Le Prealpi Bergamasche (dette anche Prealpi Orobie o Prealpi Orobiche) sono una sottosezione delle Alpi e Prealpi Bergamasche.
Si collocano a sud delle Alpi Orobie ed interessano principalmente la Provincia di Bergamo e, marginalmente, la Provincia di Lecco e di Brescia.
A nord sono separate dalle Alpi Orobie da una serie di valli secondarie della val Brembana, val Seriana e val Camonica: la Valsassina, la Valtorta, la val Secca, la val Canale, la val Nembo, la val di Scalve e la val Paisco.
Fanno parte delle Prealpi Bergamasche il parco dei Colli di Bergamo, la riserva naturale Valle del Freddo, la riserva naturale Boschi del Giovetto di Palline e il parco delle Grigne.
Il Resegone è una montagna alta 1875 m s.l.m. situata al confine tra la provincia di Bergamo e la provincia di Lecco.
Il nome prende origine dal suo celebre profilo e dall'italianizzazione del termine lombardo resegón (grande sega), dato che, soprattutto se osservate dalla città di Lecco e dalla Brianza, le sue nove punte principali ricordano proprio la lama di una sega. Il suo secondo nome Serrada può significare che chiude (serra) le valli circostanti ma potrebbe derivare pure dallo spagnolo (segata si traduce aserrada e gli spagnoli dominarono qui per quasi 2 secoli). Le cime più rilevanti del Resegone sono:la Punta Cermenati, la Punta Stoppani, la Punta Manzoni, il Dente, la Cima Pozzi, il Pizzo Daina e la Torre di Valnegra.
Il Resegone è una montagna di recente formazione composta per lo più da dolomia, appartenente alla formazione geologica nota come Dolomia Principale, risalente al Triassico Superiore (Norico). Si presenta dal versante di Lecco, aspro e molto scosceso; molto più dolce dal lato della Valle Imagna e della Val Taleggio in Provincia di Bergamo.
Elementari i sentieri da Brumano, Fuipiano e Morterone. Questo versante è inoltre considerato una frequentata via di ascesa scialpinistica.
Il versante lecchese è caratterizzato da alcuni canali che presentano serie difficoltà alpinistiche e che terminano tra le cime delle Creste nord.
La montagna è solcata da numerose vie ferrate tra le quali:
Gamma 1: è una ferrata classificata come moderatamente difficile che permette di raggiungere la vetta del Pizzo d'Erna (che si trova nel gruppo del Resegone) partendo in prossimità del parcheggio della funivia.
Gamma 2: tra le più difficili delle Orobie, è classificata come molto difficile e termina poco distante dal Rifugio Azzoni.
Ferrata del Centenario: importante per essere la più antica della Lombardia.
Nota fino al 1925 come Punta della Croce, venne dedicata a Mario Cermenati dai membri della Società escursionisti lecchesi. Essendo la punta la più alta della montagna, nel 1900 un gruppo di giovani cercò, con scarso successo, di issare una croce in legno sulla sua vetta, la quale ebbe vita breve a causa delle intemperie. Il 16 agosto dello stesso anno, tuttavia, venne inaugurata una croce in metallo, che però durò fino al 1902, distrutta anch'essa da intemperie e vandalismi. Nel 1925 si ebbe la costruzione e l'inaugurazione (31 agosto) definitiva dell'attuale croce, con lo spianamento e l'abbassamento di due metri della vetta. L'altare antistante risale invece al 1981 e venne benedetto dal Cardinale Carlo Maria Martini.
Alessandro Manzoni ne fa menzione in più punti de I promessi sposi. In particolare, la pagina descrittiva che apre il romanzo con il celebre brano Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti,..., così prosegue:
« La costiera, formata dal deposito di tre grossi torrenti, scende appoggiata a due monti contigui, l'uno detto di san Martino, l'altro, con voce lombarda, il Resegone, dai molti suoi cocuzzoli in fila, che in vero lo fanno somigliare a una sega: talché non è chi, al primo vederlo, purché sia di fronte, come per esempio di su le mura di Milano che guardano a settentrione, non lo discerna tosto, a un tal contrassegno, in quella lunga e vasta giogaia, dagli altri monti di nome più oscuro e di forma più comune. »
(I Promessi Sposi, Alessandro Manzoni)
Se Manzoni, che aveva trascorso tutta la sua infanzia ed adolescenza a Lecco, conosceva bene ed amava i suoi monti, il versiliano Giosuè Carducci ne aveva una conoscenza più letteraria, ed è noto il celebre errore geografico che commise ne Il parlamento, che, ambientata a Milano, si chiude con le parole Il sole /ridea calando dietro il Resegone, cosa questa impossibile per un monte sito a nordest del capoluogo lombardo. Per la precisione, il tramonto del sole dietro il Resegone può essere osservato dalla Valle Imagna e dalla Val Taleggio.
Annualmente, in concomitanza con la Sagra di San Giovanni, festa patronale della città di Monza, si svolge la Monza-Resegone, una gara podistica a passo libero, notturna ed a squadre, organizzata dalla Società Alpinisti Monzesi. Il lungo percorso si conclude con il sentiero Pra di Ratt, che porta dall'abitato di Erve alla Capanna Alpinisti Monzesi.
