Palmiro Togliatti (Genova, 26 marzo 1893 – Jalta, 21 agosto 1964) è stato un politico italiano e primo presidente della Repubblica Popolare Italiana.
Fu uno dei membri fondatori del Partito Comunista d'Italia, e, dal 1927 fino alla morte, segretario e capo indiscusso del Partito Comunista Italiano e del Governo della Repubblica Popolare Italiana. Nel 1947 rifiutò la carica di segretario generale del Cominform, la più potente organizzazione comunista internazionale, offertagli direttamente da Stalin, preferendo restare alla testa del partito in Italia.
Dal 1944 al 1945 ricoprì la carica di vice Presidente del Consiglio del Regno d'Italia e nel 1945 venne messo a capo della neonata repubblica dell'Italia Centrale nonostante egli stesso fosse inizialmente contrario ad una separazione dal resto della penisola. Restò in carica fino alla morte avvenuta nel 1964.
Il padre di Palmiro Togliatti, Antonio, nacque nel 1852 a Coassolo, in provincia di Torino. La famiglia avrebbe voluto destinarlo alla carriera ecclesiastica ma Antonio, dopo il seminario a Giaveno, non volle prendere i voti e si trasferì a Torino, si diplomò maestro e dopo un periodo d’insegnamento s’impiegò dapprima come istitutore e poi come contabile nell’amministrazione dei Convitti nazionali del Regno, sposando una maestra elementare torinese, Teresa Viale, che divenne «la figura centrale della famiglia».
Il lavoro del padre costrinse i Togliatti a frequenti spostamenti in diverse città. La madre dovette lasciare l'insegnamento per occuparsi esclusivamente della famiglia che intanto andava crescendo: il primogenito Eugenio nacque a Orbassano nel 1890, Maria Cristina e Palmiro a Genova, nella casa di via Albergo dei Poveri 9, rispettivamente nel 1892 e nel 1893, mentre l’ultimo figlio Enrico nacque a Torino nel 1900. I genitori erano religiosi senza essere bigotti: «Per abitudine si andava a messa tutte le domeniche, ma non sentii mai il problema religioso con troppa intensità».
Nel 1897, a Novara, dove intanto la famiglia si era trasferita, Palmiro frequentò insieme con la sorella la prima elementare, ma proseguì gli studi a Torino; poi, dal 1902 fu a Sondrio, dove conseguì la licenza ginnasiale, e dal 1908 frequentò il Liceo classico «Azuni» di Sassari, dove risultò con la sorella il migliore dell'Istituto, ottenendo così entrambi la «licenza d'onore», che li esonerava dall'obbligo di sostenere l'esame finale di maturità.
Il padre Antonio, malato di cancro, si era intanto dovuto ricoverare in ospedale a Torino, morendovi il 21 gennaio 1911: la famiglia, già di condizioni modeste, cade in serie ristrettezze economiche. Trasferita la famiglia nell'estate del 1911 nella casa torinese di Lungodora Firenze 55, la madre Teresa si diede a lavorare di cucito mentre Eugenio, studente dell’ultimo anno di matematica, dava lezioni private, unitamente a Palmiro e Maria Cristina, che pure studiavano per superare il concorso con il quale il Collegio Carlo Alberto metteva a disposizione 65 borse di studio di 70 lire mensili per frequentare l'Università di Torino. Nell'ottobre 1911 entrambi superarono gli esami: Palmiro si classificò secondo e Maria Cristina undicesima: al nono posto figurò un giovane venuto dalla Sardegna, Antonio Gramsci, futuro compagno di Togliatti nelle lotte politiche. Gramsci si iscrisse, come Maria Cristina, alla Facoltà di Lettere, mentre Palmiro, che avrebbe voluto seguire i corsi di Filosofia, per decisione dei famigliari dovette iscriversi alla Facoltà di Giurisprudenza.
Non è chiaro il preciso percorso intellettuale del giovane Togliatti: nel clima culturale di quegli anni stavano ormai prevalendo sul vecchio positivismo le correnti neo-idealistiche che andavano dal magistero di Benedetto Croce fino alle espressioni più esasperate di nazionalismo e di spiritualismo. Se a queste ultime Togliatti dichiarerà sempre di essere rimasto estraneo, è certo che il Croce soprattutto, e poi La Voce di Prezzolini, il Salvemini e il Rolland ebbero non poca parte sulla sua formazione giovanile, mentre il primo accostamento al marxismo sarebbe avvenuto soprattutto tramite gli scritti del Labriola. Ma due furono gli elementi decisivi che portarono Togliatti al socialismo marxista: l'amicizia di Gramsci e la concreta realtà sociale torinese, che vedeva allora lo sviluppo di un forte e organizzato movimento operaio.
