Palazzo Ducale è la reggia che ha ospitato nel corso dei secoli le famiglie che hanno governato la città di Mantova e i suoi territori. Un palazzo che racconta la ricchezza e i fasti vissuti dalla città dei tre laghi. Il Palazzo Ducale si compone di più edifici costruiti in epoche diverse e collegati fra loro nel corso del tempo prima dalla famiglia Bonacolsi e poi dai Gonzaga. Costruito da Guido verso la fine del 1200, l'edificio è tipicamente vicino ai palazzi comunali d'area lombarda, ma nel contempo anticipazione del passaggio di Mantova da Comune a Signoria. Divenuto infatti capitano del popolo nel 1299, Guido trasformò quello che allora era ancora un palazzo di proprietà della famiglia, nel centro del potere della città. La vasta superficie della facciata alleggerita dalle ampie arcate del porticato sottostante, è arricchita dal sobrio cromatismo del mattone alternato al marmo.
I Gonzaga scalzarono i Bonacolsi, si impossessarono di questi edifici e nel corso del tempo li modificarono aggiungendo sempre nuovi corpi di fabbrica con logge, maestose scale, gallerie, cortili pensili collegandoli tutti fra loro, sotto la direzione di geniali architetti come Fancelli, Giulio Romano, Bertani, Viani, in un'unica grandiosa reggia.
Parte integrante del Palazzo è anche il Castello di San Giorgio possente opera di fortificazione realizzata da Bartolino da Navara sul finire del XIV secolo a imitazione di quello degli Este a Ferrara che durante la dominazione austriaca divenne prigione dove vi furono rinchiusi, tra tanti altri, i martiri di Belfiore, Ciro Menotti, Tito Speri e Felice Orsini. Da queste sale i Gonzaga esercitarono il potere, vissero i fasti di una reggenza invidiata e rispettata, videro la decadenza lenta e inesorabile, subirono la fine sotto i colpi della storia.
Nell'appartamento degli Arazzi sono sistemati nove preziosi arazzi tessuti in Fiandra su cartoni di Raffaello raffiguranti gli Atti degli Apostoli, l'appartamento e il raffinato studiolo di Isabella d'Este. Lo sguardo dovrà necessariamente soffermarsi su due fra i cicli pittorici più famosi della storia dell'arte italiana. Quello del Pisanello costituito da grandiose sinopie e affreschi a tema cavalleresco, scene di un cruento torneo realizzato con raffinata fattura e straordinaria forza drammatica, rappresentazione di un mondo medievale ormai al tramonto.
Andrea Mantegna realizzò la sua opera più geniale, la Camera Picta o Camera degli Sposi. Altri ambienti di notevole interesse sono: l'appartamento dei nani, la Rustica di Giulio Romano, la Chiesa di S. Barbara del Bertani, il Cortile della Cavallerizza, la Sala di Manto, la Galleria degli Specchi, la Sala dello Zodiaco, la Sala del Labirinto, il Giardino Pensile.
La basilica palatina di Santa Barbara fu costruita su istanza del duca Guglielmo Gonzaga e su progetto dell'architetto mantovano Giovan Battista Bertani, l'opera fu edificata in due fasi, dal 1562 al 1567 e dal 1569 al 1572, e dal 1565 le cerimonie religiose di corte vennero dirette dagli innumerevoli abati.
Santa Barbara può essere considerata il capolavoro sia del committente sia dell'artefice; dotata dal duca di numerosi privilegi, dell'esenzione dal controllo vescovile e della possibilità di fregiarsi di un rito proprio, diverso da quello romano, fu pensata come sede delle fastose cerimonie liturgiche corredate da musiche sacre di altissimo livello, la vera passione del duca, grazie anche al prezioso organo Antegnati.
Le forti scosse di terremoto dell'Emilia del 29 maggio 2012 hanno provocato danni al cupolino del campanile della basilica.
