lunedì 15 giugno 2015

IL MUSEO DIOCESANO A BRESCIA

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Istituito nel 1978 dal vescovo di Brescia monsignor Luigi Morstabilini, il Museo Diocesano è collocato all'interno del chiostro maggiore del complesso conventuale di San Giuseppe, un tempo sede dei Francescani Minori Osservanti. L'ampio convento, sorto all'inizio del Cinquecento, giungeva a compimento solo sul finire del secolo con la costruzione del chiostro maggiore nel quale trovava posto anche il monumentale refettorio. Tornato alla Diocesi di Brescia dopo le soppressioni ottocentesche, il chiostro è diventato sede del Museo Diocesano.
Le collezioni permanenti, poste al primo piano, sono divise in quattro sezioni dedicate alla pittura e alla scultura, ai codici miniati, all'oreficeria sacra e al tessuto liturgico. Al piano terreno il refettorio monumentale è utilizzato per congressi, conferenze e diverse esposizioni permanenti.

L’idea di costituire un Museo Diocesano a Brescia è relativamente recente.
Dell’iniziativa si faceva carico monsignor Angelo Pietrobelli nella seconda metà degli anni settanta del novecento; questi individuò nel complesso conventuale di San Giuseppe, un tempo sede dei Francescani Osservanti, la sede adeguata per accogliere il primo nucleo di opere provenienti per lo più da chiese non più officiate e quindi difficilmente fruibili. Nel 1978, il vescovo di Brescia Luigi Morstabilini istituiva canonicamente la “Fondazione di religione” denominata “Museo Diocesano di Arte Sacra”.
Il museo veniva inaugurato il 23 dicembre dello stesso anno e aveva sede nei primi due chiostri del complesso conventuale. Il 21 aprile 1988, il vescovo Bruno Foresti, sostituiva il precedente statuto con uno nuovo, in cui si stabiliva che, oltre al recupero e alla conservazione di opere d’arte e di materiali della Diocesi minacciati di rovina e di dispersione, sono finalità del museo anche il restauro, le iniziative culturali e le attività didattiche.
Nel frattempo giungeva al suo compimento l’acquisizione del chiostro maggiore del complesso di San Giuseppe, di proprietà demaniale, processo lungo e complesso che ha permesso, sul finire degli anni ottanta, di collocare le collezioni del Museo Diocesano in una sede più idonea e prestigiosa.
Nel 2007 il vescovo Giulio Sanguineti dotava il Museo Diocesano di un nuovo statuto, avviando contemporaneamente l'iter per il riconoscimento civile della fondazione Canonica.
Il 3 febbraio 2010 il Ministero dell'Interno ha riconosciuto il Museo Diocesano come Fondazione di Religione e di Culto.

Il Museo Diocesano ha avuto, fin dal suo nascere, il compito di garantire la tutela e la custodia in primo luogo delle opere d’arte sacra la cui conservazione era resa precaria dalla collocazione in edifici ecclesiastici chiusi al culto, fatiscenti o insicuri.
Nella sezione dedicata alla pittura e alla scultura sono esposte opere di artisti di area bresciana e veneta. Capolavoro del Trecento veneto è la Madonna col Bambino di Paolo Veneziano; alla metà del secolo successivo risale il Polittico di Sant’Orsola di Antonio Vivarini.
Il Cinquecento locale è ben rappresentato da opere dei maggiori pittori bresciani: Alessandro Bonvicino detto il Moretto, Girolamo Romanino e Pietro Maria Bagnatore. Di Jacopo Tintoretto è il bozzetto della Trasfigurazione per la chiesa di Sant’Afra a Brescia; alla bottega di Tiziano è dato un Volto di Cristo dipinto su pietra.
Il Seicento e il Settecento locale trovano nelle opere di Giuseppe Tortelli, Gian Antonio Capello, Pietro Avogadro e Francesco Savanni i loro maggiori esponenti. La linea veneta è presente con Andrea Celesti (Madonna col Bambino e i santi Anna, Giacomo Maggiore e Benedetto), Francesco Capella detto il Daggiù (Rebecca al pozzo), Gian Battista Pittoni (Madonna col Bambino e i santi Leonardo e Francesco da Paola) e Giambattista Tiepolo (Battesimo di Costantino).

