L'edificio primitivo della Chiesa Parrocchiale di Santo Stefano Protomartire, in forme romaniche, venne innalzato all'estremità del paese al termine della corona di case, che costituivano un ampio ed alto anfiteatro verso la Valceresio.
La chiesa fu ampliata nel XV secolo fino a raggiungere le attuali dimensioni: tre ampie navate, suddivise in quattro campate, delimitate agli estremi da sei colonne monolitiche in pietra di Saltrio e sormontate da capitelli.
L'intervento che segnò maggiormente la struttura dell'edificio, fu la trasformazione tardo-cinquecentesca a cura dell'architetto viggiutese Martino Longhi 'il vecchio', il quale ne realizzò la facciata con l'ampio portico ed il campanile dall'imponente mole, che raggiunge l'altezza di 45 metri.
La chiesa, ormai definita nelle sue forme rinascimentali, veniva successivamente abbellita lungo il lato sinistro da alcune cappelle.
All'inizio della navata sinistra si incontra la cappella seicentesca intitolata a San Giovanni Battista e Sant'Orsola.
Nell'architettura sono chiarissimi i segni caratteristici del manierismo lombardo.
L'altare, eretto nel 1763, inquadra una tela seicentesca che raffigura l'Assunzione in cielo di Maria tra i santi: Giovanni Battista e Orsola in primo piano, cui fanno da sfondo Santa Caterina e Sant'Apollonia sulla destra, San Lorenzo e San Sebastiano sulla sinistra; in basso a sinistra si può vedere il ritratto di Sebastiano Longhi, committente della tela.
Significative, poi, anche le tele del morazzoniano Isidoro Bianchi, che ornano le pareti laterali della cappella: a sinistra il martirio di S. Orsola, a destra la decollazione del Battista.
Nelle lunette della volta vengono riproposte, ad affresco, le scene dei martiri dei santi cui è dedicata la cappella. La volta con ricchi stucchi seicenteschi, ha al centro un immagine a rilievo del Padre Eterno.
Proseguendo verso l'altare maggiore si trova la settecentesca cappella della Madonna del Carmelo; l'altare, in marmi policromi, realizzato su disegno dell'architetto viggiutese Carlo Maria Giudici, conserva, oltre alla statua lignea della "Madonna del Carmelo", altre due statue lignee del XVII secolo, dedicate a San Francesco ed a Santa Caterina egiziaca.
Alle pareti tele d'autore ignoto con a sinistra la nascita della Madonna e a destra la nascita del Messia; nella volta scene relative alla vita di Maria: a sinistra la presentazione di Maria al tempio, a destra, lo sposalizio della Vergine.
Nella cappella del Santo Cuore, in origine dedicata a Santa Caterina d'Alessandria,c'è un altare del 1780, opera del viggiutese Stefano Argenti, su disegno dell'architetto Gabriele Longhi. La statua del S. Cuore, in marmo di Carrara, è opera novecentesca dello scultore Luigi Bottinelli; la parete di sinistra reca un affresco con le nozze mistiche di Santa Caterina.
La navata di sinistra termina con l'altare del Crocifisso, con l'ancona eseguita nel 1727, da Onorato Buzzi e ornata sulla sommità da putti e sudario, opera di Elia Vincenzo Buzzi.
L'altare maggiore, in mezzo all'ampio presbiterio, risale alla prima metà del Settecento (1737-1739) ed è opera di Giovan Battista Giudici.
A destra dell'altare maggiore sorge il settecentesco altare dedicato a San Giuseppe, in origine dedicato a San Rocco, della cui struttura architettonica fanno parte due angioletti, opera del noto scultore viggiutese Elia Vincenzo Buzzi.
Sulla parete della navata destra si trova l'altare dedicato all'Annunciazione che fu realizzato nel 1764, su disegno di Carlo Maria Giudici, è sormontato da una tela, donata dal noto architetto viggiutese, Flaminio Ponzio, rappresenta "l'Annunciazione a Maria Vergine" tra angeli cantori e musici.
Una lapide sotto l'avanportico della chiesa ricorda come, lunedì 30 ottobre 1413, Sigismondo di Lussemburgo, figlio di Carlo IV, già da tre anni eletto re dei Romani, dalla chiesa di Santo Stefano datò una lettera regia con la quale rendeva nota la sua scelta della città di Costanza come sede di un Concilio Generale, indetto per porre fine allo scisma che affliggeva la Chiesa e per dipanare la confusa situazione provocata dalla contemporanea presenza sul trono di Pietro di tre papi: Papa Gregorio XII, Papa Giovanni XXIII e Papa Benedetto XIII.
