mercoledì 10 giugno 2015

LE CHIESE DI MANTOVA

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La Cattedrale di San Pietro, l'attuale Duomo è in stile romanico con aggiunte gotiche, fu costruito tra il 1395 e il 1401 dopo che un incendio, secoli prima, aveva distrutto un precedente tempio paleocristiano. Fu ristrutturato nel 1545 da Giulio Romano, che lasciò intatta la facciata ma modificò le forme, ispirandosi alle basiliche paleocristiane. L'attuale facciata, in marmo di Carrara, risale al 1761. Il fianco presenta inserti gotici come rosoni, cuspidi e pinnacoli, resti dell'antica facciata. All'interno si può ammirare il soffitto a cassettoni che sovrasta le tre navate: la principale è ornata di statue di sibille e profeti risalenti al Cinquecento. Sotto l'altare maggiore è conservato il corpo incorrotto di Sant'Anselmo da Baggio patrono della città. La Cattedrale, ubicata nella monumentale piazza Sordello, è la sede vescovile di Mantova.
La Basilica di Sant'Andrea fu progettata da Leon Battista Alberti e fu edificata a partire dal 1472 e conclusa 328 anni dopo con la costruzione della cupola su disegni di Filippo Juvarra. Nella cripta è custodita all'interno dei Sacri Vasi la reliquia del Preziosissimo Sangue di Cristo portato a Mantova dal centurione romano Longino. In una delle cappelle è conservato il monumento funebre di Andrea Mantegna, sovrastato dall'effigie in bronzo del pittore della corte dei Gonzaga.
La Basilica Palatina di Santa Barbara, chiesa della corte dei Gonzaga fu voluta dal duca Guglielmo che incaricò del progetto l'architetto mantovano Giovan Battista Bertani. Parte integrante del Palazzo Ducale, la edificazione della chiesa fu conclusa nel 1572.
La Rotonda di San Lorenzo è la chiesa più antica della città, fu costruita nell'XI secolo durante la dominazione dei Canossa. A pianta centrale rotonda, la Rotonda di San Lorenzo è posta ad un livello più basso di Piazza delle Erbe e conserva al suo interno un matroneo e tracce di affreschi di scuola bizantina risalenti ai secoli XI-XII. Nel corso dei secoli subì trasformazioni radicali; sconsacrata, divenne magazzino tanto che all'inizio del Novecento risultava inglobata in edifici successivi alla sua costruzione. Espropriati nel 1908, la rotonda di San Lorenzo fu restaurata e riaperta nel 1911 e infine riconsegnata alla sua destinazione religiosa originaria nel 1926.
La Chiesa di San Sebastiano, iniziata nel 1460 da Luca Fancelli su progetto di Leon Battista Alberti, fu completata nel 1529. Sconsacrata nel XVIII secolo fu adibita a diversi usi fino al 1925 quando, dopo un discutibile restauro che ha aggiunto le due scalinate d'ingresso, è stata trasformata in famedio dei caduti mantovani di tutte le guerre.

La Chiesa di Santa Apollonia fu edificata nel XII secolo con intitolazione a Santa Maria in Betlem, acquisendo successivamente, in epoca ignota, l'attuale denominazione. Nel corso dei secoli fu più volte oggetto di lavori di ristrutturazione fino all'ultimo radicale intervento, di fine '700, affidato all'architetto Paolo Pozzo. La facciata del 1834 è in stile neoclassico.

