lunedì 13 aprile 2015

L' ALPE SAN MICHELE

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L'alpe San Michele, nonostante superi di poco gli ottocento metri d'altitudine, è senza dubbio uno tra i più punti panoramici più belli del Lago Maggiore, in un area geografica nevralgica, dove Valcuvia e Valtravaglia si fondono.

La località San Michele, negli anni passati, era stazione d'alpeggio e faceva parte del territorio comunale di Musadino con Ligurno, dove malghe, pascoli e prati magri si alternavano a fitti boschi di castagno.

Oggi, questo incantevole lembo di terra è parte del comune di Porto Valtravaglia, ed è un ideale punto di partenza per passeggiate che abbracciano il monte Colonna o per escursioni di trekking.

Vari sono gli itinerari percorribili, da Muceno o da Arcumeggia, lungo la Via Verde Varesina, oppure seguendo uno spettacolare itinerario circolare che permette di raggiungere il Monte Colonna, con un cammino di circa quattro ore, in una cornice paessagistica che offre ampie vedute panoramiche sul Lago Maggiore.

Tra boschi di faggio, si superano i 1200 metri d'altitudine, con una veduta a dir poco mozzafiato, che spazia dal terreno pianeggiante del Varesotto e dell'altomilanese, alle vallate dell'alto Verbano, tra piccoli borghi prealpini che si mescolano a boschi e lago.

In una convalle verdeggiante della catena che collega i monti Sasso di Ferro e Cuvignone con Pian Nave, Colonna e San Martino, sul discrimine tra Valcuvia e Valtravaglia, sono tuttora riconoscibili un piccolo nucleo alpestre, una doppia filagna di edifici rustici e, poco più in alto alla quota di 820 m slm, la millenaria chiesetta di San Michele. Alcuni ruderi sul versante a lago denotano un originario maggior sviluppo dell'insediamento. Nonostante che siano proliferate intorno residenze turistiche non sempre intonate all'ambiente, l'antichità dei luoghi offre tuttora motivi di grande suggestione.

San Michele, nel territorio dell'antico comune di Musadino con Ligurno, oggi riunito a Porto Valtravaglia, era in passato stazione d'alpeggio. Due sono i tipici luoghi di montagna, pertinenti agli abitati di mezza costa, che ospitavano bestiame e pastori durante la buona stagione. I «monti» – a quota intermedia – sovvenivano al pascolo nei mesi primaverili e autunnali. D'estate greggi e armenti venivano portati «in alp» (maschile nel nostro idioma), oltre i 1000 m slm. Nel caso della Valtravaglia centrale, mancando rilievi di grande altezza, la stazione era unica. In origine la proprietà di prati e boschi era comune, magari goduta per «sorti», cioè con l'estrazione a sorte di porzioni temporaneamente assegnate in godimento esclusivo. Era questa caratteristica specifica degli «alpi», mentre per solito i «monti» erano divisi. Per il S. Michele possediamo l'atto del 1845 con cui furono divisi fra i 98 capifamiglia, a titolo di «livello perpetuo duraturo in infinito», i boschi e i ceppi nudi detti «Betole di Sant Michele», «Valone del Fo», «Fontana», «Tagliata del Sasso Bianco», per una estensione di quasi 71 ettari.  Vi furono poi trasferimenti di diritti e ultimamente ultimamente solo cinque famiglie godevano l'alpe. La forma dei lotti, la numerazione dei termini, l'impegno al taglio unitario dei boschi, divisi in sette compendi per cicli settennali di taglio e comprendenti una quota di ciascun proprietario, denotavano pur sempre la comunanza originaria.

La chiesa protoromanica ha una bella abside ed affreschi del XI - XVI secolo.
Rischiò di andare distrutta nel '600, quando prese fuoco il carbone ammassatovi da due carbonai.
Ancora nel '700 serviva agli "alpari" che preferivano non allontanarsi dalle greggi, insidiate da lupi e pericoli di ogni genere.
Sorge in un mirabile scenario di prati, boschi, monti ed offre un panorama incantevole.
L'elemento architettonico più interessante è l'abside semicircolare, in cui a tratti compare una caratteristica disposizione a "spina di pesce" della muratura, realizzata in grossi ciottoli regolari e ben curata.
Nell'estate del 2001 sono stati riportati alla luce importanti affreschi attribuibili al XI-XIV sec. il cui restauro è terminato nel 2005 grazie ad un contributo della Provincia e della Comunità Montana.
Un grande affresco è stato portato interamente alla luce: la Madonna in trono con San Antonio Abate e San Bernardo, datato 1517. Al piedi delle tre figure è apparsa la firma del pittore Gugliemo da Montegrino e la dedica dell'offerente, tale "... de Ligurno". Nell'inverno del 2000 è stata consolidata la struttura edilizia e rifatto il tetto in beola con un contributo della Regione Lombardia e secondo le disposizioni della Soprintendenza di Milano.
Un secondo grande affresco, più antico, rappresenta s. Michele arcangelo, altri due angeli ed un offerente, indicato come "Dominus cusstos". Nella parte sottostante è raffigurato un velario con una fiera mitica alata.
Il ciclo di affreschi comprende inoltre una teoria di apostoli nell'abside (ben recuperato S. Giacomo), un arcangelo sulla controfacciata con S. Ambrogio; Dio Padre con Abramo ed Isacco sulla parete sud. L'intero interno è fasciato da un velario molto caratteristico.



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