San Fermo della Battaglia è un comune italiano di 4.583 abitanti della provincia di Como.
Il piccolo centro di Vergosa, di antica origine, fu sempre legato al territorio di Como, al cui interno apparteneva alla pieve di Uggiate.
Le prime tracce di insediamenti umani nel territorio di San Fermo risalgono XI secolo a.C. Prima ancora di Vergosa, la zona dove sorge il nostro comune ebbe nome Nullate e il che lascerebbe supporre la presenza di popolazioni galliche (il suffisso "ate" designa i toponimi di origine celtica). Reperti archeologici, databili attorno al 1000 a.C., attestano che in questo territorio fiorì la "Civiltà Golasecca". Numerosi sono i reperti di origine pre-romana ritrovati nelle zone di San Fermo, Rondineto, Prestino e Breccia (capanne, pozzi, tombe e oggetti in pietra e metallo) tutti riconducibili più o meno al V secolo a.C. quando questi agglomerati si fusero e diedero vita ad un unico nucleo chiamato "Comum oppidum". Reperti più tardi testimoniano la conquista romana, avvenuta nel 196 a.C. ad opera del console Marco Claudio Marcello.
Nullate, come borgo del contado comense, seguì le vicissitudini del capoluogo che fu colonia romana della tribù Ufentina. Subì poi le invasioni barbariche dei germani di Odoacre, dei Longobardi di Alboino, dei Franchi di Carlo Magno e dei Sassoni di Ottone che vi giunsero nel 951.
Vergosa, amministrativamente assegnato a Porta Sala, fece parte del comune ghibellino di Como (secoli XI e XII) subendo i contraccolpi della sua politica: le lotte con Milano, l’alleanza con Federico Barbarossa, le contese tra fazioni interne, la dominazione viscontea e poi sforzesca. Dal 1521 al 1706 fu sotto la dominazione spagnola mentre nel 1714 subì quella degli Asburgo. Nel 1796 fu dei francesi e ancora degli austriaci nel 1815.
Il paese San Fermo viene però ricordato soprattutto per la Battaglia che si svolse il 27 maggio 1859 nel corso della guerra che vide Francia e Piemonte opposti all’Austria e che le diede il nome. In questa occasione il generale Giuseppe Garibaldi alla testa di un nuovo corpo di volontari, denominato Cacciatori delle Alpi, si scontrò contro l'armata austriaca del Generale Urban.
Il 17 marzo 1859 Garibaldi assunse il comando dei Cacciatori. Si trattava di una brigata leggera, di circa 3 500 uomini, senza cannoni e senza cavalleria (ad esclusione degli esploratori), male armata ed equipaggiata, ma con l'uniforme dell'esercito piemontese, animata da forte spirito combattivo e guidata da ufficiali esperti, tutti reduci delle guerre del 1848-1849.
Provenendo da Sesto Calende, Garibaldi aveva liberato Varese dopo aver affrontata e respinta, il 26 maggio 1859, la Brigata Rupprecht del tenente maresciallo Karl von Urban, uscita da Como ed ivi ritiratasi, con perdite, a seguito allo scontro ricordato come la battaglia di Varese.
Il 27 maggio i volontari prendevano la via di Como, allora la città più importante della Lombardia settentrionale e base degli austriaci. Due erano le strade a disposizione: quella meridionale, attraverso Malnate, Binago ed Olgiate entrava in Como da sud; quella settentrionale (ora chiamata “garibaldina”) da Malnate deviava a nord per Uggiate e attraverso Cavallasca accedeva in Como dalle colline che chiudono la città da ovest, per una stretta chiusa a nord dal confine svizzero (oggi noto agli appassionati del Giro di Lombardia come Passo di San Fermo).
Nell'incertezza, Urban aveva schierato le proprie forze fra San Fermo, a nord-ovest, e Civello, a sud-ovest, con avamposti sul fiume Lura, sei chilometri dalla parte di Varese e le riserve al centro dalle parti di Montano Lucino. Oltre alla Brigata Rupprecht, che aveva combattuto a Varese, Urban poteva schierare la Brigata Agustin, giunta, nel frattempo, di rinforzo.
