Il Castello di Binasco, imponente struttura al centro del paese, presenta il tipico aspetto dei castelli viscontei di pianura. Ha pianta quadrangolare allungata, con alte mura merlate in laterizi a vista che cingono una ampia corte centrale, ed era protetto da forse quattro alte torri angolari quadrate (oggi ne rimangono solo due, oppure si stima che l'edificio possa essere rimasto incompiuto), nonchè circondato da un ampio fossato, oggi rimepito. L'ingresso principale è collocato in cima ad un piccolo ponte/rivelino. Il cortile presenta un porticato ed una loggia, probabilmente di epoca più tarda.
Nella prima metà del Trecento il castello possedeva una struttura architettonica molto diversa da come oggi ci si presenta. Era diviso in due parti, ognuna delle quali aveva funzioni con caratteristiche proprie: la zona meridionale era adibita ad abitazione; quella settentrionale, eccetto due porticati, era libera da costruzioni ed in seguito servì per il ricovero di animali e per deposito. La rocca conservò la sua struttura originaria per tutto il XV secolo, fino alla ricostruzione parziale fatta eseguire dal Mendoza, feudatario spagnolo di Binasco.
Nel castello si entrava per due ingressi, uno orientale, corrispondente all'odierno, l'altro disposto sull'opposta fronte in posizione più centrata. Entrambi erano muniti di rivellino, ponte levatoio, portone o grata di ferro. L'entrata occidentale si apriva sulla piazza. Tutte le torri e la parte superiore dei muri dell'edificio erano provvisti di merli. Dietro la corona merlata si stendeva il cammino di ronda, che percorreva tutto il perimetro della costruzione passando per le torri dei quattro angoli attraverso passaggi con arco a pieno centro.
Ogni angolo del castello era munito di una torre. Oltre alle due sporgenti e smussate verso l'interno, tanto da essere di forma pentagonale, che ancora oggi si levano sul lato meridionale, ve ne erano altre due, a base quadrata, poste agli angoli del lato settentrionale. Erano molto più piccole della torre centrale: infatti non superavano in altezza la cortina muraria e misuravano, esclusa la scarpa, sino in cima ai merli, 28 braccia (m. 16,70). La scarpa, cioè la parete inclinata del fossato, posta alla base della fortezza allo scopo di rinforzarla, con le fondamenta, era alta 12 braccia (m. 7,10).
Gli antichi tre piani del castello non corrispondevano agli attuali. Entrando dall'ingresso occidentale si avevano a destra tre locali: due stanze e un salone, che era contiguo ad altre due camere che si sviluppavano tra la torre di sud-est e l'entrata orientale. I locali, compresa la grande sala, erano pavimentati in cotto o in pietra con soffitto piatto, sorretto da robuste travi. La zona abitata continuava su parte del lato occidentale e di quello orientale.
La corte era coronata da due portici con archi e pilastri in cotto: uno a destra dell'attuale ingresso, l'altro compreso fra le due torri settentrionali.
Presso la torre di sud-ovest vi era una piccola scala che immetteva nelle caneve (magazzini di vettovaglie) e nella prigione. Le prime si stendevano tra le torri meridionali; le seconde tra la torre di sud-ovest e l'ingresso. Sotto le prigioni vi era una cella senza luce, umidissima, con il suolo immerso nell’acqua e nel fango. Tutte le piccole finestre delle caneve e della prigione erano sbarrate da inferriate. Le caneve erano raggiungibili anche per mezzo di un corridoio sotterraneo che le collegava alla torre maggiore.
Immutato restò il perimetro del castello, ammontante a 258 braccia (m. 153,50), tutt'intorno circondato dal fossato, profondo 6 braccia (m. 3,50), largo anche 25 braccia (m. 14,90) e chiuso dal muro della controscarpa, lungo 458 braccia (m. 272,50) e alto 6 (m. 3,50).
Nella rocca risiedeva stabilmente un castellano, il “prefetto del castello” con un contingente militare, il quale aveva il compito del mantenimento dell'efficienza difensiva dell'edificio. Ciò avvenne regolarmente sotto i Visconti e continuò con l'avvento degli Sforza, sotto i quali il castello assunse più la dimensione di dimora signorile, pur continuando ad essere luogo di dura pena e munita fortezza. Nel castello fu giustiziata Beatrice di Tenda nel 1418 e nelle sue prigioni morì Ludovico da Tossignano, sacerdote che aveva osato scrivere dei sonetti contro Galeazzo Maria Sforza.
Ludovico Sforza spesso vi veniva per partecipare a battute di caccia nell'esteso territorio che si era riservato per questo divertimento a sud di Binasco. Lo Sforza, prigioniero in Francia, ricordava con grande nostalgia il castello di Binasco e le sue riserve di caccia. A Binasco aveva trascorso giornate serene. Il 21 gennaio 1491 vi pernottò con Beatrice d'Este, che quattro giorni prima aveva sposato a Pavia, e con tutta la comitiva nuziale, prima di rientrare trionfalmente a Milano.
Morto l'ultimo duca nel 1535, lo Stato milanese passò direttamente alla Spagna. Sotto la Spagna il castello di Binasco perse la sua funzione originaria, che era quella militare, e non ebbe più le opere di manutenzione necessarie alla sua conservazione. Cinquant'anni di governo spagnolo e di amministrazione feudale della famiglia Castaldi furono sufficienti a renderlo un edificio “derelitto”, tanto che, come fu scritto alla metà del Cinquecento, «volendolo abitare in modo confortevole, solo un quarto dei muri sarebbe ancora fruibile; il resto è tutto da abbattere: soffitti crollati, pavimenti dissestati o completamente distrutti, strutture pericolanti».
Fu modificato come ora lo vediamo nel XVII secolo quando feudatari di Binasco divennero i Mendoza.
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