La Villa Reale di Monza è un grande palazzo in stile neoclassico che fu realizzato e usato come residenza privata dai reali Austriaci, successivamente diventato Palazzo Reale con il Regno d'Italia Napoleonico, e mantenuto in tale funzione - seppur via via diminuendo - dalla monarchia Italiana dei Savoia, ultimi Reali ad utilizzarlo.
Attualmente ospita mostre, esposizioni e in un'ala anche l'Istituto Superiore d'Arte e il Liceo artistico di Monza.
Maria Teresa d'Austria decise la costruzione della Villa Arciducale quando stabilì di assegnare al figlio Ferdinando d'Asburgo-Este la carica di Governatore Generale della Lombardia austriaca. La scelta di Monza fu dovuta alla salubrità dell'aria e all'amenità del paese, ma esprimeva anche un forte simbolo di legame tra Vienna e Milano, trovandosi il luogo sulla strada per la capitale imperiale.
L'incarico della costruzione, conferito nel 1777 all'architetto imperiale Giuseppe Piermarini, fu portato a termine in soli tre anni. Successivamente il giovane arciduca Ferdinando fece apportare aggiunte al complesso, sempre ad opera del Piermarini e usò la Villa come propria residenza di campagna fino all'arrivo delle armate napoleoniche nel 1796.
Eugenio di Beauharnais, nel 1805 nominato viceré del nuovo Regno d'Italia, fissò la sua residenza principale nella Villa che quindi in questa occasione assunse il nome di Villa Reale. Tra il 1806 e il 1808 per suo volere al complesso della Villa e dei suoi Giardini fu affiancato il Parco, recintato e vasto 750 ettari, destinato a tenuta agricola e riserva di caccia.
Dopo la caduta di Napoleone (1815) vi fu il ritorno degli austriaci fino alla seconda guerra di indipendenza (1859) quando la Villa Reale diventò patrimonio di Casa Savoia. La Villa fu specialmente cara al Re Umberto I che amava risiedervi e che la volle trasformata in molti ambienti dagli architetti Achille Majnoni d'Intignano e Luigi Tarantola.
Il 29 luglio 1900 Umberto I fu assassinato proprio a Monza da Gaetano Bresci mentre assisteva ad una manifestazione sportiva organizzata dalla società sportiva "Forti e Liberi", tuttora in attività. In seguito al luttuoso evento il nuovo Re Vittorio Emanuele III non volle più utilizzare la Villa Reale, facendola chiudere, lasciandole un senso di mausoleo e trasferendo al Quirinale gran parte degli arredi.
Nel 1934 con Regio decreto Vittorio Emanuele III fece dono di gran parte della Villa ai Comuni di Monza e di Milano, associati. Ma mantenne ancora la porzione sud con sale dell'appartamento del padre, Re Umberto I, sempre costantemente chiusi, in sua memoria. Le vicende dell'immediato dopoguerra della seconda guerra mondiale provocarono occupazioni, ulteriori spoliazioni e decadimento del monumento. Con l'avvento della Repubblica, l'ala sud è diventata patrimonio e amministrata dallo Stato. Il resto della Villa Reale è amministrata congiuntamente dai comuni di Monza e Milano.
Dopo un lungo periodo di degrado dovuto anche al frazionamento delle amministrazioni, a marzo 2012 sono iniziati i lavori di restauro all’interno della villa, che prevedono il recupero e la valorizzazione del corpo centrale, il recupero parziale delle ali nord e sud, la realizzazione dell’area tecnica esterna alla Villa nel lato nord e la messa in sicurezza della corte d’Ingresso. Per quanto riguarda la struttura edilizia, è previsto il consolidamento delle murature del piano terra, il ripristino delle volte e dei solai lignei, la realizzazione di opere di manutenzione straordinaria per la messa in sicurezza della corte e il ripristino della pavimentazione, della cancellata e della facciata sud dell’area nord. Inoltre, il progetto prevede la riqualificazione del belvedere e il restauro delle sale del piano terra. I lavori dureranno circa due anni e termineranno a marzo 2014. Attualmente la Villa è gestita da un Consorzio unico, di cui fanno parte gli enti proprietari della villa.
Piermarini realizza un edificio esemplare della razionalità neoclassica adattata alle esigenze di una realtà suburbana. I tre corpi principali, disposti a U, delimitano un'ampia corte d'onore chiusa all'estremità dai due volumi cubici della Cappella e della Cavallerizza, da cui partono le ali più basse dei fabbricati di servizio: si definisce in tal modo uno spazio razionale, costituito dall'ordinata disposizione dei volumi che si intersecano ortogonalmente e che, progressivamente, si sviluppano in altezza. Come nella reggia di Caserta di Vanvitelli e prima ancora a Versailles, nella Villa reale di Monza si sottolinea un percorso che, attraverso un viale principale, collega la villa al centro del potere.