La chiesa, all'inizio degli anni '50, su progetto dell'architetto Enrico Castiglioni, venne ampliata con una nuova e capiente aula, sul lato sinistro del presbiterio; all'interno della sua architettura, dalle moderne linee sinuose, trova collocazione un'interessante tela seicentesca, raffigurante il "Martirio di S. Stefano".
Il piazzale antistante la chiesa è dovuto, per la parte sinistra a lavori di bonifica del vecchio cimitero, mentre per la parte destra ad un intervento di progettazione di Gabriele Longhi che chiude, con ampi muri di sostegno, il dislivello della parte antistante la chiesa.
La festività che celebra il Santo Patrono, contrariamente alla tradizione che vuole tale rito il 26 dicembre, si svolge il 3 agosto in ricordo del rinvenimento delle ossa del santo avvenuto in tale data.
La chiesa di San Martino sorge su una piccola altura, un tempo quasi completamente terrazzata e coltivata (oggi incolta verso Sud ed edificata verso Nord), situata a meridione del nucleo abitato.
Lungo la strada di accesso alla chiesa sorgono le cappelle della via Crucis, con bassorilievi bronzei, opera novecentesca dello scultore viggiutese Giacomo Buzzi Reschini.
L'area in cui sorge la chiesa, secondo la tradizione e le testimonianze archeologiche, ha sempre costituito un luogo di particolare rilievo anche al tempo dei Romani, testimoniato dalla scoperta di monete romane e dai resti di un sarcofago tardo-romano, rinvenuto nei dintorni e visibile all'esterno della chiesa.
Durante il seicento divenne cappella privata della famiglia dei Longhi, che svolgeranno un ruolo di primo piano nell'architettura della Roma seicentesca, che la adibì a mausoleo di famiglia e la arricchirono di arredi sacri e preziosi.
La chiesa, con elegante portale cinquecentesco (con al centro lo stemma dei Longhi), ha pianta ad aula profonda e riflette al suo interno la semplicità che ne caratterizza la parte esterna; le pareti, senza alcuna decorazione, illuminate a mezzogiorno da due semplici finestre ogivali, conducono lo sguardo dell'osservatore verso la pala dell'altare, che rappresenta la Crocifissione.
Il nome della chiesa della Madonna della Croce si riferisce alla collocazione della medesima in prossimità di un quadrivio, spazio in cui, nell'antichità, si solevano edificare cappelle o altri popolari luoghi di culto.
Della chiesa della Madonna della Croce, chiamata anche beata Vergine dell'Assunta, si hanno notizie sul finire del secolo XV, i primi interventi di ampliamento sono avvenuti nel corso della prima metà del Settecento. La facciata, in chiaro stile bramantesco, fu realizzata verso la metà dell’Ottocento su disegno di Giacomo Buzzi Leone. Le parti di maggior rilievo sono: portali, finestre, elementi architettonici in pietra di Viggiù; ai lati della facciata, medaglioni in terracotta dello scultore Luigi Buzzi Leone raffiguranti: a sinistra Mosè, a destra Davide.
È una specie di Pantheon dei Viggiutesi illustri; al suo interno si riscontrano diversi stili, dal barocco dell'altare al neoclassico di alcune statue, sino ai rilievi in stile moderno.
Appoggiati alla parete di sinistra si trovano il monumento al Giureconsulto Paolo Piazza, opera del figlio scultore Giovanni, segue il monumento a Antonio Buzzi Quattrini (1807), dello scultore Stefano Butti, segue, dello stesso autore e l’altare di Sant'Apollonia, con statua in gesso, di stile neoclassico. Sulla parete destra trova collocazione un’Annunciazione del viggiutese Nando Conti.
L'altare principale fu eseguito in stile barocco, su disegno dell'architetto Gabriele Longhi e dallo stesso donato alla chiesa.
L'affresco al centro dell'altare, pur avendo subito dei ritocchi nel corso del tempo, attrae il visitatore per la sua composizione e la vivacità dei colori. Dipinto da un ignoto artista, verso la fine del XV secolo, è attribuito alla scuola del Bergognone. Rappresenta la "Vergine col Bambino", seduta sopra un ricco "trono" di stile gotico.
Ai fianchi dell'altare, sulla parete, fra decorazioni a stucco, si trovano i dipinti dei Santi Lorenzo e Stefano, risalenti ai primi dell'800. Sulla volta dell'altare si trova l'affresco raffigurante la SS. Trinità, mentre, in quella dell'aula, l'Assunzione di Maria in Cielo, con agli angoli i Quattro Evangelisti, opera della maturità dello scultore viggiutese Stefano Butti.