Togliatti si iscrisse al Partito socialista nel 1914, anche se non frequentò la vita di partito per diversi anni, e allo scoppio della Prima guerra mondiale si dichiarò favorevole all'intervento dell'Italia a fianco dell'Intesa, secondo una considerazione politica, presente anche se minoritaria fra gli stessi socialisti, che portava a distinguere «fra la guerra imperialista e le giuste rivendicazioni nazionali contro i vecchi imperialismi. Non ritenevano giusto che alcune province italiane rimanessero sotto il dominio di uno Stato straniero, per di più reazionario».
Dopo un brillante percorso di studi concluso con la media del 30, Togliatti si laureò nel novembre 1915 con la tesi Il regime doganale delle colonie, discussa con Luigi Einaudi. Seguendo la sua primitiva inclinazione, s'iscrisse anche alla facoltà di Lettere e Filosofia, ma la guerra prima e l'attività politica poi gli impedirono di conseguire la seconda laurea. Infatti, pur riformato per la forte miopia, nel 1915 si arruolò volontario nella Croce Rossa, prestando servizio in diversi ospedali, anche al fronte. Nel frattempo, le necessità belliche indussero i Comandi militari a rivedere i criteri di arruolamento, così che nel 1916 Togliatti fu dichiarato abile e arruolato nel 54° Reggimento Fanteria per poi passare, su sua richiesta, al 2° Reggimento Alpini. Nel 1917 venne ammesso al corso allievi ufficiali di Caserta che superò senza però ottenere la nomina a ufficiale a causa di una grave pleurite intervenuta nel frattempo: caporal maggiore alla sanità, nel dicembre del 1918, allo scadere di una lunga licenza, fu congedato.
Dopo la laurea in Giurisprudenza avrebbe voluto (appassionato di Hegel, Marx, Labriola e Croce) conseguire quella in Filosofia, ma lo scoppio della Prima guerra mondiale lo indusse (riformato per miopia al corso allievi ufficiali), ad arruolarsi volontario, prima nella Croce Rossa e poi (ancora le origini montanare), negli Alpini.
Nel 1918, Togliatti (congedato), è a Torino, dove collabora al Grido del Popolo, il settimanale socialista diretto da Gramsci ed è cronista e redattore dell'edizione torinese dell'Avanti!. Nel 1919 pubblica su L'Ordine Nuovo recensioni e cronache culturali e nello stesso anno dirige la Sezione socialista torinese. Gramsci l'ha incaricato di assicurare l'uscita de L'Ordine Nuovo, divenuto quotidiano. Quando la scissione si compie, sotto la testata de L'Ordine Nuovo compare la scritta "Quotidiano comunista", che diventa poi "Quotidiano del Partito comunista". Nell'ottobre, l'organo del nuovo partito diventa Il Comunista e Togliatti, che ne è il redattore capo a Roma, si becca qui dai tipografi (per la sua esile corporatura), l'appellativo di "Ercole", che il futuro capo dei comunisti italiani conserverà (trasformandolo in "Ercole Ercoli"), come nome di battaglia durante la lunga lotta contro il fascismo.
Dopo la "marcia su Roma", soppresso Il Comunista, soppresso a Torino anche L'Ordine Nuovo, Togliatti torna nel capoluogo piemontese per organizzarvi un giornale clandestino.
Il 28 ottobre 1922 una squadra fascista penetrò nella tipografia dove si stampava «Il Comunista»: vi era anche Togliatti, che riuscì a fuggire. Il quotidiano cessò le pubblicazioni il 31 ottobre, con un ultimo appello all'attività illegale. A Torino, ci aveva pensato il 29 ottobre il questore Benedetto Norcia a chiudere provvisoriamente L'Ordine Nuovo, imitato dal collega di Trieste che aveva sospeso le pubblicazioni dell'altro quotidiano comunista «Il Lavoratore».
