sabato 18 aprile 2015

PERSONE DI ANGERA : TERESA CICERI CASTIGLIONI

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Teresa Ciceri Castiglioni (Angera, 15 ottobre 1750 – Como, 29 marzo 1821) è stata un'inventore italiana.
Nel 1770 sposa il nobile comasco Cesare Ciceri, oltre ad interessarsi della numerosa prole, ebbe 12 figli, si specializzò nelle scienze agrarie, discipline a cui apportò diversi contributi; si interessò di arti e utili applicazioni nell'industria. Promosse l'arte di " pettinare, filare, torcere e tessere a maglia la scorza di lupini" come scrisse Maurizio Monti nella sua Storia di Como, Teresa da questa leguminosa riuscì a ricavarne un tessuto, alcuni frammenti da lei stessa prodotti si conservano ancora nel Museo di Como. Per questa sua scoperta e per aver introdotto nel comasco la coltivazione della patata, la Società Patriottica di Milano il 1 febbraio del 1780 la nomina " Sozia Corrispondente Nazionale per le cognizioni e lo zelo rispettivamente agli oggetti dell'agricoltura e delle arti": A farla nominare membro di questa Società fu Alessandro Volta che in una lettera al cavalier Landriani scrive: "...l'abate Carlo Amoretti porterà alla Società Patriottica la tela e le altre mostre di filaccia di lupini, che presenta alla medesima Società colla descrizione delle relative operazioni, la signora donna Teresa Ciceri, dama comasca, mia singolar padrona e amica..." (da Flavia Scotti nata Castiglioni). È grazie alla sua amicizia che Alessandro Volta, ospite nella sua casa di Angera, il 4 novembre 1776 all'Isolino Partegora raccolse in alcune bottiglie di gas che si sprigionava dalla palude che chiamò inizialmente aria infiammabile per poi in seguito venire classificato come metano. A lei è intitolato il Liceo "Teresa Ciceri" di Como, tra le più prestigiose scuole del comasco.

Nel 1799 Teresa resta vedova a quarantanove anni:  tutti i suoi sforzi sono dedicati ad accasare le figlie, a recuperare prestiti e a chiudere i debiti accesi dal marito.
Il testamento che Donna Teresa aveva affidato al genero Giuseppe Malachisio, marito della figlia Giulia. Gli eredi designati ed esecutori testamentari sono i figlio Luigi e Giacomo che vivono con la madre nel palazzo patrizio in contrada Maddalena (attuale via Diaz): entrambi hanno intrapreso la carriera ecclesiastica, giungendo fino al canonicato della Cattedrale. Al primo posto nelle ultime volontà, secondo la consuetudine, l’obbligo di suffragare l’anima della defunta con cento messe. Poi le disposizioni sui beni. La figlia Anna, finché resterà nubile potrà godere dell’usufrutto di 1.500 lire: se però farà un buon matrimonio, il lascito andrà agli eredi. Alle figlie lascia “una possata intera d’argento bolata T.C. perché fatta con il valore della  medaglia d’oro regalata dalla Società patriotica di Milano”.
Altre disposizioni riguardano degli orecchini di diamanti, dei fili di perle avuti dalla suocera e convertiti in un anello del valore di 100 zecchini, biancheria e vesti lasciate alla figlia Anna “col patto però che dia qualche cosa alla persona che mi assisterà in mia malattia”. Questa prima parte del testamento si chiude con un forte invito alla concordia familiare: “infine vi lascio per ultima volontà e gran desiderio di amarvi tutti in famiglia, scordandovi di tutto il passato, che così tanto ho sempre desiderato. Vi Benedico e ratifico con la mia sottoscrizione quanto scrissi di sopra. Vostra vera madre”.
Nel retro del foglio un’aggiunta in data 22 ottobre: poiché la figlia Anna si è bene accasata e non ha più necessità, Teresa destina 300 lire “alla povera famiglia di Palermo”.



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