La basilica fu iniziata, al tempo dei Gonzaga, su progetto di Leon Battista Alberti, nel 1472, anno della sua morte, da Luca Fancelli, che proseguì nei lavori fino al 1490, e fu completata nel secolo XVIII da Filippo Juvara che costruì la cupola. La basilica, a navata unica dilatata da profonde cappelle laterali e dalla maestosa volta a botte, servì da modello e prototipo per numerose chiese posteriori.
La facciata, che associa un arco di trionfo a un frontone di tempio classico, é l'elemento esterno più degno di nota. La concezione complessiva dimostra un'impostazione inscindibile dai modelli antichi. L'impressionante volta a botte, con decorazione a cassettoni, conferisce all'interno dell'edificio grande solennità e illustra in modo chiaro come l'Alberti, avvalendosi delle concezioni architettoniche dell'antica Roma, sia riuscito nell'intento di conferire il senso del Trionfo.
L'imponente campanile gotico ospita 5 campane ottocentesche, delle quali la maggiore, del peso di 2555 kg, è stata fusa dalla ditta Cavadini di Verona.
Le forti scosse del terremoto dell'Emilia del 20 e 29 maggio 2012 hanno provocato danni alla cupola della basilica.
L'interno è a croce latina, con navata unica coperta a botte con lacunari, e con cappelle laterali a base rettangolare, inquadrate negli ingressi da un arco a tutto sesto, che riprende quello della facciata. Tre cappelle più piccole, ricavate nel setto murario dei pilastri, si alternano a quelle maggiori e la loro alternanza venne definita dall'Alberti come tipologia di "chiesa a pilastri". L'impianto ad aula della chiesa fu dovuto probabilmente all'esigenza di un spazio ampio in cui la massa dei fedeli e dei pellegrini potessero assistere all'ostensione dell'importante reliquia.
Il prospetto interno della navata è dunque scandito da due ordini gerarchizzati, di cui uno minore ad arco, inquadrato nella trabeazione dell'ordine maggiore. Questo motivo che presenta l'alternanza di un interasse largo tra due stretti, è chiamato travata ritmica e trova un parallelo con il disegno della facciata. È qui che per la prima volta il ritmo interno di concatenazione degli ordini appare anche nella facciata, configurandosi come principio generatore e ordinatore di tutto lo spazio, sia interno che esterno. Dopo Alberti, che è il primo ad utilizzarlo, diventerà un elemento linguistico molto diffuso con Bramante e gli architetti manieristi.
La crociera tra navata e transetto è coperta con una cupola, sorretta da pilastri raccordati con quattro pennacchi. Si è dubitato facesse parte del progetto albertiano, tuttavia i pilastri della crociera risultano eretti durante la prima fase costruttiva quattrocentesca.
Dietro l’altare si trova una profonda abside che chiude lo spazio della navata.
Sulla cantoria destra del presbiterio è collocato l'organo a canne, costruito nel 1850 dalla Fabbrica Nazionale Privilegiata d'Organi Fratelli Serassi di Bergamo. Lo strumento ha due tastiere di 73 tasti ed una pedaliera dritta di 27 note la divisione bassi/soprani delle tastiere e L'organo, che è a trasmissione integralmente meccanica, è inserito all'interno della ricca cassa dorata scolpita, opera in stile neoclassico di Paolo Pozzo; la facciata è costituita da tre cuspidi del registro di Principale.
Per gli elementi della chiesa gli storici hanno proposto numerosi riferimenti e modelli antichi: il Pantheon per il rapporto tra pronao ed il resto dell'edificio; la basilica di Massenzio per la grande volta della navata e quelle del transetto e degli atri d'ingresso; gli archi di trionfo. Tuttavia risulta chiaro in quest'opera il rapporto che Alberti aveva con le fonti classiche, mai oggetto di semplice imitazione, ma analizzate nei componenti sintattici e utilizzate in modo autonomo. Inoltre Alberti non limitava il suo interesse agli edifici classici, ma utilizzò qui, come in altre sue opere, anche elementi desunti da monumenti medievali: la basilica di San Marco per la facciata vista come avancorpo e le cappelle ricavate all'interno dei pilastri e la Badia Fiesolana per la copertura a volta della navata.