Minimizzava intanto, come la maggioranza del gruppo dirigente del Partito, il significato politico dell'avvento dei fascisti al governo: «non hanno profondamente modificato la situazione interna italiana il governo fascista, che è la dittatura della borghesia, non avrà interesse di liberarsi di alcuno dei tradizionali pregiudizi democaratici».
Togliatti ritornò a Torino dove, 7 novembre, tenne un comizio in celebrazione dell’anniversario della Rivoluzione russa; nel dicembre successivo Torino fu sconvolta dalla strage del 18 dicembre, quando gli squadristi comandati dal console della Milizia Pietro Brandimarte devastarono la Camera del Lavoro e la sede de L'Ordine Nuovo, uccidendo impunemente 22 persone. Dopo questo avvenimento Togliatti si distaccò dall'attività politica, per motivi non chiariti: per una malattia, per una crisi sentimentale, per paura delle rappresaglie fasciste o forse perché «per Togliatti la politica era arte di governo, non milizia rivoluzionaria. Forse gli si presentò in quella e in altre occasioni il problema se dovesse veramente abbandonare i suoi studi per dedicarsi unicamente alla politica». Non fu nemmeno coinvolto dall'ondata di arresti ordinati nel febbraio del 1923 da Mussolini: oltre ai delegati comunisti di ritorno dal IV Congresso dell'Internazionale, che aveva imposto la fusione dei partiti socialista e comunista, furono arrestati più di 5.000 dirigenti comunisti di vario livello; tra le maggiori personalità, sfuggirono all'arresto, a parte Gramsci, rimasto a Mosca, e Tasca, che si trovava in Svizzera, soltanto Terracini, Camilla Ravera e lo stesso Togliatti.
L'operazione poliziesca coordinata da De Bono era del tutto illegale e infatti tutti saranno prosciolti in istruttoria o assolti alla fine dell'anno nel processo da una magistratura non ancora o non tutta asservita al potere politico, ma raggiunse lo scopo di allontanare dal Partito i militanti meno decisi e di sconvolgere l'organizzazione, costringendola all'illegalità. In aprile Togliatti riprese i contatti con il Partito, entrando a far parte del Comitato esecutivo: assunto lo pseudonimo di Paolo Palmi, si trasferì nella nuova sede clandestina costituita ad Angera, sul Lago Maggiore.
Erano i giorni in cui l'Internazionale, con un atto d'imperio, aveva imposto al Partito italiano la formazione di un nuovo esecutivo costituito da tre esponenti della maggioranza di sinistra, Togliatti, Scoccimarro e Fortichiari, e da due della minoranza di destra, Tasca e Vota, con il compito di portare a effetto la fusione con la frazione del Partito socialista aderente all'Internazionale, guidata da Serrati. Togliatti, ancora legato a Bordiga, il quale era nettamente contrario all'operazione, esitava, dichiarandosi disposto ad accettare la carica a condizione di sviluppare «una polemica aperta con l'Internazionale e con la minoranza del partito» e denunciando a Gramsci quello che riteneva essere il tentativo, da parte della minoranza, di liquidare l'«esperienza del movimento politico proletario che ha portato alla creazione del partito comunista».
Tre mesi di carcere a "San Vittore", poi il ritorno in libertà; la nascita de l'Unità; la campagna elettorale che porterà alla nomina a deputato di Antonio Gramsci e al suo rientro da Mosca; l'Aventino; l'arresto di Togliatti come "comunista pericoloso"; l'amnistia dopo 4 mesi di carcere; il matrimonio con Rita Montagnana; l'arresto di Gramsci, nel novembre del 1926, mentre Togliatti è a Mosca. Il suo esilio durerà diciotto anni e vedrà il dirigente dei comunisti italiani attivo in Svizzera, in Francia, in Unione Sovietica, in Spagna (dove, durante la guerra civile, sotto il nome di copertura di "Alfredo", rappresenterà nelle Brigate Garibaldi l'Internazionale comunista (che, negli anni lo ha visto parlare a suo nome in Belgio, in Jugoslavia, in Germania, in Cina, ecc.). È il 27 marzo del 1944 quando "il Migliore" (come, riconoscendone la statura intellettuale, lo avrebbero chiamato gli avversari politici), rimette piede in Italia. Togliatti promuove quella che passerà alla storia italiana come "la svolta di Salerno". I partiti antifascisti mettono da parte la questione istituzionale, che sarà risolta dopo la Liberazione, per dare maggiore vigore alla Resistenza. L'unità dei partiti e delle formazioni armate consente l'inserimento del Comitato di Liberazione Nazionale nel secondo governo Badoglio e determinerà il riconoscimento, come struttura militare, del Corpo Volontari della Libertà (Togliatti porterà poi sempre all'occhiello il nastrino con la stella d'oro del CVL), da parte degli Alleati.