La chiesa di San Barnaba, intitolata al primo vescovo di Milano, si affaccia sulla piccola piazza Bazzani, all'incrocio tra via Giovanni Chiassi e via Carlo Poma.
La prima chiesa di San Barnaba fu costruita intorno all'anno 1263. Costruito successivamente un attiguo convento, la chiesa fu affidata ai Servi di Maria (Serviti) da Francesco I Gonzaga nel 1397. Nel 1546 vi fu sepolto Giulio Romano. La tomba fu profanata e dispersa durante la ristrutturazione conclusasi nel 1737 con il rifacimento della facciata su progetto di Antonio Bibiena. Del periodo gotico è rimasto parte del chiostro del convento che fu soppresso nel 1797 e, all'inizio del Novecento, in parte demolito per far posto al carcere della città.
L'interno presenta un'unica navata con tre cappelle laterali e una profonda abside.
Tra i dipinti conservati si segnalano:
la Via Crucis di Giuseppe Bazzani
sulla parete del presbiterio il Salvator Mundi di Teodoro Ghisi
la Madonna con Bambino e San Filippo Benizzi (fine Cinquecento) di Bernardino Malpizzi
la grande tela della Moltiplicazione dei Pani e dei Pesci (1582-1583) di Lorenzo Costa il Giovane
pala con l'effigie di San Filippo Benizzi di Giuseppe Orioli (1730)
il grande quadro Le Nozze di Cana di Alessandro Maganza (ultimi decenni del XVI sec.)
la pala d'altare Madonna con Bambino di Girolamo Bonsignori
l'affresco strappato, della fine del Quattrocento, raffigurante la Beata Elisabetta di Mantova (Bartolomea Picenardi)

La chiesa di Sant'Egidio, dedicata a Sant' Egidio abate,fu probabilmente edificata già nel IX sec., è documentata come esistente a partire dall'anno 1151. Evento architettonico importante è stata l'edificazione, nel 1540, della cappella Valenti come da volontà testamentaria di Valente Valenti, cortigiano della reggia gonzaghesca.
Nel Settecento fu necessaria una profonda ristrutturazione a causa della vetustà della chiesa; la prima pietra fu posata il 19 giugno 1721. Importante intervento fu voluto nel 1777 dal cardinale Luigi Valenti che fece ricostruire la cappella di famiglia. La ristrutturazione della chiesa si poté ritenere conclusa nel 1787 con la sistemazione del coro.
Tra i dipinti conservati nella chiesa di Sant'Egidio si segnalano sulle pareti semicircolari dell'abside:
il Martirio di S. Vincenzo Levita (1776), di Giuseppe Bottani, olio su tela, m 5 x 3,50
il Miracolo di San Vincenzo Ferrer (1773), di Giovanni Bottani, olio su tela, m 2,28 x 1,35
la Madonna del Rosario (1777), di Vincenzo Borroni
Altre opere esposte sono da menzionare:
la pala d'altare de L'elemosina di San Guerrino (1736-1742) di Giovanni Cadioli
la pala d'altare con la Madonna, il Bambino, S. Domenico e la Beata Osanna Andreasi, (1593), probabilmente di Teodoro Ghisi

La costruzione della chiesa conventuale di San Francesco risale al 1304.
Gli austriaci soppressero la chiesa nel 1782 e la trasformarono in arsenale nel 1811. Dato l'uso militare dell'edificio, lo stesso fu devastato da un bombardamento aereo nel 1944. Fortunosamente la Cappella Gonzaga si salvò e con essa preziosi affreschi del 1300, recentemente restaurati, raffiguranti le storie di San Ludovico d'Angiò. Conservando lo stile romanico-gotico la chiesa fu comunque ricostruita intorno a quanto si salvò dalla distruzione bellica, la facciata con le tre guglie, il campanile e la Cappella Gonzaga.
Ancora visibili alcuni degli affreschi originali, tra cui San Francesco che riceve le stimmate di Stefano da Verona.

La Chiesa dei Santi Gervasio e Protasio fu edificata nel XIV secolo. Prima di essere parrocchia della città di Mantova, la chiesa fu adibita a cappella del Lazzaretto. Nel 1610 era una delle 19 parrocchie urbane censite dal vescovo di Mantova Francesco Gonzaga. L'attuale facciata è di stile neoclassico, costruita nel 1836 su disegno dell'architetto Giovan Battista Vergani. Durante la guerra 1940-1945 la chiesa fu seriamente danneggiata a seguito del bombardamento del Ponte dei Mulini.