Garibaldi prese ad avanzare da Varese, attraverso Malnate e Binago sino ad Olgiate, raggiunta verso le 11:00. Di lì lasciò sulla destra il 1º reggimento di Cosenz, dando ad intendere di voler passare a sud e deviò gli altri due a nord verso San Fermo attraverso Parè e Cavallasca, raggiunta verso le 15:00.
Giunto a Cavallasca Garibaldi vi pose il proprio quartier generale ed incaricò dell'attacco Medici, comandante del 2º reggimento colà presente.
Di fronte aveva un avamposto austriaco, ben fortificato nell'oratorio del villaggio di San Fermo.
A Cavallasca il generale Medici decise di dare l'assalto su tre colonne: la prima colonna del capitano Cenni (una compagnia più i carabinieri genovesi) avrebbe dovuto svolgere un attacco di diversione sulla sinistra, la seconda colonna del capitano Carlo De Cristoforis, con un'altra compagnia, avrebbe condotto un attacco frontale, la terza colonna del capitano Vacchieri sulla destra, avrebbe dovuto minacciare la ritirata avversaria.
La compagnia di De Cristoforis doveva partire al segnale della "fucilata" sparata dal gruppo Cenni, con un attacco di sorpresa, ma l'inizio prematuro del fuoco da parte di alcuni volontari (ovvero da alcuni austriaci, a seconda delle versioni) fece mancare l'effetto.
De Cristoforis, credendo che quei colpi di fucile fossero il segnale per partire all'attacco, alle 16:00 uscì allo scoperto sullo stradone e venne preso di mira dai nemici appostati sul campanile di San Fermo. Un forte fuoco di fucileria lo costrinse a ripararsi in una cascina, il casale Valdomo.
Allora Medici comandò alla sinistra di appoggiare l'attacco e comandò un'ulteriore compagnia sulla destra. Con i difensori presi da tre lati, le due compagnie di De Cristoforis ripartirono in un assalto alla baionetta.
La motivazione dei volontari doveva essere davvero grande se, colpito da un fucilata mortale De Cristoforis, essi proseguirono la corsa guidati dal tenente Guerzoni e conquistarono la posizione.
Il ripiegamento austriaco venne inseguito, per un tratto, dalle truppe vittoriose. Allora Garibaldi ispezionò le strade verso la città (la Valfresca e Cardano) e venne a sapere da un contadino di Cavallasca, Agostino Marzorati, che tornava da Como, lo stanziamento delle truppe austriache in città. Erano circa duemila e, il contadino aggiunse, "stavano cuocendo le vivande".
Garibaldi fece allora occupare le alture verso Como in vista della città: nel tardo pomeriggio gli austriaci, finalmente informati degli avvenimenti, presero a risalire per Cardano e la Valfresca. Si tratta di strade ripide e dominate da una serie di scoscese montagnole: i garibaldini ben appostati li bersagliarono per poi a poco a poco scendere baionetta alla mano e rimandare gli assalitori giù per le colline.
Alle 21:30 Garibaldi entrava in città dall'allora Porta Sala, oggi Via Garibaldi, mentre gli austriaci uscivano da Porta Torre, e ripiegavano su Monza, lasciando bagagli, magazzini e prigionieri nelle mani dei Cacciatori. Urban, infatti, non poteva contare sulla fedeltà della popolazione (che appena undici anni prima si era resa protagonista delle Cinque Giornate di Como) e, da buon soldato regolare, desiderava ottenere cospicui rinforzi prima di riprendere Como e la più piccola Varese.
Occupata Como, Garibaldi richiamò le cinque compagnie da San Fermo e fece occupare Camerlata, al passo meridionale della città verso Monza e Milano, per garantirsi da eventuali contrattacchi.
Gli austriaci registrarono 68 morti e 264 feriti. I Cacciatori 13 morti (di cui 3 ufficiali: De Cristoforis, Pedotti e Cartellieri) e 60 feriti. Nessun garibaldino rimase prigioniero.
Nel villaggio di San Fermo della Battaglia sorgono oggi un piccolo obelisco di granito rosso, realizzato su disegno di Eugenio Linati, inaugurato il 27 maggio 1873.
