domenica 14 giugno 2015

LA CHIESA DI SAN GIOVANNI EVANGELISTA A BRESCIA



La chiesa ha origini antichissime, presumibilmente risale al IV secolo. Intorno al 1440 venne riedificata una seconda volta, la prima fu agli inizi del XIII secolo.
La facciata presenta un portale in pietra di forme rinascimentali affiancato da due archi, tracce di antiche tombe nobiliari. L'interno è organizzato in tre navate divise da pilastri imponenti.
E' forse la più importante chiesa di Brescia dal punto di vista artistico, infatti al suo interno si possono ammirare delle opere di straordinaria bellezza dei massimi esponenti della pittura bresciana del cinquecento: il Moretto e il Romanino.
L'elegante chiostro - risalente al 1487 - si trova sulla destra della chiesa.

La chiesa, fondata nel IV secolo da san Gaudenzio, vescovo di Brescia, fu ricostruita fra il 1440 e il 1447 e rimaneggiata nel XVII secolo. La facciata, di severa struttura quattrocentesca, ha un portale in pietra con arco sorretto da due colonne del primo Cinquecento, affiancato da archi ogivali, resti delle tombe Maggi e Paitone. L’interno, a croce latina con tre navate, è stato totalmente rimaneggiato nella prima metà del Seicento da Girolamo Quadrio, che incorporò gli antichi pilastri in cotto in altri imponenti in pietra; dell’originaria struttura Quattrocentesca rimangono solamente la cappella del Santissimo Sacramento, quella di Santa Maria, con affreschi di scuola foppesca, e l’abside poligonale.

La chiesa conserva importanti opere d’arte: sul primo altare a destra Assunta di Francesco Paglia, sul terzo Strage degli innocenti di Moretto (1531), nella cappella dopo il quarto altare Madonna col Bambino, tavola ridipinta da Moretto, incorniciata da un ricco rivestimento marmoreo di Alessandro Callegari. Nel presbiterio Crocefisso ligneo di scuola bresciana (1480) con, dietro, numerose opere del Moretto. Sulla destra si apre la sagrestia, ricca di numerose tele.

Accanto alla cappella di Santa Maria, nel transetto sinistro, si apre la cappella del Santissimo Sacramento, che ospita al suo interno un notevole complesso pittorico, formato da dipinti di Romanino e di Moretto con cui i canonici della chiesa stipularono un contratto nel 1521 affidando a ciascuno una delle due pareti. Moretto dipinse a destra: La raccolta della manna, Elia destato da un  angelo, San Luca e San Marco, Ultima cena, e sei Profeti. Romanino dipinse a sinistra: Resurrezione di Lazzaro, San Matteo e San Giovanni evangelista, Cena in casa del fariseo, Profeti. Entrambi i cicli di dipinti sono caratterizzati da un forte senso plastico, da una luminosità particolare, e da un’iconografia antiretorica delle figure, inserite in paesaggi dalle tonalità composte. Nella chiesa sono conservate altre due opere di Romanino: l’opera giovanile Madonna con Bambino e Santi, sopra il quarto altare a sinistra e Sposalizio della Vergine nella parete sinistra del battistero.

La Cappella del Santissimo Sacramento è l'opera pittorica più prestigiosa qui conservata e forse la più importante in Brescia assieme al Polittico Averoldi di Tiziano nella collegiata dei Santi Nazaro e Celso. Sicuramente, comunque, è il più importante ciclo di pittura del Rinascimento bresciano. La cappella del SS. Sacramento, costruita nel 1509, rimase per lo più priva di decorazioni per circa un decennio, fino a che la Confraternita del SS. Sacramento, il 21 marzo 1521, chiamò i due importanti autori Romanino e Moretto per realizzare un ciclo pittorico di qualità unica. il "duello" artistico durò fino alla metà del secolo e il risultato fu la rappresentazione dell'interno senso dell'arte bresciana del periodo. La cappella si compone di tre nicchie, una di fondo e due laterali, sormontate da tre rispettive lunette al di sotto della volta di copertura. I dipinti del Moretto sono quelli sulla parete destra: la Raccolta della Manna, Elia confortato dall'angelo, i due evangelisti Luca e Marco, L'ultima cena nella lunetta e sei Profeti nel sottarco. Le opere del Romanino occupano invece il lato sinistro: la Resurrezione di Lazzaro, la Cena in casa del Fariseo, gli evangelisti Matteo e Giovanni, la Messa di san Gregorio nella lunetta e nuovamente sei Profeti nel sottarco. Le scene del Moretto appartengono all'Antico Testamento, mentre quelle del Romanino sono episodi del Nuovo Testamento. Nell'insieme, le varie opere sono legate fra loro da una scelta comune di fondo di tipo catechetico: si ha la rappresentazione del dialogo fra Dio e gli uomini attraverso i profeti, della testimonianza della sua esistenza grazie agli Evangelisti e di alcuni episodi centrati sul mistero eucaristico. La parete di fondo è occupata dall'altare del SS. Sacramento ospitante la preesistente Deposizione di Bernardo Zenale, anch'essa opera di notevole valore. La cornice in legno è di Stefano Lamberti, mentre la lunetta soprastante ospita un'Incoronazione della Vergine del Moretto.