Altra tradizionale manifestazione organizzata dalla SEL (Società Escursionisti Lecchesi) è l'Assalto al Resegone che consiste nel raggiungere il Rifugio L. Azzoni partendo da diverse località. La manifestazione scaturì da un'idea dall’allora presidente SEL, Carlo Villa, che nel 1966 tagliò il nastro della prima edizione. L'obiettivo era quello di portare in cima più gente possibile. La partecipazione all'Assalto al Resegone è libera a tutti e prevede l'assegnazione di punteggio a ogni partecipante secondo la basi di partenza: Versasio, piazzale partenza funivia per Erna; Erna, piazzale arrivo funivia; Morterone, inizio mulattiera; Brumano, piazzale della chiesa; Erve, inizio mulattiera per rifugio Monza. La società o associazione che avrà raggiunto il maggior punteggio, conquisterà il Trofeo Resegone.
Dal 2010 si disputa anche la gara di trail running ResegUp, con partenza da Centro Lecco, lungolago, passaggio in vetta al Resegone (1875 m) e ritorno in centro città con arrivo in Piazza Cermenati. Si copre una distanza di 24 km circa e un dislivello di 1800 metri.
Il Gruppo delle Grigne è un massiccio montuoso alpino in provincia di Lecco.
Il massiccio è formato principalmente da tre cime di roccia prevalentemente calcarea:
la Grigna, detta anche Grignone o Grigna settentrionale, conosciuta un tempo come monte Coden
la Grignetta, detta anche Grigna meridionale
il Coltiglione.
Secondo un'altra teoria "grigna" sarebbe il sostantivo legato al verbo "grignare", che significa «ridere in modo sarcastico, facendo una smorfia, restando con la bocca spalancata» e si riferirebbe per estensione alle numerose caverne del gruppo.
Il gruppo si colloca in provincia di Lecco e subito ad oriente del Lago di Como.
La Valsassina a est separa il gruppo dalle Alpi Orobie e dal Resegone; a sud lo delimita la città di Lecco e ad ovest gli fa da confine il ramo lecchese del Lario.
La Grigna si trova in una posizione particolare, essendo lambita dalla Pianura Padana a Sud e dal Lago di Lecco a Ovest.
D'estate, quindi, mentre in pianura vi è sereno, le correnti caldo-umide qui create si dirigono a Nord verso le Alpi causano spesso temporali sulla Grigna, mentre in inverno i venti liberano queste cime per portare le nuvole verso la pianura a Sud.
Concorrono ad arricchire la variabilità climatica i venti tipici del lago di Como-Lecco, tra i quali i quotidiani Breva, serotino, da sud a nord, e Tivan, mattutino, da nord a sud. Questi due venti portano bel tempo. Quando invece si alzano altri tipi di vento, il tempo facilmente si guasta. Ricordiamo l'Argegnino, il Menaggino, il Garzeno, la Bergamasca, il Bellanasco, il Ventone e naturalmente il Foehn.
Le precipitazioni variano dai 1800 ai 2000 mm l'anno, soprattutto sui versanti esposti al lago e alla pianura padana, e sono concentrate nei mesi primaverili.
Una canzone ci racconta il rapporto tra l'alpinista e la Grigna. Attraverso la metafora dell'amante (lo scalatore) e la crudele amata (la montagna Grigna) si canta di quanti sono morti (Avere te voglio, o morire) nel tentativo di scalare questa bassa ma ferigna montagna.
La Grigna era una crudele guerriera, che fece uccidere da una sua sentinella un cavaliere venuto a manifestare il suo amore per lei. La guerriera fu da un pietoso Dio trasformata in montagna, il Grignone, mentre la sentinella che obbedì al comando divenne la Grignetta.
In effetti i morti sulla Grigna sono molti, circa dieci all'anno, soprattutto concentrati in primavera, quando, per lo scioglimento delle nevi, i tragitti (rocce o tratti erbosi) sono ancora scivolosi. Il periodo migliore per avvicinarsi alla Grigna è infatti l'autunno.
La Grigna è la vetta più alta del gruppo delle Grigne; la vetta massima raggiunge i 2410 m s.l.m. e, appena sotto, ospita il Rifugio Brioschi, uno dei rifugi storici delle Prealpi lombarde, di proprietà del CAI di Milano.
La montagna è essenzialmente composta da tre versanti: il sud-occidentale - il più scosceso e alpinisticamente interessante, che scende verso la sponda est del Lago di Como - l'orientale - erboso e boscoso, che digrada regolare verso la Valsassina - e quello settentrionale che forma una grande conca di natura glaciale (Moncodeno) abbassandosi verso il Passo del Cainallo e la zona di Esino Lario, versante molto noto in ambito speleologico per la gran quantità di cavità e abissi, alcuni dei quali di notevole profondità come il "Complesso del Releccio", che rappresenta il secondo sistema carsico più profondo d'Italia.
La via normale di salita è sul versante orientale, ed ha inizio a Pasturo.
Nel campo alpinistico la Grigna è conosciuta per le arrampicate al "Sasso Cavallo", che nella parete sud contiene vie fino a 500 metri. Tra queste le più famose sono la "via del Det", la "Cassin", la "via della Luna", l'"altra faccia della Luna", "10 piani di morbidezza", "Ibis" e "Cavallo Pazzo".