La struttura architettonica è decisamente singolare: un impianto centrale, con al centro un tiburio quadrato, è seguito da un profondo presbiterio sopraelevato coperto da un secondo tiburio simile al primo e seguito da una scenografica abside decorata con strani cassettoni intersecantisi. L'impianto longitudinale è quindi costituito dalla somma di due cellule a pianta centrale e dal successivo presbiterio semicircolare, che sovrasta una profonda cripta costituita da uno spazio rettangolare e da un sacrario ovale. Gli ordini architettonici dell'esterno e dell'interno sono singolarmente "sincopati", con un effetto quasi metafisico; le paraste sono infatti costituite da semplici fasce prive di base e capitello.
Il campanile in mattoni, sormontato da un singolare tempietto rotondo, è uno degli elementi più caratteristici del panorama urbano di Mantova. Il modello al quale si ispirò l'architetto di corte Giovan Battista Bertani era il tempietto circolare di San Pietro in Montorio del Bramante al quale sostituì il colonnato a trabeazione vitruviana con una loggia serliana nel solco della lezione di Sebastiano Serlio e Andrea Palladio.
All'interno, nei due altari laterali, sono collocate due grandi tele di Lorenzo Costa il Giovane, ideate dallo stesso Giovan Battista Bertani, Il battesimo di Costantino e Il martirio di sant’Adriano. Tra gli altri dipinti, la pala nel presbiterio con Il martirio di santa Barbara di Domenico Brusasorci (1564), L’Annunciazione dipinta su un lato delle ante dell’organo da Fermo Ghisoni, che sull’altro lato raffigurò santa Barbara e san Pietro (1566 circa).
Nella basilica si trova un pregevole organo Antegnati, costruito nel 1565 dall'organaro Graziadio Antegnati e ripristinato durante un accurato restauro nel 1995 - 2006 da Giorgio Carli di Pescantina. Lo strumento, a tastiera unica e pedaliera a leggio di 17 note costantemente unita alla tastiera, è chiuso in una cassa dorata riccamente intagliata collocata sopra la cantoria in cornu Epistulae. Le canne sono chiuse da due portelle, attribuite a Fermo Ghisoni e raffiguranti sulla parte esterna santa Barbara e san Pietro, su quella interna l'Annunciazione.
I terremoti dell'Emilia del 2012 hanno provocato inizialmente danni ad alcune sale del palazzo gonzaghesco (Sala di Manto, Galleria dei Mesi, Corridoio del Bertani). Il palazzo, chiuso dal 20 maggio 2012, è stato successivamente riaperto alla visite turistiche solo parzialmente, dovendosi procedere a importanti opere di ripristino in Corte Nuova, l'ala del palazzo maggiormente danneggiata dalle scosse telluriche. Ben più gravi sono risultati i danni causati dalle scosse del 29 maggio che oltre a peggiorare le lesioni risalenti alla scossa del 20, hanno colpito il campanile della Basilica palatina di Santa Barbara e il Castello di San Giorgio, nel quale, anche se marginalmente, è stata danneggiata la celeberrima Camera degli Sposi di Andrea Mantegna.
Il palazzo del Capitano che si affaccia su piazza Sordello, è l'edificio più antico del palazzo Ducale voluto da Guido Bonacolsi sul finire del Duecento. Inizialmente costruito su due piani e separato dalla Magna Domus da un vicolo, nei primi anni del Trecento fu rialzato di un piano ed unito alla stessa Magna Domus dalla monumentale facciata con portico, sostanzialmente rimasta tale fino ad oggi. Il secondo piano aggiunto è costituito da un unico enorme salone (m 67x15) detto Dell'Armeria, appellato anche come Salone della Dieta, in quanto ospitò la Dieta di Mantova del 1459. Tale insigne ambiente è ora abbandonato e bisognoso di restauro.