Nel punto in cui cadde il capitano De Cristoforis si trova, invece, un semplice cippo di marmo che riporta i nomi dei tredici Cacciatori caduti durante la battaglia.
Da allora Vergosa fu annesso ai territori dei Savoia e al Regno d'Italia.
Tra gli anni Sessanta e Ottanta San Fermo registrò un incredibile aumento demografico dovuto ad una forte immigrazione da varie regioni. Oggi nel territorio operano alcune aziende di media importanza e oltre ad alcuni piccoli agricoltori sono presenti anche attività edili di lavorazione del ferro, tinteggiatura e tessitura. Ad oggi sono molti i pendolari che svolgono attività nella vicina Svizzera e nel capoluogo.
Nel mezzo della piazza s'innalza l'obelisco commemorativo del fatto d'armi cui la località deve nome e notorietà ; su un lato della piazza, la chiesa, anteriore al sec. XVI, e ampliata sulla fine di questo. San Fermo è centro agricolo (fiera dal 9 al 15 agosto). Il comune, comprendente, oltre il capoluogo, le località di Marnago, Vergosa, Trinità e La Costa.
La chiesa di Santa Maria Nullate fu costruita su di un preesistente tempio pagano dedicato alla dea della fortuna. Nel III secolo fu trasformato in tempio di culto cristiano e dedicato a S. Maria in Nullate e successivamente consacrato nel giugno del 1095 da papa Urbano II che transitava da Como per recarsi al Concilio di Clermont, dove avrebbe dato l’avvio alla prima Crociata. Della consacrazione rimane la memoria in un antichissimo quadro che mostra il corteggio papale uscire da Como per salire fino alla chiesa.
Nel 1718 la chiesa venne abbattuta perché divenuta troppo piccola, nello stesso anno fu ricostruita e nel 1870 venne ampliata. Al suo interno è possibile ammirare un grande dipinto rappresentante Santa Chiara e Santa Lucia di autore ignoto e un altro quadro del XVII sempre anonimo raffigurante l'Immacolata Concezione.
Il santuario di San Fermo sorge su un preesistente oratorio sempre dedicato al santo. San Fermo secondo la leggenda era un soldato romano che fu martirizzato a Verona durante l'impero di Massimiano ma che la critica più recente ha dimostrato essere stato ucciso per fame a Cartagine sotto Decio. Il suo culto pervenuto nell’Italia settentrionale dall'Africa, sembra sia stato diffuso a Vergosa da carrettieri provenienti da Verona e da Bergamo. La chiesa fu costruita nel 1592 e le pareti vennero affrescate nel XVII secolo ma di queste pitture restano solo poche tracce: un San Pietro Martire, sotto la cantoria, e un S. Carlo Borromeo. Nello stesso secolo furono rialzati i muri, gettata la volta e trasformata la pianta a croce latina, eretto il peristilio davanti alla facciata e alzato il campanile.
Successivamente vi furono altri restauri e opere di manutenzione anche se la chiesa non è più stata modificata. All'interno della chiesa ricordiamo anche la statua rappresentante San Fermo e su una parete dell'altare un dipinto del 1583 eseguito dall'artista comasco Cesare Carpano.
Davanti al Santuario sorge in memoria della battaglia del 1859 un grande monumento costituito da un obelisco di granito rosso posato su un dado dello stesso marmo, a sua volta posto su grandi massi di puddinga, che è la roccia delle colline locali. Sulla faccia a levante dell’obelisco campeggia un medaglione di bronzo con l’effige di Garibaldi. Il monumento è stato realizzato su disegno di Eugenio Linati e inaugurato il 27 Maggio 1873. Successivamente è stato completato da due statue di fanti e dedicato ai caduti di tutte le guerre.
Sul luogo in cui cadde il capitano De Cristoforis si trova un semplice cippo di marmo di Carrara, coronato da una ghirlanda di fiori, sul quale sono incisi i nomi dei tredici Cacciatori delle Alpi morti nello scontro.
Ogni anno, la domenica più vicina a quella del 27 maggio, viene celebrato l’anniversario della Battaglia di San Fermo del 1859.
Ogni anno, la domenica più vicina a quella del 4 novembre, viene celebrata la “Festa dell’Unità Nazionale del 4 Novembre”.
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