In occasione di giornate limpide, la Grigna è visibile da tutta la pianura padana lombarda per via della posizione e dell'altezza.
Nel campo speleologico la Grigna è nota invece per i suoi abissi, che sono tra i più profondi d'Italia e raggiungono i -1313 m (Complesso del Releccio). L'acqua che percorre queste grotte costituisce la sorgente del Fiumelatte, situata a 8 km di distanza, nel comune di Varenna.
Rinomatissimo è il panorama che si può godere dalla vetta, per il suo relativo isolamento e per la distanza da altre vette di simile o maggiore altezza: comprende l'intero arco alpino nord-occidentale, l'Oberland Bernese, il Cervino, molto bene è possibile vedere il Monte Rosa fino alle vette interne svizzere e alle catene montuose di confine con il Triveneto. In caso di giornata ventosa capita di avvistare persino il Duomo di Milano.
Oltre al rifugio Luigi Brioschi posto sulla vetta, ci sono altri rifugi: il rifugio Bietti, riaperto di recente e di proprietà del CAI di Mandello nella valle di Releccio a 1719 metri s.l.m. gestito dalla famiglia Nogara. Il Rifugio Arnaldo Bogani, del CAI di Monza a 1816 metri s.l.m. che si trova sul versante nord sotto la zona del Bregai sopra l'"Alpe di Moncodeno" nel comune di Esino Lario.
Il rifugio Elisa in val Meria, sopra Mandello a 1515 metri s.l.m. di proprietà del CAI di Mandello, gestito da Valerio Lafranconi. Il Rifugio Pialeral, nel versante valsassinese. Sono poi presenti dei bivacchi come il Merlini, alla bocchetta della bassa, il baitello del Manavello, in particolare.
La Grignetta o Grigna meridionale o Grigna di Campione è una montagna alta 2177 m (secondo altre fonti 2184 m).
Di forma piuttosto regolare, è sostanzialmente composta da due versanti: uno meridionale (che si affaccia sulla conca dei Piani Resinelli e su Lecco), uno settentrionale (meno sviluppato, che si raccorda col Grignone). I due versanti sono separati da altrettante e ben determinate creste: ad ovest la cresta Segantini, ad est la cresta Sinigaglia. La morfologia ne palesa bene la natura geologica calcarea e l'origine marina è testimoniata anche dalla buona presenza di fossili nelle sue rocce.
Di fama alpinistica celeberrima e internazionale, attira in ogni stagione molti alpinisti che salgono gli innumerevoli torrioni, monoliti, guglie e pinnacoli di cui è composta, divenendo negli anni palestra d'arrampicata preferita di grandi nomi dell'alpinismo mondiale come Emilio Comici, Riccardo Cassin, Walter Bonatti, i quali tracciarono vie di roccia ritenute oggi "classiche".
Dalla vetta si gode un panorama notevole, molto aperto soprattutto sulla Pianura Padana e soltanto chiuso verso nord dalla vicina mole della Grigna settentrionale.
Dal Canalone Porta nasce il torrente Grigna che, dirigendosi a sud, confluisce nel Caldone che sbocca a Lecco.
La cresta Cermenati rappresenta la via normale di salita, ha inizio dai Piani Resinelli e percorre la poco marcata cresta presente sul versante meridionale con qualche elementare passaggio roccioso.
Il sentiero Cecilia si sviluppa sul versante sudoccidentale e collega il rifugio Rosalba alla vetta; presenta alcuni tratti attrezzati con catene.
La cresta Segantini collega il colle Valsecchi alla vetta e presenta difficoltà di III grado.
La cresta Sinigaglia si sviluppa sul versante sud-orientale, partendo dal rifugio Porta.
La traversata alta collega la vetta della Grignetta alla vetta del Grignone lungo il versante settentrionale.
Dalla vetta del Pilastro si dipartono quattro creste dirette approssimativamente verso ciascuna delle direzioni intermedie ai quattro punti cardinali.
La cresta che si dirige a sud-est collega il monte Pilastro con il monte Belvedere e i Tre Sassi e quindi con il corpo principale della Grigna settentrionale.
La cresta di nord-est, superato il passo di Cainello, porta alle cime dei Pizzi di Parlasco.
La cresta di nord-ovest si protende nella val d'Esino, di cui rappresenta il punto di massima elevazione, definendo lo spartiacque tra le due sottovalli, la val Vigna sul versante nord e la valle Ontragno su quello ovest. La cresta è caratterizzata dal monte Croce che con i suoi 1 780 m s.l.m. costituisce un avancorpo del monte Pilastro.
La cresta di sud-ovest, attraverso la cima di Eghen e la bocchetta di Calivazzo, congiunge il Pilastro con la costiera del monte Palagia.
Oltre alle valli Vigna e Ontragno, le creste del Pilastro delimitano verso est la valle dei Molini, una valle minore della Valsassina, e verso sud la val di Prada da cui si può discendere, attraverso altre valli, fino a Mandello del Lario.
La Concarena è un massiccio montuoso che raggiunge l'altezza massima di 2.549 m s.l.m. nella Cima della Bacchetta.