La Magna Domus (appartenuta anch'essa a Guido Bonacolsi) e il palazzo del Capitano costituiranno il nucleo originario che dette forma alla Corte Vecchia. A metà del XIV secolo in alcune delle sale, Pisanello mise mano a un maestoso ciclo di affreschi di soggetto cavalleresco arturiano, avente per soggetto la battaglia di Louverzep, che aveva lo scopo di glorificare il casato del committente Gianfrancesco Gonzaga, non casualmente lui stesso raffigurato nel dipinto. Si deve al sovrintendente Giovanni Paccagnini la clamorosa scoperta e il conseguente restauro della grande opera del Pisanello, avvenuti nel corso degli anni sessanta-settanta. Le sale del Pisanello accolgono frammenti degli affreschi e le relative sinopie preparatorie.
Corte Vecchia riacquistò un suo nuovo prestigio quando nel 1519 Isabella d'Este lasciò la dimora nel Castello e si trasferì al piano terreno di questo antico settore della reggia gonzaghesca, nell'appartamento detto vedovile. L'appartamento di Isabella era costituito da due ali ora divise dall'ingresso al Cortile d'Onore. Nell'ala della Grotta, più privata, con la principessa si trasferirono gli arredi lignei e le collezioni d'arte dei due celebri studioli, la grotta e lo studiolo. Quest'ultimo conteneva dipinti, conservati al Museo del Louvre, provenienti dallo Studiolo di Castello commissionati tra il 1496 e il 1506 al Mantegna (Parnaso e Trionfo della Virtù), a Lorenzo Costa (Isabella d'Este nel regno di Armonia e Regno di Como) e al Perugino (Lotta tra Amore e Castità) ai quali si aggiunsero opere del Correggio (Allegoria del vizio e Allegoria della virtù). Altro celebre ambiente di questa ala è la "Camera Granda" o "Scalcheria" affrescata nel 1522 dal mantovano Lorenzo Leonbruno. L'appartamento comprendeva altre sale nell'ala detta di "Santa Croce" dal nome di un'antica chiesa di epoca matildica sui resti della quale furono ricavati ambienti di rappresentanza come la Sala delle Imprese Isabelliane, la Sala Imperiale o Sala del Camino, la Sala delle Calendule, la Sala delle Targhe e la Sala delle Imprese.
Santa Croce vecchia era una piccola chiesa, come usava nel periodo storico a cavallo dell'anno mille. La sua esistenza è testimoniata da un documento del 10 maggio 1083 sottoscritto da Matilde di Canossa. Attigua ai primi edifici del futuro palazzo Ducale, probabilmente fu la chiesa palatina dei Bonacolsi e dei Gonzaga, ma la ben nota passione edificatoria di quest'ultima famiglia, portò alla demolizione dell'antico edificio. Debitamente autorizzato da papa Martino V, a procedere all'abbattimento della vecchia chiesa matildica, intorno all'anno 1421, fu Gianfrancesco Gonzaga che per compensazione, vicino al luogo originario, edificò una cappella di stile tardo gotico con stessa intitolazione, attualmente non più luogo di culto, comunque, ancorché ampiamente rimaneggiata, individuabile dal piccolo cortile d'accesso all'appartamento vedovile di Isabella d'Este.
Successivamente Guglielmo Gonzaga (1550-1587), trasformerà gli ambienti di Corte Vecchia creando il Refettorio affacciato sul Giardino Pensile e la Galleria degli Specchi destinata alla musica.
