Con casa del Fascio, casa Littoria o casa del Littorio, si intendono gli edifici che erano sedi locali, dislocate nei comuni d'Italia, del Partito Nazionale Fascista. Nei centri urbani importanti presero la denominazione di palazzo del Littorio o palazzo Littorio.
Dopo l'avvento al potere del fascismo vennero costruiti, come sedi del PNF, edifici ad hoc, una stima calcola che ne venissero realizzati circa 5.000, moltissimi creati ex novo da architetti del movimento razionalista tra i quali Adalberto Libera, Saverio Muratori, Ludovico Quaroni, Giuseppe Samonà e Giuseppe Terragni. Non mancarono edifici realizzati da architetti della tendenza storicista e altri da architetti "novecentisti".
Le case del Fascio istituite furono in tutto circa 11.000. Non tutte furono ospitate in edifici costruiti ad hoc, anzi, la maggioranza, soprattutto nei centri minori, fu istituita semplicemente affittando, acquistando o acquisendo in uso edifici esistenti, non di rado senza neanche condurre significative ristrutturazioni funzionali ed estetiche, pur previste in diversi casi.
La casa del Fascio divenne un elemento irrinunciabile nelle successive città di fondazione e in molti dei nuovi borghi rurali, assieme alla chiesa e al municipio, in quelli destinati a essere eletti a comune. Oltre che in Italia, tali edifici vennero costruiti anche nelle colonie, dall'Africa al Dodecaneso.
Durante il periodo della Repubblica Sociale Italiana alcune diventarono sedi del Partito Fascista Repubblicano (1943-1945), erede del Partito Nazionale Fascista.
Nel secondo dopoguerra, tali immobili furono devoluti allo Stato per effetto delle disposizioni contenute nell'articolo 38 del DLL 27 luglio 1944, n. 159, recante "Sanzioni contro il fascismo".
L' ultima scrivania del Duce, restaurata con discrezione, è stata piazzata in una suite: e ogni mattina una coppia di americani lietamente ignari vi appoggia sopra il vassoio delle brioches. L' ultimo letto, il letto a baldacchino dove Mussolini si rigirò insonne nelle sue ultime notti, prima di tentare la fuga col pastrano da sergente della Wermacht, ha rischiato invece di finire rottamato: troppo angusto e scomodo per i gusti del turista di oggi, e così lo stanno rappezzando nell' attesa che un museo lo accolga. Ma la fine più ingloriosa è toccata alla camera da letto di donna Rachele, la stanza ottagonale pavimentata di legno scuro affacciata sulla vista mozzafiato del Garda dove la "first lady" del regime si rodeva dalla gelosia per quella scialba arrivista della Petacci: ci hanno fatto un cesso. Un cesso fantastico, il cesso più elegante mai costruito sulla faccia della terra, ma pur sempre un cesso. Un cesso degno della suite da 925 euro per notte (prima colazione compresa) al primo piano di Villa Feltrinelli di Gargnano, sul lago di Garda, ultima dimora ufficiale del fondatore dell' Impero, il cavalier Benito Mussolini. Ci sono voluti il talento visionario (e i camion di dollari) di Bob Burns, quello dei Regents Hotel e del "Four Seasons" di Milano, per strappare Villa Feltrinelli ad un abbandono e a un degrado durato trent' anni. Per riportare a galla gli stucchi, i soffitti a cassettoni, le mirabolanti maniglie d' epoca. Per fare, insomma, del grande palazzo neogotico affacciato sulle sponde del lago un albergo a 5 stelle, un ricovero per straricchi aperto da appena un mese e da subito "tutto esaurito". Americani, tedeschi, giapponesi, che contemplano, sorseggiando daiquiri, gli stessi crepuscoli che accompagnarono il crepuscolo del Duce. Mussolini era arrivato qui il 10 ottobre 1943, ostaggio dei nazisti che lo avevano liberato dal Gran Sasso: per la sede del nuovo governo era stata scelta con grande prudenza Salò, a meno di 20 chilometri dalla frontiera del Reich piazzata a Limone del Garda. Per la sua residenza privata, il Duce - dopo brevi sopralluoghi - s' era impadronito della casa dei Feltrinelli, famiglia milanese arricchitasi a dismisura con il commercio dei legnami (e ancora oggi l' orgoglio dei Feltrinelli trasuda nel legno che arreda ovunque la villa, mentre i marmi - in segno quasi di scherno - sono tutti finti). Mussolini prese stanza al primo piano, vista lago; accanto, separata da un ampio salotto, la stanza della moglie Rachele. Nel giro di poche settimane, quasi tutte le ville vacanziere dei borghesi milanesi che sorgevano sulle sponde del Garda occidentale furono requisite dal nuovo governo. Divennero ministeri, case private di gerarchi, caserme di reparti che oggi evocano ricordi terribili: la Muti, la X Mas, e ovviamente le Ss. A Gardone, una palazzina dipinta di rosa e immersa nel verde ospitava Claretta Petacci. Durò un anno e mezzo, e furono mesi di sangue di orrori. I nuovi inquilini delle grandi ville su lago fecero tutti, o quasi tutti, una brutta fine. Anche per questo, forse, a guerra finita ben pochi dei cumenda milanesi che quelle case avevano costruito vollero rientrarvi. E, complice il boom del turismo, s' avviò, passo dopo passo, la trasformazione di quei luoghi di intrighi e di morte in alberghi, bar, e ristoranti. Che infine la stessa sorte dovesse toccare anche alla casa più carica di storia, la casa del Duce, era forse inevitabile. Oggi la villetta della Petacci è un albergo di lusso, e la stanza dove dormiva l' amante del Duce si chiama, romanticamente "suite Claretta". Il ministero degli Esteri, a Salò, è il delizioso "Hotel Laurin", e la casa del Fascio che ospitava i pretoriani di Mussolini si chiama "Bar Italia". A Villa Portesina un villaggio turistico occupa quella che era la casa di Serafino Mazzolini, sottosegretario agli Esteri. A Gargnano, è divenuto un leggiadro hotel, "Villa Giulia", il quartier generale delle Ss. A Gardone la Villa Acquarone oggi si chiama "Hotel Monte Baldo", ma durante la guerra era l' Ortskommandatur nazista, e per anni si favoleggiò che ospitasse nei sotterranei i lingotti dei tedeschi. Ma se passate per Gardone, fermatevi tra la splendida "Villa Alba" e la Torre San Marco. La prima oggi è un centro congressi, ma tra il '43 e il '45 ospitava il cuore delle trasmissioni cifrate della Wermacht; nella torre lì davanti si svolgevano gli incontri tra il Duce e la Petacci. Quegli incontri dovevano restare segreti. «Ma l' unica cosa che mi ricordo di quegli anni fu la scenata clamorosa che donna Rachele, quando seppe dei rendezvous del marito, venne a fare fin qui, e che si riseppe immediatamente in tutto il paese»: come racconta Caterina Piva, padrona di quello che oggi è l' "Hotel Golfo" di Tuscolano Maderno, ma che in quei foschi anni ospitava il comando delle Brigate nere e il loro spietato capo Alessandro Pavolini.
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