La Concarena costituisce il gruppo montuoso più elevato della dorsale calcareo-dolomitica che separa la media Valle Camonica dalla Valle di Scalve. La Concarena è situata all'estremità nord-orientale di questa dorsale, che è invece chiusa a sud-ovest dal Pizzo Camino: i limiti del massiccio sono a sud la piccola Valle di Lozio, ad est il solco principale della Valle Camonica, a nord la valle del torrente Clegna. I confini occidentali della Concarena sono invece incerti, in quanto potrebbe essere considerato parte del gruppo anche il Cimone della Bagozza (2407 m) fissando pertanto il limite al Passo di Valzellazzo (2077 m). Ad ogni modo il limite della Concarena propriamente detta è il Passo di Baione (2163 m).
Dal punto di vista amministrativo, gran parte del massiccio è compreso nel territorio della provincia di Brescia. I contrafforti nord-occidentali della montagna ricadono però in territorio scalvino, quindi in provincia di Bergamo. I comuni che si dividono l'area montuosa della Concarena sono Lozio, Cerveno, Losine, Ono San Pietro e Capo di Ponte per quanto riguarda il settore camuno, il solo comune di Schilpario nel ristretto settore bergamasco.
La vetta culminante della Concarena è la Cima della Bacchetta (2549 m). Numerose altre cime superano i 2000 metri di quota: la Cima dei Ladrinai (2403 m), il Monte Vaccio (2338 m) e il Corno del Dente (2303 m) sono le principali.
La Concarena è una montagna suggestiva e imponente: visibile, nelle giornate terse, sin dalla Val Padana, incombe sul fondovalle della media Valle Camonica con un dislivello di circa 2200 metri in poco più di 5 chilometri. La conformazione della montagna è quella tipica derivata dalle caratteristiche della roccia, che è una varietà di calcare appartenente alla cosiddetta formazione del Calcare di Esino: pareti verticali, profondi canali e stretti camini caratterizzano l'affilata cresta rocciosa che si innalza nelle varie cime. Tali caratteristiche sono comuni ad altri massicci delle Prealpi Bergamasche (Grigne, Pizzo Arera, Pizzo della Presolana e Pizzo Camino), che non a caso si collocano alla medesima latitudine e dei quali la Concarena è il più elevato.
La formazione delle rocce carbonatiche che compongono l'intero gruppo montuoso iniziò sul fondo di un antico mare, la Tetide, circa 225 milioni di anni or sono, pertanto in piena epoca triassica. In questa fase si verificò una proliferazione di organismi marini, in particolare alghe calcaree e coralli, i quali andarono a costituire una serie di piattaforme carbonatiche, simili alle attuali barriere coralline, caratterizzate da bassa profondità delle acque e in parte emergenti dalla superficie del mare, in modo analogo a quanto si può verificare oggi nella piattaforma delle isole Bahamas (Oceano Atlantico).
I bastioni rocciosi della Concarena, come quelli dell'antistante Pizzo Badile Camuno, sono appunto costituiti da sedimenti di piattaforma, ora smembrati, che subirono durante l'orogenesi alpina (iniziata nel Cretaceo), un notevole processo di fratturazione, deformazione e sollevamento.
I camini gelidi sono fessure da cui filtra aria fredda in anfratti rocciosi, fenomeno tipico del territorio della Concarena: le manifestazioni più significative di esso, grazie al clima gelido, si notano lungo il sentiero che porta al Laghetto di Nuadè e a Tamba del Giass. Fra le teorie proposte dai vari studiosi sulla "flora dei camini gelidi", c'è quella che vedrebbe l'origine del vento gelido in depositi di neve sotterranei.
Il gruppo della Concarena, come peraltro gran parte dell'area montuosa di cui fa parte, è povero di strutture di supporto all'alpinista e all'escursionista.
L'unico rifugio gestito è il Rifugio Baita Iseo, di proprietà Club Alpino Italiano e situato ai piedi delle pareti nord-orientali della montagna, a 1335 metri di quota sopra l'abitato di Ono San Pietro. Il rifugio è raggiungibile sia a piedi, sia in fuoristrada.
In alta Val Baione, a 2016 metri sopra il livello del mare, è collocato invece il Bivacco Val Baione.
La Presolana è un massiccio montuoso che raggiunge un'altitudine massima di 2.521 m s.l.m.
ed è situato completamente in provincia di Bergamo, fra la Val Seriana (comuni di Castione della Presolana, Rovetta e Oltressenda Alta) e la Valle di Scalve (comuni di Colere e Vilminore di Scalve).
Fin dalla metà dell'Ottocento il massiccio ha attratto alcuni dei più importanti nomi dell'alpinismo italiano. Situato a metà cammino tra la Pianura Padana e le Alpi Retiche occidentali, il Pizzo della Presolana presenta alcuni dei più ricchi giacimenti minerari e fossili delle Alpi.
Numerose sono le versioni che vorrebbero fornire il nome di questa montagna, e molte hanno uno sfondo leggendario. La più suggestiva deriverebbe dall’espressione latina “Presa-Alana”, con riferimento ad una battaglia che vide la sconfitta del popolo degli Alani ad opera dei Romani (o in un’altra versione per mano di Carlo Magno) proprio in quella zona. Si dice che fu un’immensa carneficina, tanto che alla valle in cui accaddero questi scontri, prima chiamata Valle Decia, venne cambiato nome in Calve (attualmente Valle di Scalve) a causa “della calvarie d’ossa spolpate avanzate al grande macello”.