In epoca asburgica il Refettorio fu oggetto di una ristrutturazione che portò alla creazione della Sala dei Fiumi dove, dipinti sulle pareti con sembianze di giganti da Giorgio Anselmi, sono rappresentati i fiumi del territorio mantovano. Contemporaneamente fu realizzato l'Appartamento degli Arazzi composto da quattro sale. Sulle pareti di tre di queste sono stesi nove arazzi tessuti a mano nelle Fiandre su cartoni con disegno preparatorio di Raffaello, gli stessi utilizzati per i noti arazzi raffaelleschi conservati in Vaticano. Furono acquistati a Bruxelles dal cardinale Ercole Gonzaga nella prima metà del Cinquecento per arredare l'ambiente allora chiamato "Appartamento Verde". Gli arazzi fiamminghi dopo aver addobbato anche la Basilica palatina di Santa Barbara e finiti dimenticati nei magazzini del Palazzo Ducale, furono restaurati del 1799 e collocati nell'appartamento per loro adattato. Un'ulteriore ristrutturazione di epoca napoleonica riguardò anche la Sala dello Zodiaco che comunque conservò il soffitto affrescato da Lorenzo Costa il Giovane nel 1579. La sala fu anche detta di Napoleone I, in quanto fu la stanza da letto del Bonaparte. Il cratere (coppa) dei sacrifici e delle libagioni allude all'immortalità del casato Gonzaga. Il Corvo, uccello sacro ad Apollo, venne trasformato in costellazione dal dio. Il segno della Vergine, con la spiga in mano, assume le sembianze di Astrea e di Cerere ed è l'emblema di Vincenzo Gonzaga. Il firmamento ruota attorno al cocchio di Diana, trainato da una muta di cani. La dea, in stato di gravidanza, è la trasfigurazione di Eleonora d'Austria, moglie del duca di Mantova. Secondo la tradizione antica, lo Scorpione tiene tra le chele il segno della Bilancia.
L'appartamento della Guastalla, collocato al piano superiore del Palazzo del Capitano, è così chiamato perché in esso trovò dimora Anna Isabella Gonzaga da Guastalla, moglie dell'ultimo duca Ferdinando Carlo di Gonzaga-Nevers. È composto da sei sale (tra cui la Sala degli Imperatori) con soffitti in legno che furono in parte modificate alla fine del XVI secolo. Alle pareti tracce di affreschi del Trecento. L'appartamento è fiancheggiato dal lungo Corridoio di Passerino nel quale si dice fosse conservata la mummia di Passerino Bonalcosi, cacciato dai Gonzaga nel 1328.
L'appartamento dell'imperatrice è composto da nove stanze con mobili in stile impero è collocato al primo piano della "Magna Domus". Fu allestito nel 1778 per Maria Beatrice d'Este, moglie di Ferdinando d'Asburgo-Este quinto figlio di Maria Teresa d'Austria e pertanto derivando la sua denominazione dal legame con la famiglia imperiale degli Asburgo. In queste stanze soggiornò altresì il principe Eugenio di Beauharnais, viceré del Regno d'Italia napoleonico, che nel 1810 vi fece portare da Milano il prezioso letto a baldacchino ancora conservato nella camera da letto per il resto arredata con la mobilia d'epoca asburgica.
L'appartamento di Guglielmo in Corte Vecchia è composto da cinque stanze, comprendente il Giardino pensile.
Altre sale al piano nobile di Corte Vecchia sono:
Sala del Morone, nella quale è collocato il dipinto Cacciata dei Bonacolsi di Domenico Morone (1494)
Sala dei Papi
Stanze dell'Alcova
Galleria Nuova
Cappella ducale
Sala degli specchi, con decorazioni di Antonio Maria Viani
Corridoio dei Mori, con decorazioni a stucco degli inizi del Seicento
Stanzino dei Mori, con soffitto del 1580
Camera dei Falconi, con decorazioni della seconda metà del XVI secolo
Loggetta di Santa Barbara
È l'architetto toscano Luca Fancelli a realizzare la Domus Nova (1480-84) che subirà, più di un secolo dopo su impulso del duca Vincenzo I, interventi architettonici che trasformeranno l'edificio fancelliano. Il progetto di quest'intervento dal quale se ne ricavò l'attuale Appartamento Ducale, si deve al pittore e architetto cremonese Antonio Maria Viani, dal 1595 al servizio dei Gonzaga. Nella maestosa Sala degli Arcieri sono attualmente esposti dipinti provenienti da chiese e monasteri soppressi. La tela più famosa qui esposta rappresenta La Trinità adorata dalla famiglia Gonzaga opera di Pietro Paolo Rubens realizzata per la chiesa della Santissima Trinità nel 1605. A Mantova del trittico originario resta soltanto la tela centrale parzialmente mutilata, essendo il resto del quadro originario sparso per l'Europa, la Trasfigurazione di Cristo è ora a Nancy, mentre il Battesimo di Cristo è ad Anversa. La tela mantovana riproduce in primo piano il duca Vincenzo con la moglie Eleonora de' Medici, più arretrati il padre Guglielmo con la moglie Eleonora d'Austria.
