La cattedrale di San Pietro apostolo è di origine paleocristiana, ma ricostruita in età medievale (fu riedificata probabilmente da Matilde di Canossa), la chiesa, inizialmente in stile romanico (di quest'epoca è ancora il campanile), venne ampliata agli inizi del XV secolo sotto l'egida di Francesco I Gonzaga. La splendida facciata mistilinea in marmo, dotata di un protiro, rosoni e pinnacoli, progettata da Jacobello e Pierpaolo dalle Masegne è testimoniata da un prezioso dipinto di Domenico Morone. In questi anni il duomo fu affiancato da due file di cappelle gotiche, ornate da guglie e cuspidi in marmo e in cotto, anch'esse progettate da Jacobello dalle Masegne, la cui struttura muraria è ancora visibile nel fianco destro.
Nel 1545 il Duomo fu ristrutturato da Giulio Romano, che lasciò intatte la facciata e le pareti perimetrali ma ne modificò sostanzialmente l'interno, trasformandolo in forma simile all'antica Basilica di San Pietro a Roma in versione paleocristiana, prima dell'intervento su quest'ultima di Bramante e di Michelangelo. Tale scelta può essere messa in rapporto con le simpatie evangeliste del cardinale Ercole Gonzaga, committente dell'opera, in polemica con la politica papale di quegli anni. La morte di Giulio Romano nel 1546 segnò una lunga interruzione dei lavori, che continuarono sotto la guida di Giovan Battista Bertani alterando probabilmente il primo progetto, specialmente nella realizzazione del presbiterio. Su iniziativa del vescovo Antonio Guidi di Bagno l'attuale facciata completamente di marmo, fu realizzata tra il 1756 e il 1761 dal romano Nicolò Baschiera, ingegnere dell'esercito austriaco.
La facciata della cattedrale è a salienti, con la parte centrale, in cui si aprono i tre portali, scandita da quattro paraste corinzie e sormontata da un frontone triangolare. Lungo il fianco destro, si possono ancora vedere le cuspidi e le guglie di coronamento quattrocentesche; il campanile romanico ospita un concerto di sette campane accordate secondo la scala di Si2 maggiore. La più grande è ottima opera dell'insuperato maestro settecentesco Giuseppe Ruffini. Le restanti furono fuse dalla ditta Cavadini di Verona nella prima metà del XIX secolo.
La forte impronta di Giulio Romano si nota soprattutto all’interno. Nel 1546, alla morte di Giulio, l’edificio è già strutturato nelle sette navate attuali, con quelle più esterne scandite da cappelle e le cinque centrali definite da quattro file di colonne marmoree scanalate e rudentate, con capitello corinzio. La navata principale - molto ispirata alla basilica romana di San Pietro - è in due ordini e si chiude in un ricco soffitto di legno a lacunari e rosoni dall'intaglio squisito, dalle dorature delicate. L'architrave, sovrastante una fuga di ricche colonne scannellate, reca festoni in stucco con putti e medaglie del Briziano di bella fattura. II battistero è un tempietto costruito nella parte inferiore della torre e contiene un'antichissima e grandiosa vasca di marmo lavorata ad arabeschi . Le navate adiacenti hanno copertura a botte, con lacunare a stucco dal complesso disegno geometrico, forse dovuto al successore di Giulio, il Bertani. La fabbrica viene completata da G.B. Bertani per quanto riguarda il transetto, già progettato da Giulio Romano, e probabilmente per la cupola centrale. Il vano absidale, di accentuata profondità, fu costruito alla fine del Cinquecento e decorato con affreschi di Antonio Maria Viani.
La navata trasversale è ornata di affreschi dell'Andreasino e del Ghisi che dipinsero pure il magnifico affresco della cupola. La volta del coro è dipinta da Domenico Feti. Meraviglioso nell'insieme armonico il sacello del SS. Sacramento, ottagonale, ad archi, su pilastri arabescati e colonne di marmo scannellate. La Fede affrescata nel centro della volta è opera di Felice Campi, autore anche delle tele che rappresentano i quattro Dottori della Chiesa. La S. Margherita è bellissimo lavoro del Brusasorci. Notevoli il San Gerolamo del Campi, nella cappellina della corsia laterale.
Nella cappella dell'Incoronata, tempietto prezioso, un’iscrizione del 1052 ricorda Bonifacio di Canossa. Il grande sarcofago in marmo istoriato in fondo alla corsia di destra è il monumento più insigne dell'antichità cristiana rimasto in Mantova, lavoro del V o del VI secolo. Nella sagrestia le casse mortuarie murate nelle pareti racchiudono le spoglie del cardinale Ercole Gonzaga e di Ferdinando Gonzaga, principe di Molfetta. Sotto la mensa dell'altar maggiore giace il corpo di S. Anselmo vescovo di Lucca, protettore della diocesi di Mantova.
Sulla cantoria del braccio di destra del transetto, si trova l'organo a canne della cattedrale, costruito dalla ditta organaria cremasca Benzi-Franceschini nel 1915 ed in seguito più volte restaurato ed ampliato.
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