La prima cappella a sinistra che ospita la tomba di Andrea Mantegna, fu decorata ad opera del Correggio sulla base di disegni dello stesso Mantegna. Del maestro rimangono comunque il Battesimo di Cristo sulla parete di destra, completato dal figlio Francesco, e la Sacra Famiglia e famiglia del Battista, sull'altare.
Tra le altre opere d'arte si segnalano una grande pala d'altare, la Madonna col Bambino in trono tra i santi Sebastiano, Silvestro, Agostino, Paolo, Elisabetta, Giovannino e Rocco, di Lorenzo Costa il Vecchio e gli affreschi della cappella di San Longino (sesta a destra), su disegno di Giulio Romano.
Dall'atrio provengono i quattro medaglioni con Ascensione (scuola di Mantegna, con sinopia del maestro), i Santi Andrea e Longino (scuola di Mantegna), la Sacra Famiglia con i santi Elisabetta e Giovannino (Correggio) e la Deposizione (Correggio), oggi nel Museo diocesano.
Nella cripta è collocato il tempietto ottagonale con l’altare sormontato dallo ‘scrigno’ per i vasi della reliquia (due copie dei vasi sono esposte ai lati della croce). Al di sopra di questo, su una montagnola è collocata la croce con il Crocifisso: sui bracci della croce, grappoli d’uva; sotto la montagnola, rametti d'ulivo.
La tradizione attribuisce al soldato romano Longino, che trafìsse con la propria lancia il costato di Cristo, la raccolta ed il trasporto di terra imbevuta del sangue del Salvatore nel luogo ove ora sorge la città di Mantova.
Longino muore martire della fede nel 37 d.C. Al fine di preservare la sacra reliquia, la stessa viene sotterrata in un'urna e per lunghi secoli non se ne ha più notizia.
Nell'804 avviene il primo ritrovamento dell'urna contenente la reliquia su indicazione di Sant’Andrea, essendo papa Leone III (795-816) e imperatore Carlo Magno (768-814), che richiede e ottiene dal primo l'autenticazione della reliquia. Una piccola parte della stessa viene donata da Carlo Magno alla cappella reale di Parigi (Sainte Chapelle). Secondo una ipotesi condivisa da molti, Mantova viene contemporaneamente dichiarata sede vescovile e sul luogo del ritrovamento viene eretta una piccola chiesa in onore dell'apostolo Andrea. Da questa data decorre il novero degli anni (1200) che portano all'attuale giubileo della diocesi di Mantova (2004).
Nel 923 Mantova è invasa dagli Ungari. La reliquia viene interrata, una parte nel giardino dell'allora ospedale di S. Andrea (o nell'orto dell'oratorio dedicato al Sangue di Cristo), un'altra nell’antica chiesa di S. Paolo che era situata quasi accanto al duomo, nell'attuale seminario.
Per alcuni decenni si perde traccia della reliquia. Nel frattempo si afferma sulla città il dominio dei signori di Canossa.
Nel 1037 il vescovo di Mantova Itolfo fonda il monastero benedettino entro il quale si integra la chiesetta del IX secolo, di cui non restano né disegni né vestigia significative. Un'ala del monastero, nella forma modificata del XV secolo, recentemente restaurata, è visibile nell'attuale piazza L. B. Alberti.
Nel 1048, presente Beatrice di Canossa, avviene il secondo ritrovamento della parte maggiore della reliquia e delle ossa di S. Longino. Tale ritrovamento induce all'ampliamento della originaria piccola chiesa di Sant'Andrea ed alla costruzione della cripta sul luogo della seconda "inventio". Della chiesa non rimane alcuna traccia, così come della cripta, completamente rifatta alla fine del sec. XVI su progetto di Antonio Maria Viani.
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