L'appartamento ducale fu fatto costruire dal duca Guglielmo Gonzaga intorno al 1580 con soffitti intagliati e decorati e rimaneggiato dall'architetto Antonio Maria Viani al tempo di Vincenzo I. Comprende le seguenti sale:
La Sala di Giuditta, con soffitto riguardante l'impresa gonzaghesca del "Crogiuolo";
La Sala del Labirinto, sul cui soffitto, trasportato dal Palazzo di San Sebastiano, è scolpito un labirinto, a ricordo della battaglia di Kanijsa in Ungheria nella quale Vincenzo I Gonzaga combatté contro i Turchi e il motto del marchese Francesco II Gonzaga "Forse che sì forse che no";
La Sala del Crogiuolo, sul cui soffitto spicca il motto Me probasti domine et cognovisti me;
La Sala di Amore e Psiche;
La Sala di Giove e Giunone.
L'appartamento di Eleonora de' Medici o di Ferdinando venne approntato per la moglie di Vincenzo I Eleonora de' Medici. Venne chiamato anche 'Appartamento del Paradiso per la magnifica vista sul lago.
Il duca Ferdinando Gonzaga, secondogenito di Vincenzo, che fu cardinale prima di succedere al fratello Francesco III, incaricò Antonio Maria Viani della costruzione della Scala Santa in "scala", ubicata sotto il suo appartamento nella Domus Nova. Questi ambienti riproducono in scala ridotta l'originale Scala Santa di Roma a San Giovanni in Laterano. La particolare miniaturizzazione degli ambienti ha indotto per secoli a pensare che questi locali fossero destinati a ospitare i mitici nani gonzagheschi, raffigurati anche nella Camera degli Sposi. Fino al 1979 questo “alloggio” era appunto denominato "Appartamento dei Nani", quando lo studioso Renato Berzaghi smascherò l'abbaglio storico e dimostrò le corrispondenze fra la riproduzione gonzaghesca e l'originale romano, confermate da documenti d'archivio che le collegavano ad una zona precedentemente non con certezza identificata: le Catacombe in Corte.
La corte Nuova fu edificata nel 1536 dall'architetto Giulio Romano per il duca Federico II Gonzaga ed ampliata dal Bertani.
L'appartamento Grande di Castello è composto da sei stanze.
La sala di Manto è all'interno della Corte Nuova. Originariamente costituiva l'ingresso dell'appartamento di Troia che deve il suo nome agli affreschi della sala principale dovuti all'opera, tra 1538 e 1539, di collaboratori di Giulio Romano (Luca di Faenza) che ebbe l'incarico da Federico II Gonzaga di ristrutturare numerosi ambienti del Palazzo Ducale. L'aspetto attuale della Sala di Manto è dovuto all'intervento di Guglielmo che dispose la creazione dell'appartamento Grande di Castello. Gli affreschi della sala raccontano la storia della fondazione della città preceduta dall'arrivo in Italia di Manto, leggendaria figlia dell'indovino Tiresia. Viene quindi raffigurata la nascita della città dovuta al figlio Ocno e altre opere urbanistiche intraprese dai Gonzaga. Affreschi attribuiti a Francesco Primaticcio.
L'appartamento delle Metamorfosi fu edificato nel 1616 da Antonio Maria Viani è così chiamato per le decirazioni dei soffitti i cui soggetti derivano dalle Metamorfosi di Ovidio. Composto da quattro sale, conteneva la ricca biblioteca della famiglia Gonzaga, dispersa durante il sacco di Mantova del 1630.