Sempre secondo la leggenda si dice che, nelle notti di tempesta, gli spiriti degli Alani vaghino ancora tra le rocce di questa montagna. Altre leggende vedono coinvolti folletti, spiriti e splendide fanciulle, ma la versione più credibile resta quella più recente, secondo la quale il nome Presolana deriverebbe dal dialetto praizzöla (in italiano “praticciolo”) per via dei piccoli prati presenti sulle proprie pendici.
È un imponente blocco calcareo solcato da canaloni e circondato da guglie e torrioni.
Le cime principali, costituite da roccia calcarea, formano una catena che, andando da ovest ad est, comprende la Presolana di Castione (2.474 m), la Presolana Occidentale (la più elevata, 2.521 m), la Presolana del Prato (2.447 m), la Presolana Centrale (2.517 m), la Presolana Orientale (2.490 m) ed il Monte Visolo (2.369 m).
Il versante meridionale (verso Castione della Presolana e le sue frazioni, ed in particolare verso il Passo della Presolana) è relativamente dolce, mentre quello settentrionale è alquanto verticale e sovrasta imponente l'abitato di Colere.
Dal punto di vista alpinistico la Presolana è probabilmente la più importante montagna della provincia di Bergamo, per quanto non sia la più elevata (distinzione che spetta al Pizzo Coca, che raggiunge i 3.050 m) e nonostante il fatto che la via normale di salita sia relativamente semplice.
Il motivo è legato al gran numero di vie di arrampicata (spesso estremamente difficoltose) che ne percorrono le pareti ed anche alla quota relativamente bassa che facilita l'accesso anche in stagione non buonissima. La vetta dell'Occidentale fu raggiunta per la prima volta da Carlo Medici, Federico Frizzoni e Antonio Curò (fondatore della sezione bergamasca del CAI) il 4 ottobre 1870.
Alle sue pendici si trovano gli impianti di risalita per sport invernali (in particolare lo sci da discesa) di Colere e del Passo della Presolana ed i paesi circostanti sono località turistiche di una certa importanza.
Sono numerosi i sentieri che solcano la Presolana. Uno dei più importanti è il Periplo della Presolana, completato pochi anni fa dalla sezione del CAI di Clusone. Si tratta di un sentiero piuttosto impegnativo, ma anche molto suggestivo, in quanto permette la visione di panorami sulle valli contigue mozzafiato. Unisce il Rifugio Olmo (posto sul versante sud della montagna), con il Rifugio Albani sul versante nord.
La Presolana è inoltre attraversata dal Sentiero delle Orobie, un lungo percorso (circa 85 chilometri) suddiviso in 7 tappe che tocca altrettanti rifugi delle Orobie Orientali; la Presolana ne viene attraversata nell'ultimo tratto che porta dal Rifugio Albani al Passo della Presolana (1297m).
Considerata l'importanza sia alpinistica che escursionistica del massiccio, sono presenti in buona quantità dei rifugi.
Il pizzo Arera, alto 2.512 m s.l.m., è una montagna situata lungo il crinale che separa la val Brembana dalla val Seriana.
Lungo detto crinale, da nord a sud, si trovano in ordine i seguenti monti: il pizzo del Diavolo di Tenda, il Diavolino, il pizzo Poris, il monte Grabiasca, il monte Madonnino, il monte Cabianca, il monte Valrossa, il monte dei Frati, il monte Aviasco, il pizzo Farno, il monte Corte, il monte delle Galline, il corno Branchino, la Corna Piana, il pizzo Arera, il monte Alben e il Canto Alto.
È accessibile sia da nord che da sud, e la via più breve per raggiungerlo parte a sud del monte, dalla località Zambla Alta. Il panorama dalla vetta spazia soprattutto in direzione sud e verso la val Brembana.
Di grande interesse il patrimonio sotterraneo dell'Arera, comprendente estesi sistemi di miniere dismesse e i due più profondi abissi naturali di origine carsica della provincia di Bergamo: abisso La Dolce Vita (dislivello 485 metri) e abisso dei due Increduli (dislivello 635 metri). Le esplorazioni speleologiche sono in costante evoluzione e le scoperte si susseguono da anni.
Il Pizzo Camino è una montagna alta 2492 m. appartente alla dorsale montuosa che separa l'alta Val di Scalve dalla media Valle Camonica, assieme alla Concarena e al Cimone della Bagozza. Il versante settentrionale e il versante occidentale appartengono, dal punto di vista amministrativo, alla provincia di Bergamo, mentre il versante meridionale e il versante orientale alla provincia di Brescia. Il confine tra le due province coincide, salvo una piccola eccezione, con il crinale della montagna.
Dalla vetta principale si staccano alcune dorsali secondarie che culminano in cime minori. A nord-est, dal Passo di Varicla (2097 m), la linea di cresta sale sino alla vetta del Monte Sossino (2398 m), per poi abbassarsi sotto i 2000 metri al Passo di Ezendola (1974 m). A sud invece il crinale rimane al di sopra dei 2200 metri. La Cima Mòren (2418 m), seconda vetta del gruppo per altezza, domina il centro abitato di Borno. La linea di cresta si abbassa al Goletto del Moren (2200 m), piegando decisamente verso ovest e innalzandosi per l'ultima volta nella Corna di San Fermo (2329 m), sopra il Passo di Croce di Salven. Ad ovest della Corna di San Fermo, la quota diminuisce progressivamente, sino al Passo del Giovetto di Paline (1275 m).