Prima di uscire dalla chiesa si noti la bella e comoda loggia, che il defunto conte Renato Borromeo aveva fatto costruire per assistere alle funzioni religiose, collocandovi nel centro l'antico motto di famiglia in latino: "HUMILITAS". Il modesto campanile a tre campane, fu eretto nel 1859, in sostituzione del precedente a vela
La chiesa di Santa Maria Nascente, comunemente chiamata della Madonnina si trova centro storico, inserita nelle contrade più antiche del paese, lungo la strada che porta verso il colle Sant'Elia. Venne edificata nel 1718, sul luogo dove sorgeva una piccola cappella votiva eretta quale ex voto contro la peste.
La semplice facciata, con elegante portale e due finestre dalle modanature leggermente sinuose, è fiancheggiata dallo svettante campanile, innalzato nel 1750, che termina con una copertura a pianta ottagonale, che corona in maniera leggiadra la cella campanaria.
Il semplice interno, con pianta a croce latina, conserva le statue dei Santi che maggiormente sono legati alla fede dei Viggiutesi: Santa Lucia, Sant'Orsola e San Carlo Borromeo.
L’altare neoclassico, nel braccio sinistro della croce, è dedicato a Santa Lucia, patrona dei Picasass viggiutesi. La statua della Santa è opera dello scultore viggiutese Antonio Bottinelli (1850-1898), autore di diverse opere per la Fabbrica del Duomo, tra cui, una statua di San Carlo. L’altare maggiore, con finissimi intagli e rilievi, in stile neoclassico, è arricchito dalle statue di Maria Santissima Orante, opera di Stefano Butti, con ai lati altre due statue: San Giovanni di Guido Butti e San Luca di Antonio Galli, rinomati artisti viggiutesi dell’Ottocento. Alla base, medaglioni con ritratti eseguiti dal giovane scultore Giovanni Piazza. Tale altare, del 1825, realizzato, gratuitamente, da un gruppo di artisti viggiutesi, su disegno dell’architetto del Duomo di Milano Giacomo Pestagalli, sostituisce quello più antico, che viene venduto alla parrocchia di Meride.
La costruzione della chiesa della Beata Vergine del Rosario fu voluta per ospitare i padri domenicani (inquisitori) che provenivano dal convento di Como e, durante la Quaresima, offrivano il proprio apostolato di preghiera.
Si hanno notizie dell'edificio sin dal 1539, in esso avevano sede i padri domenicani ed i membri della Confraternita del Santo Rosario. Tra la fine del seicento e l’inizio del secolo successivo, per un contrasto con i padri domenicani, ospitati nella medesima struttura, si inizia, a cura dei confratelli, ad edificare un nuovo oratorio dedicato a san Pietro Martire, alla Madonna delle Grazie e del Rosario. La progettazione dell’edificio, nel 1618 è dovuta al noto architetto viggiutese Onorio Longhi. Per problemi finanziari, il progetto non sarà portato a termine e le strutture verranno demolite a metà del 700. Abbandonato questo progetto, si decide di investire tutte le forze per il rinnovo del vecchio edificio che assume quindi l’aspetto attuale.
La chiesa della Madonna del Rosario sorge ai piedi della collina della Pessina, dalle cui pendici si può notare il contrasto tra la semplice facciata della chiesa ed il leggiadro campanile, coronato dall’aerea statua stellata della Vergine.
Al suo interno, cupole, volte, colonne policrome, lesene, trabeazioni e leggere loggette sono a coronamento degli affreschi e delle tele che ne arricchiscono le pareti ed il soffitto. Alla parete di sinistra è appesa una tela del viggiutese Carlo Maria Giudici, raffigurante il "Battesimo di Sant'Agostino alla presenza di Santa Monica", mentre quella di destra (che sino al 1993 recava una pregevole tela di Francesco Salviati, ora alla Pinacoteca di Brera, raffigurante la "Deposizione di Cristo"), reca, ora, una tela dallo stesso soggetto ma, di autore ignoto e meno prestigioso. Il soffitto è decorato con affreschi del noto pittore viggiutese Carlo Maria Giudici. L’altare maggiore, di forme neoclassiche, è coronato dalle pregevoli statue in gesso: a sinistra di Re David e a destra il Profeta Isaia, dello scultore Gaetano Matteo Monti di Ravenna.
La chiesa di Sant'Elia si trova sulla sommità del colle dedicato all'omonimo profeta, a 665 metri di altitudine. Eremo cluniacense, dipendente dal priorato di Vertemate, come risulta da un decreto di Papa Urbano II (risalente al 1095), nel XIII secolo, era l'unica chiesa della diocesi ambrosiana dedicata al Santo Profeta. Non resta nessuna testimonianza dell'antico cenobio, in quanto l'edificio odierno è frutto di una serie di trasformazioni, operate nel corso del XVI secolo e XVII secolo. Dopo l'invasione dei lupi cervieri, del 1504, la chiesa divenne meta di pellegrinaggio da molti paesi del circondario, cosicché nel 1687 si rese necessario costruire una nuova strada per facilitare la salita dei pellegrini che aumentavano considerevolmente di anno in anno.