L'appartamento della Rustica, Estivale o della Mostra venne edificato dall'architetto Giulio Romano e completato da Giovan Battista Bertani verso il 1561.
La Galleria della Mostra, con l'imponente soffitto ligneo, è stata edificata agli inizi del XVI secolo da Giuseppe Dattaro su commissione di Vincenzo I Gonzaga. È la più ampia della reggia e doveva custodire le collezioni di oggetti preziosi dei Gonzaga.
Nella sala dei Cavalli ci sono le tele che celebravano i cavalli dei Gonzaga.
Nella galleria dei Marmi o dei Mesi ci sono i genietti e i segni dello Zodiaco, opera iniziale di Giulio Romano.
Nella stanza dei Marchesi ci sono le sculture dei marchesi Gonzaga e delle loro mogli del veneziano Francesco Segala.
La stanza dei Duchi, di Giovan Battista Bertani, conteneva otto grandi dipinti Fasti gonzagheschi commissionati da Guglielmo Gonzaga al Tintoretto e tuttora conservati presso l'Alte Pinakothek di Monaco di Baviera
Lo scalone di Enea è un'opera del Bertani del 1549 - da poco eletto dal cardinale Ercole Gonzaga a "Prefetto delle Fabbriche ducali" - collega direttamente il Salone di Manto con il castello di San Giorgio. Al termine dello scalone si accede al cortile del castello e al suo loggiato, opera di Luca Fancelli del 1472.
Il castello di San Giorgio fu costruito a partire dal 1395 e concluso nel 1406 su committenza di Francesco I Gonzaga e su progetto di Bartolino da Novara. Andrea Mantegna, chiamato a Mantova nel 1460 dal marchese Ludovico e vissuto nella città virgiliana fino alla morte, avvenuta nel 1506 realizzò all'interno del Castello di San Giorgio la sua opera più celebre e più geniale, la Camera Picta o Camera degli Sposi.
Il Cortile della Cavallerizza chiamato anche prato della Mostra, fu realizzato dall'architetto Giovan Battista Bertani, che nel 1556 uniformò le costruzioni che lo racchiusero al manierismo di Giulio Romano che caratterizza la preesistente palazzina detta "La Rustica" che vi si affaccia. Era il luogo dove erano mostrati i cavalli gonzagheschi pronti per la vendita, cavalli che erano considerati dai Gonzaga, insieme ai cani e ai falchi, gli animali più fedeli all'uomo. Il cortile è caratterizzato dal basamento in un bugnato rustico tipico di Giulio Romano e dal soprastante ordine costituito da semicolonne tortili.
Il Giardino dei Semplici detto anche Giardino del Padiglione conserva la disposizione delle piante originale. Sorse nel Quattrocento contemporaneamente alla Domus Nova. Nel 1603 venne risistemato per iniziativa del frate fiorentino Zenobio Bocchi, che vi pose le piante medicinali, dette "i semplici". Per l'igiene dei componenti della signoria questo giardino aveva particolare importanza. Pare, infatti, che durante l'inverno non si lavassero mai, ma profumassero i vestiti con i fiori e le rare essenza di questo giardino.
Il Giardino Pensile nel refettorio, costruzione tardo-cinquecentesca realizzata dall'architetto mantovano Pompeo Pedemonte su richiesta del duca Guglielmo Gonzaga, è posto a 12 m d'altezza. Nel Settecento, in epoca di dominio austriaco, vi fu edificato una Caffehaus su progetto di Antonio Galli da Bibbiena.
Il Giardino Segreto, parte integrante dell' Appartamento della Grotta di Isabella d'Este in Corte Vecchia, fu concluso nel 1522 dall'architetto mantovano Gian Battista Covo.
Cortile delle Otto Facce detto anche Cortile degli Orsi.
Cortile del Frambus.
Cortile d'Onore detto anche Giardino Ducale.
Cortile di Santa Croce.
Cortile dei Cani.
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