L'altare della Madonna del Tabarrino di Antonio Callegari fu costruito all'inizio del Seicento da Agostino Avanzo, nacque per ospitare la tela del Moretto riproducente una Madonna che allatta il Bambino, fedele copia della miracolosa immagine conservata nella Cappella di Santa Maria. La tela veniva sovente portata in processione per scongiurare la siccità e si tramanda che, ancor prima del rientro in chiesa, cominciasse a piovere, obbligando così i partecipanti alla processione a indossare il tabarro, un lungo mantello. L'immagine è venerata il 2 febbraio, il giorno della Purificazione di Maria o Candelora. La cappella fu rimodernata nel Settecento da Antonio Calegari che affrescò la volta e realizzò lo scenografico altare decorato da un fondale di angeli e nuvole poggianti su un sontuoso panno di marmo giallo. In alto è posta la colomba del Santo Spirito, mentre sotto il quadro è posto un bassorilievo rappresentante la fuga in Egitto della Sacra Famiglia. I vari putti e lo stesso bassorilievo sono opera del fratello di Antonio Calegari, Alessandro Calegari. A sinistra, nel lunettone, si ha una Natività di Maria di Francesco Paglia, mentre il lunettone di destra è decorato dalla Presentazione di Gesù al Tempio di Giuseppe Nuvoloni, opera notevole e ricca di luce.

La Cappella di Santa Maria ha avuto diverse denominazioni e utilizzi nel corso dei secoli. Originariamente non nacque certo come tale e si può forse ricollegare alla primitiva basilica paleocristiana fondata da San Gaudenzio nel V secolo, come già accennato. Nel Quattrocento lo spazio era utilizzato dalla Confraternita dei Devoti alla Vergine, che lo fece affrescare con un ciclo di scene tratte dalla vita di Maria. Si trova qui, sulla parete nord, la miracolosa immagine della Madonna copiata dal Moretto sulla sua tela della Madonna del Tabarrino, anche se resta indefinito l'autore dell'affresco originale. L'immagine, fra l'altro, era considerata perduta e fu ritrovata solo nel corso dei restauri degli anni sessanta del Novecento. Le pitture più antiche, due Madonne in Trono e due gruppi di Santi con devoti, sono datate 1486 e sono opera di Paolo Caylina il Vecchio, mentre i riquadri su due ordini con scene della vita di Maria e le due lunette dell'abside sono di Paolo Caylina il Giovane, databili alla prima metà del Cinquecento. Opera di inizio Cinquecento di Floriano Ferramola è invece l'affresco della volta, con i quattro Evangelisti, i loro simboli e i Padri della Chiesa Latina: Gregorio Magno, Sant'Ambrogio, San Girolamo e Sant'Agostino.

Nella chiesa si trova un organo a canne costruito nel 1940 da Armando Maccarinelli ed ampliato nel 1994 da Inzoli-Bonizzi. Esso, a trasmissione elettrica, sostituisce una serie di strumenti, il più antico dei quali risaliva al 1571. Lo strumento attuale, è collocato entro una cassa barocca dipinta a finto marmo situata sulla parete sinistra del presbiterio; la consolle, invece, è situata nel transetto di destra. L'organo ha due tastiere di 61 tasti ciascuna ed una pedaliera concavo-radiale di 32 pedali.



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