La chiesa di San Leonardo abate si affaccia sulla omonima piazza all'interno dell'antico quartiere del Corno, così chiamato per la forma che assumeva nell'innestarsi nel Lago di Mezzo; l'attuale denominazione del quartiere è derivata dalla chiesa stessa.
San Leonardo è tra le chiese più antiche della città di Mantova essendo stata fondata nel XII secolo. Sono rilevabili tracce dello stile romanico e del tardo gotico nel campanile (XIII secolo) e nella Cappella Cavriani. Fu ristrutturata diverse volte, all'inizio del Seicento ad opera di Giambattista Possevino, fino all'attuale forma neoclassica dovuta alla ricostruzione del 1793 su progetto dell'architetto Giovanni Battista Marconi. Nella cappella di San Gottardo, edificata tra il 1448 e il 1461, è visibile un affresco di inizio Cinquecento attribuito a Lorenzo Costa il Vecchio, Il Redentore e profeti. Vi sono conservate anche una grande tela attribuita a Lorenzo Costa il Giovane, La predica del Battista, collocabile temporalmente tra il 1566 e il 1570, e una tela di Ippolito Andreasi, Giudizio universale.

La piccola chiesa della Madonna del Terremoto fu edificata nel 1754 a ricordo della protezione data dalla Madonna in occasione del terremoto del 1693. Essa sorge in piazza Canossa una delle più caratteristiche piazze di Mantova.
L'interno barocco è costituito da una piccola navata e da un presbiterio chiuso da una cancellata. Vi erano esposte due pale di Giuseppe Bazzani, l`Adorazione dei Pastori e la Pietà, attualmente conservati nel Museo Diocesano della città.

Santa Maria della Carità ha un'origine remota, la fondazione risale al 984. A volerne la costruzione furono gli orefici della città di Mantova. Fu ricostruita nel 1613 e ristrutturata nella forma attuale nel 1752. Anomala è la facciata rialzata dal piano stradale e affacciantesi su una piccola piazza chiusa su tre lati. Sulle pareti di questa atipica piazzetta sono murate numerose lapidi recuperate dal cimitero che ne occupava lo spazio. L'interno in stile barocco è arricchito da quadri tra i quali un ciclo di ben undici dipinti di Giuseppe Bazzani che qui fu battezzato nel 1690.
Tra i dipinti conservati nella chiesa di Santa Maria della Carità si segnalano:
Le virtù teologali (Sec. XVIII) di Giuseppe Bazzani, affresco sulla volta della navata centrale;
Gesù tra i dottori e Gesù scaccia i mercanti dal tempio, Francesco Maria Raineri detto Schivenoglia;
L`Arcangelo Michele e i Santi Cosma e Damiano, Giovan Francesco Caroto, pala d'altare nell'abside;
Madonna col Bambino e Santi, Giovanni Canti.

La chiesa di Santa Maria del Gradaro fu costruita a Mantova a partire dall'anno 1256 con l'aggiunta del convento nel 1260. Il termine Gradaro è riconducibile alla parola latina cretarium (cumulo di creta) che descriverebbe la particolare caratteristica del terreno dove sorse l'originaria sede di culto.
La tradizione vuole che il luogo della chiesa sia lo stesso dove fu martirizzato, tra altri, S. Longino, il centurione romano che portò a Mantova il Preziosissimo Sangue di Cristo. In età paleocristiana vi fu edificata una chiesa denominata Santa Maria in Campo Santo.
Le notizie certe la danno in costruzione dal 1256 ad opera dei Canonici regolari di San Marco, ordine religioso mantovano. Nel 1454 subentrarono gli Olivetani su richiesta del marchese Ludovico III Gonzaga e della moglie Barbara di Brandeburgo. Vi entrò giovanissimo Girolamo Scolari, padre spirituale e biografo della beata Osanna Andreasi.
Il complesso religioso degli Olivetani subì gli effetti delle soppressioni teresiane a partire dal 1771 per concludersi definitivamente nel 1775 quando divenne magazzino militare. Durante la seconda guerra mondiale gli edifici dell'ex complesso religioso furono trasformati in campo di concentramento e in campo profughi. Da qui furono prelevati i dieci soldati italiani internati dopo l'Armistizio reso pubblico l'8 settembre 1943, che per rappresaglia furono fucilati dai tedeschi alla Valletta dell'Aldriga. Dal 1952 fu affidata alle Oblate dei Poveri di Maria Immacolata, che nel convento annesso hanno istituito la loro casa generalizia.
La chiesa, già di proprietà del ministero della Pubblica Istruzione, nel 1952 fu acquisita dal comune di Mantova che ne promosse il restauro vero e proprio nel 1962. Nel 1966, dopo 191 anni di sconsacrazione, fu infatti istituita la parrocchia dedicata alla Annunciazione della Beata Vergine Maria.