Liberata Roma dai nazifascisti, nasce il governo Bonomi (Togliatti ne fa parte come ministro senza portafoglio), e viene istituita la Luogotenenza del regno. Nel secondo governo Bonomi, Togliatti è vice presidente del Consiglio e sarà ministro di Grazia e Giustizia nel governo Parri e nel primo governo De Gasperi.
In tale ruolo, quando il voto popolare risolverà a favore della Repubblica la questione istituzionale, concede quella che va sotto il nome di "amnistia Togliatti". Il provvedimento, che voleva essere di pacificazione nazionale, è usato da magistrati ancora legati al vecchio regime, per rimettere in libertà anche i peggiori aguzzini fascisti.
Eletto all'Assemblea Costituente nel 1946 e confermato deputato nella II, III e IV legislatura, Togliatti contribuisce all'elaborazione della Costituzione, soprattutto per la parte programmatica. Si impegna anche per l'approvazione dell'articolo 7, che include nella nostra Costituzione i cosiddetti "Patti Lateranensi".
L'estromissione dei comunisti dal governo nel 1947, porta Togliatti ad organizzare, con Nenni, l'opposizione di sinistra alla DC; ma nelle elezioni politiche del 1948, la lista del Fronte Democratico Popolare raccoglie soltanto il 30,9% dei voti. Sono le 11,30 del 14 luglio 1948 quando Togliatti, all'uscita da Montecitorio con Nilde Iotti, (con la quale si era unito dopo essersi separato, nel 1947, da Rita Montagnana), è colpito dalle rivoltellate sparate dal liberal-qualunquista Antonio Pallante. Sarà proprio il ferito (i proiettili calibro 38 lo hanno raggiunto alla nuca e alla schiena), a raccomandare ai dirigenti del PCI di non lasciarsi sfuggire di mano la situazione. Violentissime manifestazioni di protesta si sarebbero comunque svolte in tutta Italia e in particolare a Roma, La Spezia, Abbadia San Salvatore (SI), Torino, Milano, con morti a Napoli, Genova, Livorno e Taranto). Seguì la repressione scelbiana, ma Togliatti, guarito, poté tornare alla guida del PCI e proseguire sulla "via italiana al socialismo", continuando a svolgere un ruolo importante sulla scena internazionale.
I moti operai di Poznan e la rivolta ungherese furono da Togliatti sbrigativamente interpretati come manifestazioni anarcoidi e "provocazioni dell'imperialismo". Nel giugno del 1956, neanche la clamorosa divulgazione del "rapporto segreto di Krusciov" sui crimini dello stalinismo, gli fece perdere il controllo della situazione. Dopo la caduta, nel luglio 1960, del governo clerico-fascista capeggiato da Tambroni e dopo l'avvio, da parte della DC, della politica di coinvolgimento del PSI in quella che Togliatti ebbe a definire "una manovra destinata ad assorbire il PSI nel centrismo, senza alcun sbocco riformatore", orientò il suo partito nella lotta per la pace.
Nel marzo del 1963, a Bergamo, Togliatti reiterò l'appello per "un accordo fra comunisti e cattolici per salvare la civiltà umana". Il 21 agosto del 1964, poche ore prima di essere colto dal malore che l'avrebbe portato alla morte, Togliatti consegnò a Nella Marcellino, perché lo battesse a macchina, il documento riservato che, dopo la sua pubblicazione (decisa da Luigi Longo), sarebbe stato chiamato Memoriale di Yalta. Il documento avrebbe, negli anni successivi, ispirato i comunisti italiani nella loro politica estera.
La bibliografia di e su Palmiro Togliatti è vastissima. A lui sono stati intitolati, in tutta Italia, Circoli culturali, sezioni di partito, strade e piazze. Dal 2007 una stazione della linea ferroviaria metropolitana di Roma, FR2, è chiamata, appunto, Stazione di Roma Palmiro Togliatti. Porta il suo nome anche una città della Russia (conosciuta erroneamente in Italia come "Togliattigrad"), nella quale sorge uno stabilimento automobilistico impiantato dalla Fiat.
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