giovedì 9 aprile 2015

PIETRO BELLOTTO

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Bellotto Pietro nacque a Volciano, sulla riva bresciana del lago di Garda, nel 1627, morì a Gargnano del Garda nel 1700 fu un pittore italiano, attivo durante il periodo Barocco.

Studiò a Venezia nella fiorente scuola del padovano Girolamo Forabosco, che seguì specialmente come ritrattista e come figurista. Dipinse soprattutto vecchi e vecchie, con accuratezza, ma con minore pastosità del maestro e con predilezioni per le tinte ceree e notturne, in cui precedette Bernardo Bellotto, che si deve ritenere suo nipote, al pari di un altro Pietro Bellotto vedutista, forse di lui fratello, che si era trapiantato a Nantes intorno al 1768, detti entrambi Canaletto per via della madre, sorella del celebre Antonio. Il suo fare si vede specialmente nell'Uomo che legge della Pinacoteca di Brera, assegnatogli per antica attribuzione, e nella Vecchia che fila, la cosiddetta Lachesi di Stoccarda (firmata e datata 1654), a cui corrispondeva una mezza figura di vecchio, conservataci in copia nel museo di Feltre. Agli Uffizî se ne ha l'autoritratto, del pari firmato e datato 1651. Ed è sua in Palazzo Ducale, nella sala dello scrutinio, la Storia di Margaritino.

La sua prima produzione di ritratti e di figure fantasiose venne accolta favorevolmente e gli garantì una certa notorietà anche al di fuori del capoluogo veneto.

Tra i suoi protettori figurarono importanti personaggi dell'epoca, come ad esempio il cardinale Mazzarino, il papa AlessandroVIII, la principessa Adelaide di Savoia.

Dopo un soggiorno all'estero, a Monaco di Baviera, ottenne l'incarico di soprintendente alle Gallerie di Città da parte del duca di Mantova Ferdinando Gonzaga.

Tra le sue opere più emblematiche si annoverarono la Presa e distruzione del castello turco Margariti in Albania, su ambientazione storica ed eseguito seguendo l'influenza del maestro Forabosco, pur senza eguagliarne la qualità per le tinte, per i particolari e per l'impostazione compositiva.

Le doti del Bellotto si espressero al meglio nelle raffigurazioni fantasiose, che valorizzarono i chiaroscuri, le analisi dei dettagli e soprattutto la novità di un realismo quasi caricaturale, come evidenziarono Autoritratto (1658) e Luchesi (1654). Nella chiesa di San Domenico, a Capodistria, con il pittore Stefano Celesti, realizzò i Misteri del Rosario.

Nella sua ricerca di una realizzazione artistica veristica, Bellotto venne influenzato dalla pittura popolaresca del Keil, anche se nell'ultimo periodo tenderà verso un humour talvolta grottesco e brutale.

Sebbene il nome di Pietro sia da tempo conosciuto agli studiosi, le sue opere non sono mai state oggetto di un'analisi che ponesse in risalto le peculiari caratteristiche stilistiche, mettendole a confronto con quelle dei dipinti degli altri componenti il clan dei Canal: Bernardo Canal, Antonio Canal, Bernardo Bellotto.
A Tolosa dove il 25 marzo 1749 si unì in matrimonio con Françoise Lacombe, dalla quale aveva avuto una figlia, Barbe, battezzata alla vigilia delle nozze (Mesuret 1952, p. 170). Dal matrimonio nacquero altri due figli di cui uno, dal nome sconosciuto, fu pittore di anatomia e ritrattista. Negli anni 1755, 1760, 1765, 1774 e 1790 i dipinti di Bellotti (il cognome venne francesizzato anche in Beloty) furono esposti al Salon dell'Académie Royale de Peinture, Sculpture et Architecture di Tolosa. Il più importante Salon fu quello del 1765 nel quale vennero presentati, sotto il n. 35 del catalogo, «Vingt petits Tableaux, par Belloti, peintre, qui sont de Vues en perspective». Di questo nutrito gruppo di vedute ben diciassette tele, tutte misuranti 37x48 cm, sono state individuate da Robert Mesuret nel castello di Merville, presso Tolosa, nella collezione del marchese di Beaumont.
Le vedute, finora pubblicate solo in piccola parte, raffigurano varie città europee, tra cui Venezia, Firenze, Roma, Milano Genova, Malta, Marsiglia, Versailles, L'Aia, e sembrano quasi tutte derivate da stampe. Altri dipinti della stessa serie mostrano l'interno di una chiesa, un lago, un porto di mare al tramonto con edifici d'invenzione capricciosa.
Tra le vedute di Venezia esposte al Salon del 1765, quella raffigurante Il molo con la Piazzetta e il palazzo Ducale si basa sul prototipo di Antonio Canal nella collezione del duca di Norfolk (Constable, Links 1989, n. 104), mentre quella con San Giorgio Maggiore verso la riva degli Schiavoni deriva, con minime variazioni nelle figure, dalla corrispondente acquaforte di Michele Marieschi facente parte della serie pubblicata nel 1741.
I dipinti di Bellotti sono quasi sempre derivati da stampe. Per quanto riguarda le vedute veneziane, il pittore utilizzò le raccolte di Michele Marieschi (1741), di Antonio Visentini (1742) e del Canaletto (1745-1746), mentre per i capricci si avvalse anche delle incisioni di Fabio Berardi derivate da dipinti del Canaletto.

Lavorò in Germania (a Monaco specialmente), a Milano e a Mantova, oltreché nel Veneto, ma, ad onta dei guadagni, morì in miseria.


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