La chiesa di Santa Maria della Vittoria fu fatta edificare dal Marchese Francesco Gonzaga nel 1496 in memoria della vittoria ottenuta contro l'esercito Francese comandato da Carlo VIII, nella battaglia di Fornovo presso il fiume Taro, su richiesta del suo consigliere, frate Girolamo Redini, fondatore della Congregazione degli eremiti di Santa Maria in Gonzaga.
Nel 1495 si scontrarono a Fornovo gli eserciti dei francesi di Carlo VIII e della Lega Antifrancese, sostenuta da papa Alessandro VI, dall'imperatore Massimiliano I, dal re spagnolo Ferdinando II d'Aragona, da Ludovico il Moro e dai Veneziani. La Lega Santa, guidata da Francesco II Gonzaga, riportò la vittoria, cacciando temporaneamente i Francesi dalla penisola.
Durante l'assenza del marchese da Mantova, un banchiere ebreo, Daniele da Norsa, aveva acquistato una casa in borgo San Simone ed aveva sostituito una rappresentazione sacra della Vergine che ne decorava la facciata con il suo stemma personale. L'azione venne considerata sacrilega e Sigismondo Gonzaga intimò l'uomo di ripristinare l'opera pena l'impiccagione. Nonostante l'ebreo avesse accettato, l'ira popolare montò contro di lui e la sua casa venne rasa al suolo. Col ritorno di Francesco la pena venne commutata in un'ingiunzione a pagare una cappella e un dipinto devozionale, che ribadisse la devozione del marchese alla Vergine, soprattutto nell'ottica della fortunata protezione che, secondo loro, aveva permesso la vittoria sul campo di battaglia. Fu così che Mantegna, pittore di corte, venne incaricato di dipingere la pala, che venne solennemente inaugurata nel 1496, in occasione dell'anniversario della vittoria, collocandola nella cappella di Santa Maria della Vittoria, nel frattempo costruita al posto della casa dell'ebreo sacrilego.
Il progetto si doveva a Bernardino Ghisolfo, all'epoca responsabile delle fabbriche dei Gonzaga.
Il dipinto fu poi trafugato dai francesi nel 1797.
Costruita in stile tardo gotico, si affaccia sulla piazzetta di san Simone.
Internamente l'edificio mantiene la suddivisione in due piani del 1877, al piano superiore è ancora possibile distinguere tre volte a crociera.
Il piano inferiore è delimitato da un soffitto ligneo con mensole. La parete interna è ritmata da tre fornici incernierati da paraste decorate con candelabri. La parete di fronte alla porta d’ingresso presenta ancora parti di una raffinata tappezzeria a finto cuoio cordovano ed è contro di essa che si innalzava la pala di Santa Maria della Vittoria, di Mantegna.

