all'esposizione di Archeologia Preistorica organizzata a Brescia dall'Ateneo di Scienze e Lettere.

Grazie a queste scoperte il Rambotti entrò in relazione con i maggiori studiosi dell'epoca, primo fra tutti Luigi Pigorini, con il quale rimase in costante contatto epistolare.

Dal 1878 fino alla morte, fu Preside del Ginnasio-Liceo Bagatta di Desenzano. Il Rambotti era socio dell'Ateneo di Scienze e Lettere di Brescia e per i meriti acquisiti in diversi campi ottenne la nomina a"Cavaliere" e "Ufficiale" del Regno.

Grazie alle importanti scoperte archeologiche effettuate a Polada nel 1882 - e certamente per interessamento di Luigi Pigorini - fu nominato"Regio Ispettore degli Scavi e Monumenti" per la zona di Desenzano. In questa sua veste inviò una breve relazione sulle circostanze della scoperta di una lapide romana nel corso di lavori edilizi al castello di Desenzano, riferendo anche sulla precedente scoperta di una tomba di età romana imperiale ai piedi del muro occidentale del castello.

Nella sua qualità di preside del Liceo Bagatta, il Rambotti conobbe personalmente Giosuè Carducci, venuto a Desenzano per quattro anni consecutivi (1882-1885) come Regio Commissario per gli esami di maturità. Carducci ne ha lasciato un breve ritratto in una lettera indirizzata da Desenzano a Severino Ferrari e datata 8 luglio 1882: "i professori sono tutti preti, e il preside è un notaio, un notaio lungo, di pelo bianco, vestito di nero".
Rambotti coltivava interessi per la storia, le scienze naturali e l'archeologia e amava collezionare antichità. Di questi suoi interessi sono testimonianza la collezione archeologica, formata nel corso degli anni, e un manoscritto inedito intitolato"Cenni sul lago di Garda e i suoi contorni", in cui, oltre a fornire innumerevoli notizie di carattere storico ed economico, si dedica una parte importante alle specie ittiche del lago, sistematicamente classificate, e alle tecniche della pesca.

Rambotti aveva raccolto qualche oggetto di bronzo proveniente dalla palafitta di Peschiera o scoperto occasionalmente in diverse località (una fibula Certosa presso Rivoltella, un'ascia ad alette mediane da Carpenedolo, una falce di bronzo dal Trentino), i materiali di una tomba forse di età gallica scoperta in una cava di ghiaia in località Taverna a Desenzano e quelli di tre tombe romane rinvenute a Pozzolengo- contrada Celadina, presso la Rocca di Manerba e in contrada Bionde a Sirmione. Della sua collezione facevano parte due statuette in bronzo di Minerva, una scoperta presso l'osteria di Lugana Vecchia, l'altra rinvenuta in località Menassasso di Desenzano; frammenti di mosaici e di intonaci dipinti dalla villa romana della punta di Sirmione; il frammento di un'iscrizione romana in bronzo ritrovata a Desenzano tra la propria casa e il lago.Rambotti recuperò, e conservava nella propria collezione, i frammenti di un mosaico romano venuto alla luce a Desenzano in via Borgo Regio, dove in seguito, a partire dal 1921, gli scavi porteranno alla luce un'importante villa della metà del IV secolo. Nel giardino della sua casa in Desenzano il Rambotti conservava anche un monumento romano con bassorilievo allusivo all'agricoltura, scoperto tra Monzambano e Castellaro Lagusello. Nella collezione Rambotti figuravano monete di bronzo e d'argento dell'Egitto di età ellenistica, una lucerna fittile da Pompei, e diversi materiali scoperti tra le rovine dell'antica Scolacium, presso la foce del Corace poco a sud di Catanzaro Marina, e alla foce del Simeri a nord di Marina di Catanzaro.

Nell'estate del 1868 i lavori di estrazione della torba nella valletta del Machetto, a sud di Desenzano, intaccarono i resti di una palafitta e portarono alla luce selci scheggiate, ossi animali e i resti di uno scheletro umano. Informato immediatamente dal suo amico Alberto Bazoli, il Rambotti si recò subito sul luogo, recuperando cinque strumenti di selce scheggiata, resti di legni e di ossi animali e soprattutto un cranio quasi completo e consistenti parti di uno scheletro umano. Le selci del Machetto sono attualmente conservate al museo Pigorini di Roma, dove pervennero insieme a tutta la collezione Rambotti.

Quando nel marzo 1872 iniziarono i lavori di estrazione della torba nel piccolo bacino inframorenico della Polada, tra Lonato e Desenzano, vennero alla luce i resti di una palafitta. I fratelli Bazoli, amici del Rambotti gli consentirono di eseguire scavi per proprio conto. Tuttavia, dopo la metà del 1873, ai Bazoli subentrò nello sfruttamento della torbiera la Società Anonima dei Combustibili di Milano, che impedì al Rambotti la prosecuzione delle sue ricerche. Il Rambotti formò così una grande collezione di oggetti preistorici provenienti dalla palafitta di Polada, che fu esposta per la prima volta al pubblico in occasione dell'Esposizione di Archeologia preistorica e Belle Arti della Provincia di Brescia, inaugurata il 19 agosto 1875.

L'esposizione di Brescia procurò al Rambotti una larghissima fama nel campo degli studi di archeologia preistorica ed egli poté intrattenere cordiali rapporti con i maggiori studiosi italiani, in particolare con Luigi Pigorini, al quale, in occasione di una sua visita a Desenzano nel 1878, regalò per il museo Preistorico di Roma alcuni degli oggetti di bronzo della palafitta di Peschiera da lui posseduti.

Nel corso del 1876 il Rambotti recuperò dalla torbiera Fornaci, immediatamente a sud di quella di Polada, il cranio di un uro (Bos primigenius), di eccezionale interesse poiché recava una cuspide di freccia in selce infissa nell'osso frontale vicino all'occhio destro. Nel 1878 insieme a Luigi Pigorini e Stefano de Stefani il Rambotti effettuò un sopralluogo alla palafitta della Cattaragna, tra Castel Venzago e Solferino.

Nel 1880 fu invitato insieme a G. Chierici, G. Bandieri e L. Ruzzenenti agli scavi delle terramare di Bellanda e di Villa Cappella nel Mantovano.

Nel 1886 accolse nella sua casa di Desenzano Robert Munro, di Edinburgo, segretario della Società degli Antiquari della Scozia, a cui illustrò i materiali di Polada, che erano raccolti in due stanze al piano terra della sua abitazione, e lo accompagnò in un sopralluogo al sito stesso di Polada, esponendogli le conclusioni a cui era pervenuto intorno all'estensione e alle caratteristiche della palafitta.

Il Rambotti fu certamente in contatto anche con Pompeo Castelfranco, illustre paletnologo di Milano, amico del Pigorini e collaboratore del "Bullettino di Paletnologia Italiana". Tra le carte del Castelfranco già conservate alla biblioteca d'arte al Castello Sforzesco ed ora presso le civiche raccolte archeologiche di Milano vi sono due tavole con il disegno a grandezza naturale di alcune asce e di due cuspidi di lancia in bronzo della raccolta Rambotti.

Anche se era stata progettata una pubblicazione su Polada, il Rambotti non lasciò alcuno scritto edito sulle scoperte da lui effettuate.

G. Rambotti morì a Desenzano del Garda il 22 dicembre 1896, all'età di 79 anni.


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