La decorazione delle facciate, rinunciando a timpani, colonnati e riquadri a rilievo, si presenta estremamente rigorosa, segnando le superfici di sottili gradazioni. L'essenzialità stilistica dell'edificio è dovuta, oltre che a precise scelte di gusto, anche a ragioni politiche: la corte illuminata di Vienna preferiva evitare un'eccessiva ostentazione di ricchezza e potere in un paese occupato. Anche gli interni si accordano al principio di razionalità e semplicità che caratterizza l'intero progetto. In particolare appare curata la loro funzionalità: i corridoi ad esempio sono tagliati in modo da servire indipendentemente varie sale adibite ad usi diversi.
Il complesso della Villa comprende la Cappella Reale, la Cavallerizza, la Rotonda dell'Appiani, il Teatrino di Corte, l'Orangerie. Nel primo piano nobile sono le sale di rappresentanza, gli appartamenti di Umberto I e della Regina Margherita. La fronte della Villa rivolta ad est si apre sui Giardini all'inglese progettati dal Piermarini.
L'edificio destinato alle serre per il servizio dei giardini della Villa, denominato Orangerie nel progetto originale piermariniano e oggi comunemente noto come il Serrone, fu costruito nel 1790.
L'ambiente, imponente per le dimensioni, è esposto e riceve la luce da sud da una lunga serie di finestre. In esso, oltre al ricovero invernale delle piante più delicate ed in generale delle piante esotiche, in età asburgica si soleva tenervi anche spettacoli di vario genere per la Corte.
Nella seconda metà del XX secolo, proprio davanti al Serrone, è stato impiantato un vasto roseto nel quale annualmente nel mese di maggio viene indetto un concorso floreale.
Dopo i restauri intervenuti, l'edificio oggi è destinato a sede di mostre d'arte temporanee.
Nella planimetria con il perimetro del parco tracciata da Luigi Canonica e datata intorno al primo decennio dell'Ottocento, sulla base della mappa catastale, si distingue un "casino della vigna toscana", contemporaneo alla stesura della mappa. Canonica aveva prima pensato, come attestato dai suoi disegni per la sistemazione di un primo ampliamento del Parco tra 1805 e 1808, di mantenere la “vigna” entro un contorno sistemato all’inglese; in seguito, nei disegni riguardanti la sistemazione dell’interno parco nella sua estensione definitiva, aveva previsto l’eliminazione della “vigna” e l’inglobamento della sua area nei giardini reali, dove il sedime della vigna è sistemata a prato, con un viale alberato che ne definisce il confine.
È Giacomo Tazzini, succeduto a Canonica nel ruolo di architetto dei Reali fabbricati, ad arricchire gli ampliati giardini reali di un altro notevole pezzo topico del repertorio del giardino romantico: la torre gotica e la rovina medioevale; ovvero “il finto castello con annessa torre”, come l’architetto stesso definisce l’edificio in una lettera del 1829. Il sito prescelto è poco distante dalla grotta e dal tempietto, là dove il piano piermariniano aveva dato spazio, incuneata tra due scene del giardino inglese, alla “vigna toscana” a filari, bordata da quella “tratta tortuosa di strada a Vedano” che limitava a est i primitivi giardini.
L’idea della torretta però inizia a trovare esecuzione solo nel 1822, quando Giacomo Tazzini progetta di sfruttare il fabbricato rurale del vecchio casino toscano per realizzare un edificio “alla gotica” con torretta. In un primitivo disegno, in pianta e alzato, si distinguono accanto a quelli di nuova costruzione, i muri di una cascina esistente, che verrebbero in parte interrati e in parte riutilizzati per il nuovo fabbricato, composto da un portico, una sala terrena e una superiore, cui è aggiunta ex novo una torre a pianta circolare alta circa venti metri, nella cui canna è collocata una scala a chiocciola, che sale ad un ballatoio superiore ed infine ad una terrazza merlata: dunque una vera e propria torre-belvedere, al margine dei giardini, da cui godere del panorama dei giardini stessi e del parco da un punto di visuale nuovo ed inusuale.
In un disegno datato 28 aprile 1824 e firmato da Tazzini, il progetto risulta in gran parte compiuto. In una legenda scritta dallo stesso architetto si legge che risultano ancora da costruire i “muri fingenti un interno cortile dirocato, decorati con frammenti di marmi antichi e altro”, e i “pilastri e i marmi dirocati da farsi” (in adiacenza al Casino) “per meglio piramidare il fabbricato già eretto”.
Una incisione datata 1826 di Frederic Lose ed intitolata La Tour dans le jarden, riporta la torretta finalmente ultimata ed identica a come la si trova ad oggi. Quindi si può dedurre che la data di ultimazione dei lavori si collochi tra la fine del 1824 e l’inizio del 1826. Questa incisione evidenzia inoltre quella che poteva essere la forte suggestione che un edificio di questo genere potesse creare nell’atmosfera di un parco all’inglese come quello dei Giardini della Villa.
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