La chiesa di San Martino, dedicata al santo vescovo di Tours, è situata in Via Pomponazzo in un quartiere un tempo detto di San Martino. Attualmente è aggregata alla "parrocchia di Santa Maria della Carità".
La chiesa fu edificata in epoca medievale subendo nel corso dei secoli successivi continue ristrutturazioni. La tradizione vuole che abbia avuto origine nell'anno 827, ma la prima datazione certa risale comunque al 1127. Era retta da un priore, titolo di derivazione monastica, in quanto dipendeva dall'Abbazia del Polirone di San Benedetto Po. Nel cinquecento era chiesa ad unica aula con quattro altari. L'attuale impronta barocca è dovuta all'architetto fiammingo Frans Geffels, che vi operò negli anni tra il 1680 e il 1693.
Per quattrocento anni, dalla fine del Cinquecento ai primi del Novecento, furono migliaia i lavoratori stagionali, e non solo, a scendere dalla Val Rendena, in Trentino, per svernare e lavorare come facchini al Porto Catena, come taglialegna e come segantini abilissimi a scolpire il legno proveniente dalle stesse valli trentine. Le donne ricoprivano il ruolo di serve e fantesche. Nel 1604, l'11 novembre, fu stipulato un accordo tra il vescovo di Mantova Francesco Gonzaga e abitanti di Pinzolo, in Val Rendena, ma residenti a Mantova. Fu concesso l'uso di un altare nella chiesa di San Martino, vicino all'altar maggiore, per le celebrazioni e un luogo di sepoltura utilizzato dai membri della comunità trentina fino al 1790. La chiesa di San Martino fu adibita a magazzino negli anni trenta del novecento e fu nuovamente consacrata al culto dopo l'ultima guerra mondiale.
La facciata si sviluppa verticalmente, a ordine unico gigante scandita da quattro lesene con elementi di stile barocco come conchiglie, mascheroni e cartigli. La facciata barocca è caratterizzata da tre nicchie contenenti tre statue in stucco. In quella sopra il portale è raffigurato san Martino nell'atto di donare il mantello al povero, mentre nelle due nicchie laterali ci sono le statue di san Pietro con le chiavi del Paradiso e di san Paolo con la spada. Le statue furono collocate nelle nicchie nel settecento come previsto dall'architetto Geffels, che in questa chiesa volle essere seppellito. L'interno, stuccato in maniera barocca da Michele Costa, è decorato da una preziosa serie di dipinti, tra i quali spicca una tela di Gian Francesco Tura “Madonna col Bambino e santi”. Sono conservate in San Martino numerose altre tele anche provenienti dalle soppressioni napoleoniche di chiese, monasteri e ordini religiosi.
Tra i dipinti conservati nella chiesa di San Martino si segnalano:
Il soldato Martino divide il mantello col mendico di Ippolito Costa
San Martino resuscita un bimbo di Luigi Niccolini
un ciclo di quattro tele dei Santi e Beati Mantovani posti sulle pareti laterali di Luigi Niccolini: Beata Osanna Andreasi, Beata Paola Montaldi, San Giovanni Bono e San Luigi Gonzaga
la Madonna col Bambino e santi di Gian Francesco Tura
la Madonna con Bambino, Sant'Anna e San Giuseppe di Pietro Fabbri (1730)
la tela ovale della Vergine Annunciata di Giovanni Canti
la Sacra Famiglia di Dionisio Mancini
la Santa Barbara di Carlo Mancini, padre di Dionisio
la Santa Maria Maddalena penitente di Teodoro Ghisi

La chiesa di San Maurizio, sussidiaria della parrocchia di San Barnaba fu aperta al pubblico nel 1616. Il progetto e la supervisione dei lavori fu affidata dai Teatini, ordine religioso titolare dell'annesso convento, all'architetto Antonio Maria Viani, prefetto delle fabbriche ducali gonzaghesche. L'attuale facciata è del 1731. Durante l'occupazione francese la chiesa, precedentemente dedicata ai Santi Maurizio e Margherita, divenne, dal 1808 al 1814, parrocchia militare con il titolo non casuale di San Napoleone. Con il ritorno degli austriaci la chiesa acquistò l'intitolazione a San Maurizio e fu aggregata alla parrocchia di San Barnaba, la cui chiesa omonima si trova nella stessa Via Chiassi. Nel 1957, anche in conseguenza dei danni prodotti dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, venne chiusa al culto.
L'interno è a navata unica con tre cappelle per ognuno dei due lati e con una cupola ellittica. Ospita importanti quadri e tele secentesche di autori d'indubbio valore come Giuseppe Bazzani, Ludovico Carracci, Jacob Denys, Frans Geffels, Lorenzo Garbieri. Nella prima cappella a sinistra si trova la lapide che copriva la tomba di Giovanni dalle Bande Nere, morto a Mantova nel 1526.