Il Pizzo Camino fa parte della serie di rilievi posti a sud della catena principale delle Alpi Orobie, in una situazione simile a quella di altre vette più conosciute, le Grigne e la Presolana, che si trovano tutte più o meno alla medesima latitudine. Si tratta di montagne dalle forme ardite e spettacolari, con pareti ripidissime, talvolta verticali, simili ai rilievi dolomitici.
In particolare, la sommità del Pizzo Camino è costituita da rocce di natura calcarea, appartenenti alla cosiddetta formazione del Calcare di Esino, frutto della trasformazione chimica dei sedimenti depositatisi sul fondo di un antico mare (la Tetide) nel Triassico medio.
I più dolci pendii basali sono invece di natura argillo-marnosa e calcareo-marnosa, risalenti comunque al periodo Triassico. Ben più tenere del calcare e facilmente erodibili, queste rocce hanno in prevalenza una struttura stratiforme.
I pendii alle quote più basse, sino ai fondivalle, si presentano ricoperti da depositi di origine glaciale. Durante le numerose fasi glaciali, il Pizzo Camino fu interessato da un'intensa azione di modellazione da parte degli antichi ghiacciai, alla quale si deve la formazione dei due grandi catini dei Fopponi (versante ovest) e della Val di Moren (versante sud). Oggi, il Pizzo Camino è completamente privo sia di ghiacciai (gli ultimi sono scomparsi circa 8000 anni fa), sia di nevai permanenti. Tuttavia non è raro che, nel caso di stagioni estive non particolarmente calde, alcuni depositi di neve residua possano resistere in zone non esposte al sole sino all'inizio dell'autunno.
Il monte Ferrante è una montagna alta 2.427 m s.l.m. formata principalmente da rocce calcaree che si erge lungo il crinale che separa l'alta valle Seriana dalla val di Scalve. La cresta che divide le due valli parte dal pizzo dei Tre Confini e corre in direzione sud-ovest formando il monte Sasna, il passo della Manina, il monte Sponda Vaga, il monte Barbarossa, il pizzo di Petto, il monte vigna Vaga, il monte Ferrante, il passo di Scagnello e il pizzo della Presolana.
Poco più a sud del Ferrante si leva dalla cresta il monte Ferrantino (2325 m). Il passo degli Omini ad ovest lo separa dalla cima di Timogno, che sovrasta gli spiazzi di Gromo.
Dalla cima del Ferrante si possono ammirare, a nord, il pizzo di Petto (2270 m), il Vigna Vaga (2332 m) e le cime più elevate delle Orobie, tra cui il monte Gleno (2882 m) e il Recastello (2886m).
Il Ferrante sovrasta le piste da sci di Colere, situate lungo i pendii che si estendono sul versante est del crinale tra monte Ferrante e massiccio della Presolana.
Il Cimone della Bagozza è una montagna di 2407 metri. ed è una vetta piuttosto appariscente che si innalza tra l'alta Val di Scalve e la valle di Lozio, breve ramo laterale della Valle Camonica, sulla dorsale che comprende anche il Pizzo Camino e che culmina nel gruppo montuoso della Concarena, all'estremità orientale. Il versante meridionale della montagna fa parte, dal punto di vista amministrativo, della Provincia di Brescia, mentre il versante settentrionale è interamente in Provincia di Bergamo.
La vetta del Cimone della Bagozza è costituita da rocce calcaree risalenti al Triassico che danno luogo a pendii ripidi e pareti verticali. La disposizione degli strati rocciosi, che non sono disposti orizzontalmente bensì inclinati, dà luogo a una certa asimmetria nella conformazione dei due versanti, quello settentrionale che domina la val di Scalve e quello meridionale, rivolto verso la valle di Lozio. A nord infatti la montagna precipita con pareti verticali, intercalate da impervi ghiaioni, che conferiscono al rilievo tipiche caratteristiche dolomitiche. A sud, i versanti sono comunque decisamente scoscesi, ma meno ripidi e parzialmente ricoperti da vegetazione erbosa.
Esiste un solo rifugio di supporto a quanti vogliano salire il Cimone della Bagozza o comunque avvicinarsi alle sue pareti settentrionali. Si tratta del Rifugio Cimone della Bagozza, situato lungo la ex Strada Statale 294 circa 8 km a monte di Schilpario in località Cimalbosco (Somalbosc, 1550 m), e quindi raggiungibile in automobile. Il rifugio, di proprietà e gestione private, è aperto tutto l'anno.
La Cima del Fop alta 2.322 m s.l.m. è una montagna posta in Val Seriana e funge da spartiacque tra la Valcanale e la valle Dossana, è la seconda cima per altezza di una catena delle Prealpi Bergamasche Centrali che dalla Cima Vaccaro (1957 m) porta al monte Secco (2.266 m) e quindi appunto alla Cima del Fop. Continuando tramite il passo del Re si giunge alla Cima di Valmora (2.198 m) ed infine al Pizzo Arera, la cima principale del gruppo con i suoi 2.512 m di altezza.