Un ampio ed arioso portico, aperto verso valle, coronato da tre archi a tutto sesto, immette all'interno dell'edificio, che si presenta in maniera abbastanza inconsueta rispetto alle altre chiese viggiutesi in quanto è totalmente affrescato sulle pareti ed anche sul soffitto. La pianta della chiesa è ad aula con una cappella per ogni lato, oltre a quella dell'altare maggiore. La cappella maggiore, presenta un altare settecentesco, dall'elegante cornice in pietra, che racchiude l'affresco raffigurante il "profeta Elia che viene portato in cielo" dal biblico carro di fuoco; anche le pareti laterali dell'abside e il soffitto sono affrescate con le storie del profeta. La cappella sul fianco sinistro, dedicata a San Giuseppe, e quella sul lato destro, dedicata all'Immacolata, risalgono entrambe al XVII secolo. La cappella di sinistra ospita una tela del pittore C. Cane, raffigurante San Giuseppe, quella di destra è occupata dal simulacro ligneo dell'"Immacolata che schiaccia il peccato", in forma di serpente.
La navata è decorata lungo le pareti con le Storie del profeta Elia e, sulla volta, con la Trasfigurazione, realizzate dal noto pittore svizzero Francesco Antonio Giorgioli di Meride, all'inizio del Settecento.
Durante il periodo primaverile ed estivo il colle Sant'Elia è meta di pellegrinaggio da parte di oratori limitrofi, che organizzano appunto le "oratoriadi", gare agonistiche fra i vari oratori della Valceresio (Viggiù, Saltrio, Clivio, Arcisate, Bisuschio, Besano). Le gare principali nelle quali gli oratori si sfidano sono: Bandiera (due squadre sono sparse nel bosco, una deve proteggere la bandiera mentre l'altra squadra deve riuscire a rubarla e portarla nel suo campo); il Palo della cuccagna; la Caccia al tesoro; Calcio; varie gare di corse e staffette. In queste giornate di festa e furore agonistico vengono imbandite lunghe tavole di legno massiccio con offerta culinaria di pasta e costine, rito a cui nessuno riesce a sottrarsi.
Nel 1965 un fulmine abbatté il campanile, che venne riedificato all'inizio degli anni 70.
La chiesa parrocchiale di San Giuseppe si trova nella frazione di Baraggia. Costruita nella prima metà del secolo XX su progetto dell'architetto Zanchetta, ha un aspetto essenziale, nella semplice facciata e nello slanciato campanile. Al suo interno, a pianta longitudinale ad unica navata, è da segnalare, nella cappella dell'altare maggiore, una tela del noto pittore viggiutese (attivo nel Novecento) Antonio Piatti, raffigurante San Giuseppe; sempre del Piatti è la tela raffigurante Sant'Antonio abate, che si trova nella cappella sul lato sinistro della chiesa.
In onore di questo Santo, lungo le vie di Baraggia, si anima, nel mese di gennaio, una vivissima sagra popolare.
L'antica chiesa di San Siro con annesso convento, forse dipendente dal cenobio di Sant'Elia, sorge al limite meridionale del territorio comunale. L'edificio, per il quale, negli anni 80, vennero iniziati i lavori di rinforzo della struttura, oggi, attende un delicato intervento volto al restauro, alla valorizzazione ed alla salvaguardia dell'interessantissimo ciclo di affreschi che decora la calotta absidale.
L'aula, con una sobria facciata, aperta da un'unica porta, ha al suo culmine l'insolita apertura oculare, schermata dai raggi di un rosoncino in pietra. Sul lato sinistro della facciata poggia anche il leggero campanile che la innalza verso il cielo.
All'interno la navatella non ha alcuna decorazione pittorica, ad eccezione degli affreschi, datati da alcuni storici al XV secolo, che occupano l'abside. Una Teoria di otto Santi, tra i quali San Rocco e Sant'Ambrogio circonda l'immagine della Vergine che, con estrema dolcezza, tiene in braccio il Bambino. Nel catino absidale troneggia un Cristo Pantocratore, in una mandorla di elegante fattura, con ai lati gli Evangelisti: a sinistra Giovanni e Matteo, a destra Luca e Marco.
Lo stato di degrado degli stabili, un tempo adibiti a convento, e del terreno circostante offusca la bellezza di questo edificio, che conserva vive testimonianze d'arte e di fede.
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