La chiesa di Ognissanti ,alcuni storici la attribuiscono a Matilde di Canossa la fondazione di Ognissanti nell`anno 1080 circa, fu donata successivamente dalla contessa all'ordine benedettino del monastero del Polirone di San Benedetto Po, prima come ospizio e successivamente come chiesa con convento. Altra versione dei storici fanno ascrivere la donazione al papa Adriano IV nel 1159. Come molti altri della città di Mantova, nel 1797, il monastero benedettino fu soppresso dalla nuova autorità francese. La chiesa proseguì la sua opera con parroco di nomina vescovile, non più designato dall'abate del monastero di Polirone.
L'ultima trasformazione architettonica che ci restituì la chiesa di Ognissanti nella forma attuale, è degli anni dal 1752 ed il 1755. Terminata la costruzione del nuovo edificio, fu demolita l'antica chiesa che risultava perpendicolare all'attuale. Della stessa furono salvate dalla demolizione il campanile, la canonica e la Cappella dei Morti che rappresentano tracce di romanico in un edificio di chiara impronta barocca.
La chiesa è a unica navata con quattro altari laterali di stile neoclassico, senza cupola e una facciata leggermente curvilinea. L'interno in stile barocco contiene opere pittoriche di valore:
San Benedetto e Santa Scolastica Circondati da Santi ed Angeli di Ippolito Andreasi, pala d'altare sulla parete absidale del presbiterio ;
La Presentazione del Battista, pala d'altare, di Ippolito Andreasi;
Madonna col Bambino e Sant`Anna, pala d'altare, di Giuseppe Bazzani;
San Mauro che Guarisce gli Infermi di Giovanni Cadioli;
La Madonna Incoronata col Bambino fra San Benedetto e San Giovanni Battista che Presentano i Due Committenti, dipinto di Nicolò Solimani da Verona del 1463 all'interno della Cappella dei Morti.

La chiesa di Sant'Orsola fu costruita nel 1608 da Antonio Maria Viani, architetto della corte ducale dei Gonzaga a Mantova. L'edificio era incorporato nel complesso monastico omonimo demolito nel 1930. A pianta ottagonale di matrice lombarda, la facciata consta di un unico ordine con mezze colonne aggettanti.
All'origine della chiesa ci fu l'opera di Margherita Gonzaga, che nel 1597 rimasta vedova del duca Alfonso II d'Este, decise di tornare a Mantova. Non volendo rimanere inoperosa alla corte del fratello Vincenzo, istituì un convento in contrada Borre e nel sobborgo di Pradella. Non soddisfatta di un semplice oratorio dedicato a Santa Margherita, diede incarico al prefetto delle fabbriche ducali, Antonio Maria Viani, di costruire un edificio religioso più grande e degno di quello allora esistente. Era l'anno 1608, anno nel quale Margherita decise altresì di prendere definitiva dimora presso il convento da lei fondato e destinato ad essere una corte parallela a quella ducale.
La chiesa viene ultimata in quattro anni e dedicata a Sant'Orsola. Entrò, quindi, a far parte del complesso monastico omonimo composto da edifici alternati a chiostri, cortili, giardini, collegati attraverso portici e corsie. Vi erano ospitate cinquanta monache in ambienti e stanze al loro servizio, così come la duchessa Margherita aveva a disposizione un proprio appartamento con stanze per le nobildonne che desideravano ritirarsi nel monastero per periodi limitati.
Ad onore e merito di Margherita Gonzaga, si deve l'arricchimento iconografico dell'interno della chiesa. Ognuno degli altari sarà corredato da pale e quadri di pittori di grande valore: Domenico Fetti e sua sorella Lucrina, monaca essa stessa, Lodovico Carracci, Carlo Bononi, Antonio Maria Viani.
Tra il 1782 e il 1786 Giuseppe II soppresse, tra gli altri, il convento di Sant'Orsola. Il complesso di edifici, dopo esser stato caserma, venne adattato a ospitare l'ospedale civile cittadino. Quando quest'ultima funzione venne meno con la costruzione del nuovo ospedale in località Pompilio, gli antichi edifici monastici vennero demoliti. Dalla furia demolitrice si salvò sostanzialmente la sola chiesa di sant'Orsola che divenne edificio d'angolo tra l'antico corso Pradella e la nuova e moderna Via Bonomi, tracciata dopo le demolizioni degli anni trenta del XX sec.

La chiesa di Santa Paola con annesso convento intitolato al Corpo di Cristo, fu edificata agli inizi del Quattrocento per volere di Paola Malatesta, moglie di Gianfrancesco Gonzaga, quinto capitano del popolo di Mantova affinché ospitasse le Clarisse Francescane. Alla costruzione partecipò anche l'architetto ducale Luca Fancelli che nel 1460 completò la costruzione del chiostro. Suor Livia Paola Gonzaga, figlia della marchesa Isabella d'Este e priora del convento, fece affrescare la chiesa dopo la tumulazione della madre, grazie all'intervento del fratello Federico II Gonzaga, marchese di Mantova. Giulio Romano intervenne nell'opera, di cui rimangono tracce, dipingendo la scena funebre del funerale di Federico II. Tra la fine del Settecento e la fine degli anni cinquanta ospitò una caserma e una fabbrica. Oggi l'ex-convento ospita una scuola di restauro.