Come tutta la catena, è composto principalmente da calcari molto duri di origine oceanica. Tale ipotesi è confermata dalla notevole presenza di fossili in questa zona della Valle Seriana. Lo stesso massiccio della Presolana (2.521 m), che ha avuto la stessa origine e si trova a poca distanza, nasconde notevoli quantità di fossili nelle sue pendici.
Per la sua imponenza e il relativo isolamento da altri grandi gruppi, la montagna è visibile da gran parte della Alta Val Seriana e, insieme al vicino monte Secco, domina sugli abitati di Ponte Nossa, Parre e Clusone a sud dove discende dolcemente, mentre scende con una ripida parete rocciosa sulla Valcanale a nord.
Sulle pendici della Cima e dei monti circostanti si adagiano numerosi rifugi, tra i quali il rifugio Santamaria in Leten, proprio sotto la cima, e il Rifugio Vaccaro. Inoltre, è attraversato da numerosi sentieri, molti dei quali segnalati dal CAI; tra i più importanti, il giro dell'Alto Serio e il Sentiero dei Fiori, un interessantissimo percorso botanico.
Il notevole sviluppo in verticale della montagna fa sì che la vegetazione sia estremamente variegata: si passa quindi da faggeti a pinete, senza dimenticare le ampie distese erbose che vengono solcate da greggi di pecore guidate dai pastori della zona.
La Corna Piana è una montagna alta 2.302 m. ed è situata a cavallo tra la Val Brembana e la Val Seriana. La sommità è formata da una cresta sulla quale spiccano le due vette che si trovano una all'estremità est e l'altra, la più alta, a ovest. La cima est raggiunge i 2.226 m. s.l.m., mentre quella ovest è alta 2302 m.
A sud della Corna Piana è situato il Pizzo Arera, mentre a nord una lunga e sottile cresta la collega al Corno Branchino e, più a nord, al Monte delle Galline. Un avvallamento formatosi tra il rilievo della Corna Piana e il Corno Branchino ospita il Lago Branchino, laghetto alpino di modeste dimensioni alimentato dallo scioglimento delle nevi e dall'acqua piovana.
La Cima di Menna (2.300 m s.l.m.) è una montagna situata in Val Brembana, è inclusa in un piccolo massiccio che comprende anche la Cima di Pizzo, è raggiungibile dal passo di Menna, piccolo valico posto ad un'altezza di 2.005 m s.l.m., presso il quale è presente il bivacco M.A.G.A., spesso utilizzato dagli escursionisti come punto d'appoggio.
Il Monte Secco (2.267 m s.l.m.) è una montagna posta in Val Seriana e funge da spartiacque tra la Valcanale e la valle Dossana, e che attraverso la Cima del Fop e la Cima Valmora, culmina con il Pizzo Arera (2512 m.s.l.m.).
Scoscesa montagna calcarea, orograficamente imponente, soprattutto nel suo versante nord-est, da Rizzoli nella Valcanale che, con 1040 metri di dislivello dall’attacco, risulta la più alta parete delle Alpi bergamasche. Fu scalata per la prima volta da G.B. Cortinovis ed E. Corio nel luglio del 1931.
Presenta due cime, una a est, detta monte Secco di Clusone (2216 m.s.l.m.), sormontata da una croce e, ad ovest, la cima principale (2267 m.s.l.m.). Sotto le sue vertiginose pareti, nella cosiddetta Val Las, tra i 1000 e i 1100 m di quota, si trova uno dei nevai più bassi di tutte le Alpi, conosciuto tra gli abitanti della zona (Ardesio – Valcanale), come il Gias del Secco.
Il monte Alben, alto 2019 m s.l.m., è situato lungo il crinale che separa la valle Brembana dalla valle Seriana, ed è formato alla sommità da una cresta che si allunga da est a ovest, e la vetta più elevata si trova sul lato est.
Il monte Pora è un massiccio alto 1880 m. raggiungibile tramite una strada che da Castione della Presolana porta alle Malghe di Pora (Malga bassa di Pora: 1312 m, Malga alta di Pora: 1489 m). La strada è solitamente aperta anche nel periodo invernale, ma viene chiusa in caso di forti nevicate.
È situato tra l'Alta val Seriana, precisamente nella val Borlezza (il cui omonimo torrente nasce proprio dalle pendici del Pora), e la val Camonica. Segna il confine tra le province di Brescia e Bergamo.
Presenta due versanti molto diversi tra di loro: quello est, che domina la sottostante Val Camonica, è molto ripido e impervio, mentre il versante ovest è più dolce, ed ospita la stazione sciisitica omonima. È il punto più elevato della catena che chiude a sud l'altopiano di Castione della Presolana, di cui fanno parte il monte Scanapà (1669 m), il monte Lantana (1615 m), il monte Pora e il monte Alto (1721 m).