Nella sezione dedicata ai codici miniati è possibile ammirare una raccolta di volumi manoscritti, realizzati a partire dal XII secolo; di particolare importanza il piccolo libro della Regola della Confraternita dei santi Faustino e Giovita di Collio, le cui prime due carte sono completamente miniate dal bresciano Floriano Ferramola.
La sezione ospita ventidue codici che vanno dal XII secolo alla metà del XVI provenienti quasi esclusivamente dalla biblioteca capitolare della Cattedrale di Brescia. I manoscritti più antichi furono realizzati per il vescovo di Brescia Giacomo degli Atti (1335-1344) e raccolgono per lo più opere di san Tommaso d’Aquino, impreziosite da miniature di scuola francese e bolognese. Di grande importanza è anche il manoscritto di Bonizone da Sutri, De vita christiana della seconda metà del XII secolo e il cosiddetto ‘Capitolare 13’, un manoscritto musicale del XII secolo che contiene la prima officiatura completa della festa dei santi Faustino e Giovita, patroni di Brescia. Al XV secolo appartengono libri liturgici (messali e breviari) e musicali (antifonari e graduali) ornati con grandi capolettera miniati decorati con motivi vegetali e floreali. All’inizio del XVI secolo risale la cosiddetta ‘Mariegola di Collio’, libretto della Confraternita dei Santi Faustino e Giovita della parrocchia di Collio in Valtrompia le cui prime due carte sono interamente miniate dal pittore bresciano Floriano Ferramola.
La sezione dedicata all’oreficeria sacra annovera manufatti a partire dalla seconda metà del XV secolo. Tra le opere di maggior rilievo si annoverano il Reliquiario Gambara, opera di argentiere romano della metà del XVI secolo, in ebano e argento, e il Calice di Pontevico, in oro, argento e pietre preziose, realizzato dall’orefice milanese Carlo Grossi.

La sezione dedicata all’oreficeria passa in rassegna in ordine cronologico e tipologico, un nutrito gruppo di suppellettili d’uso liturgico che coprono un arco temporale che va dalla seconda metà del XV secolo a tutto l’Ottocento.
Di notevole interesse è il calice di manifattura italiana della seconda metà del Quattrocento, decorato con smalti e il Reliquiario del dito di san Gaudioso dove le forme ancora tardogotiche cedono il passo alle nuove forme classiciste del primo Rinascimento, ben esemplificate nel Reliquiario di San Crispino. Pregiata è anche la croce da tavolo in metallo dorato e pietre dure proveniente dalla chiesa di Sant’Eufemia in Brescia di pieno Rinascimento e la Croce astile d’inizio Cinquecento con figure a getto applicate alla sommità dei bracci e clipei decorati con raffigurazioni ad incisione.
Pezzi di eccezione sono, infine, il Reliquiario Gambara, opera di argentiere romano della metà del XVI secolo, realizzato in ebano e argento e il calice detto ‘di Pontevico’ in oro, argento e pietre preziose, capolavoro dell’orefice milanese Carlo Grossi (1714).

Nella sezione dedicata al tessuto sono esposti un centinaio di paramenti preziosi (solo parte di quelli conservati nei depositi del Museo) che coprono un arco temporale che va dalla fine del XV secolo all’inizio del XIX. La sezione, una delle più ampie in Italia dedicata al tessuto liturgico, predilige le tessiture (per lo più veneziane e francesi) anche se una parte è dedicata all’arte del ricamo. Il percorso segue un ordinamento cronologico e presenta le diverse tipologie decorative che evidenziano lo stretto rapporto tra le ornamentazioni utilizzate per l’abbigliamento civile e quelle impiegate nelle manifatture d’uso liturgico. Di intonazione più prettamente liturgica e simbolica sono le decorazioni realizzate a ricamo, spesso in sete policrome e fili d’oro, che, insieme a elementi floreali combinano talvolta simboli religiosi.




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