La chiesa dei Santi Simone e Giuda è tra le più antiche di Mantova, essendo stata eretta prima dell'anno 1000.
Fu ricostruita nel 1593, restaurata nel 1775 e nella prima metà dell'Ottocento. Nel frattempo, con decreto del 22 giugno 1805, la parrocchia dei Santi Simone e Giuda fu soppressa e inclusa in quella di Sant'Andrea.
Dopo esser stata chiusa nel 2001 è stata oggetto di restauri e dal 2006 è nuovamente accessibile. L'interno è arricchito da dipinti e affreschi.
Nella chiesa, il 20 maggio 1599, il compositore Claudio Monteverdi si unì in matrimonio con Claudia Cattaneo.

All'interno della chiesa una lapide bilingue, italiano e inglese, ricorda il breve transito mantovano dello scozzese James Crichton of Eliock and Cluny (1560-1582) conosciuto in Italia come l'Ammirabile Critonio. Uomo di grande cultura, tra l'altro parlava dieci lingue, giunse alla corte di Guglielmo Gonzaga, il cui figlio Vincenzo, futuro duca, lo uccise in uno scontro con spada e pugnale.
La lapide fu posta da un discendente, Douglas Crichton, nel 1914.

La chiesa di Santo Spirito probabilmente esistente già nel XIII sec., è appartenuta a diversi ordini religiosi. È stata ristrutturata e annessa a convento nel 1418 per volere di Paola Malatesta Gonzaga e successivamente nel 1534. L'interno è a navata unica con fregio affrescato e tondi con volti di santi. Il presbiterio è affrescato.
Nel 1468 vi fu sepolto Vittorino da Feltre, fondatore dell`esperienza educativa della Casa Giocosa (o Ca' Zoiosa).

La sinagoga Norsa Torrazzo, costruita nel 1513 ma rifatta nel 1751, è monumento nazionale.
Ben sei erano la sinagoghe nell'antico ghetto di Mantova. Quando alla fine dell'Ottocento fu decisa la demolizione del quartiere ebraico, tra il 1899 e il 1902 si procedette al trasferimento e fedele ricostruzione di una di esse nel cortile dell'edificio attuale, che dal 1825 era una casa di riposo. La sinagoga Norsa Torrazzo, di rito italiano, è così l'unica di Mantova ad essere sopravvissuta con i suoi arredi originari settecenteschi. Le altre sinagoghe sono state demolite agli inizi del Novecento e i loro arredi sono andati dispersi o sono stati trasferiti in Israele.
La sala di preghiera è rettagolare. Le pareti e la volta sono ricoperti di stucchi (calchi fedeli degli originari che non si poterono staccare), esaltanti la magnificenza della famiglia Norsa o riproducenti versetti biblici in ebraico. L'aron e la tevah si fronteggiano, l'uno a sinistra, l'altra a destra dell'ingresso, posti in due nicchie monumentali, rialzate su tre gradini e illuminate da finestre. Entrambi sono di legno finemente lavorato e sono impreziosito da tessuti ricamati. Due file parallele di banchi, in legno scuro, accolgono gli oranti sui due lati. Lampadari in ferro battuto pendono dal soffitto.
Il matroneo è collocato sulla parete di ingresso e si affaccia sulla sala con una balaustra aperta su colonne.
Nei locali dell'edificio della sinagoga ha sede la comunità ebraica di Mantova e l'Associazione Culturale Mantova Ebraica. All'ingresso una lapide, posta il 25 aprile 1998, ricorda i "64 cittadini ebrei" deportati da Mantova durante l'Olocausto "nei campi di sterminio nazisti, dai quali non fecero ritorno". L'ultimo piano è occupato dal ricchissimo Archivio storico, che ospita documenti dal 1522 ad oggi, oltre a libri, manoscritti e spartiti musicali.




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