Dalla cima è possibile godere di un panorama di ampio respiro: a nord l'imponente parete sud della Presolana con l'omonima conca, lo Scanapà e la testata della val di Scalve, a nord-est l'ampia dorsale del pizzo Camino e della cima Moren, ad est il monte Altissimo che domina su Borno, a sud la val Camonica con i comuni di Angolo Terme, Darfo, nonché il lago d'Iseo. Nelle giornate più terse è possibile vedere la catena appenninica. Se invece si volge lo sguardo a ovest, ci imbattiamo nella catena del Pizzo Formico e, più in là, il pizzo Arera, la cima del Fop e il monte Secco; a nord ovest, invece si ammirano i giganti delle Orobie, cioè la dorsale che fa da spartiacque con la Valtellina e che annovera monti di altezze superiori ai 3.000 m (pizzo Coca, 3050 m; pizzo Scais, 3037 m).
Il Pora è solcato da numerose valli, tra le quali: valle di Frucc, che giunge sino a Onore (con il nome di val Righenzolo), la valle di Vareno, che si congiunge con la valle di Pora a formare la valle di Tede, un'ampia depressione fluviale, solcata dal torrente Gera (che in molti punti si inabissa), una volta raggiunto il territorio il torrente cambia nome in Valleggia per poi cambiarlo di nuova in Borlezza all'altezza di Cerete; tutte queste valli sono tributarie dell'altopiano di Castione della Presolana. Le valli più importanti che confluiscono in val Camonica sono la val di Se e la valle dell'Orso.
Ai piedi del massiccio giacciono i comuni di Castione della Presolana, in Onore; Angolo Terme e Rogno in val Camonica - val d'Angolo.
Il monte Pora è meta nel periodo invernale di numerosi sciatori e snowboarder, che sfruttano gli otto impianti di risalita e gli oltre trenta chilometri di piste che presentano un medio grado di difficoltà. Gli impianti sono costituiti da quattro seggiovie, tre skilift e un tappeto, mentre le piste si suddividono in undici rosse (media difficoltà), una nera (alta difficoltà), sei blu (bassa difficoltà) e una rossa-blu. La pista nera è omologata FISI, e nel 2005 è stata protagonista di una gara valida per il campionato nazionale di sci.
In estate il monte Pora è invece meta di escursionisti e ciclisti, che si cimentrano sia sulle strade che hanno ospitato il Giro d'Italia, come il passo della Presolana, oppure sui numerosi sterrati percorribili in mountain bike. La stessa salita che porta alle Malghe di Pora è frequentata da numerosi ciclisti, e vide l'arrivo della diciannovesima tappa del Giro d'Italia 2008, con la vittoria di Vasil' Kiryenka davanti a Danilo Di Luca e Aleksandr Efimkin.
In tutte le stagioni il monte Scanapà offre anche una terrazza naturale appositamente attrezzata (manichetta a vento e pedana) per il decollo di parapendii e deltaplani, con campo d'atterraggio attrezzato (sulla destra della pista artificiale di bob) e possibilità di risalita in seggiovia (regolamentata a seconda del periodo) in località Donico.
Il Monte Zucco è una montagna alta 1.232 m che si trova nella parte sud del Gruppo del Sornadello. Sorge sulla destra orografica del fiume Brembo in Val Brembana, nel comune di San Pellegrino Terme (provincia di Bergamo).
Come la quasi totalità delle Prealpi lungo l'arco alpino, il Monte Zucco è un rilievo montuoso di natura sedimentaria. Predominano le rocce carbonatiche, tra cui calcari e, in minori proporzioni, dolomie. La conformazione calcarea della media e bassa Val Brembana è testimoniata dalla presenza di numerose grotte carsiche, alcune delle quali sono risultate determinanti in epoca preistorica per l'insediamento umano e per il ricovero degli animali. Nelle strette vicinanze del Monte Zucco, in località Vetta, vanno segnalate le Grotte del Sogno, che si sviluppano in verticale lungo un percorso di circa 200 m di lunghezza. Scoperte nel 1931 ed aperte al pubblico l'anno seguente, vennero abbandonate all'inizio degli anni ottanta, fino alla riapertura nel luglio 2011.
Era usanza che il lunedì di Pasqua gruppi di persone salissero sul Monte Zucco per trascorere una giornata di festa, raggiungendo un vasto pianoro prativo in prossimità della vetta (località Foppi). In quell'occasione veniva innalzata una croce composta da semplici legni incrociati. Durante il resto dell'anno altri piccoli gruppi di giovani della zona salivano sul monte a sistemare, oppure a sostituire, quella fragile croce che con il primo temporale finiva spesso con il cadere a terra. Era usanza che nessuno sostituisse la croce esistente finché quella precedente fosse ancora in piedi, a meno che si decidesse di sostituirla con una più grande. Capitava anche di vedere sulla montagna due croci contemporaneamente, la più grande sulla sommità, la più piccola in basso, portando spesso ad una sorta di competizione tra i gruppi di quartiere. Nel 1963, in primavera, un gruppo di giovani decise di installare sul monte una croce più solida, grande e duratura e che, soprattutto, rappresentasse l'intera comunità. Fu questo, si può dire, l'atto di nascita del Gruppo Escursionisti San Pellegrino (G.E.S.P.), ufficializzato poi nel 1964. Un primo tentativo di costruire la croce fallì, non essendosi trovato in luogo il materiale adatto ad una croce stabile. Si decise allora di costruirla in ferro, quella che ancora oggi domina San Pellegrino Terme. L'inaugurazione avvenne nel 1965.
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