Villa Carlotta è un luogo di rara bellezza: qui capolavori della natura e dell'ingegno umano convivono armoniosamente in 70.000 mq tra giardini e strutture museali.
In una conca naturale, tra lago e montagne, il marchese Giorgio Clerici fece edificare alla fine del 1600 una splendida dimora, imponente ma sobria, circondata da un giardino all'italiana, di fronte ad uno scenario mozzafiato sulle dolomitiche Grigne e Bellagio.
La villa fu fatta costruire alla fine del 1600 dal marchese Giorgio Clerici: si presenta come un edificio di grande imponenza, ma, rispetto ai canoni dell'epoca, anche molto sobrio. È articolata in tre piani (di cui due sono oggi visitabili). Il luogo permette una vista sulla penisola di Bellagio ed anche sulle montagne che circondano il lago.
La villa divenne proprietà di Gian Battista Sommariva all'inizio del secolo XIX: si trattava di un abile politico, collezionista d'arte e amico personale di Napoleone. Con il Sommariva le raccolte d'arte si arricchirono con capolavori, soprattutto di scultura, tra cui opere di Canova e della sua scuola e di Thorvaldsen come Palamede, Amore e Psiche, Tersicore e il monumentale fregio con i Trionfi di Alessandro Magno. Nelle sale della villa giunse anche il manifesto dell'arte romantica italiana, dipinto da Hayez: l'Ultimo bacio di Romeo e Giulietta.
Le opere di arte esposte si trovano prevalentemente al piano inferiore, mentre quello superiore, dotato di una elegantissima galleria, mostra la villa prevalentemente dal punto di vista abitativo. È qui che abitava Carlotta, il personaggio che finì per dare il nome alla villa. Infatti, intorno al 1850 la costruzione divenne di proprietà dalla principessa Marianna di Orange-Nassau che la donò alla figlia Carlotta quando sposò Giorgio II, duca di Sachsen-Meiningen.
Sommariva, imprenditore e collezionista d’arte, acquisì la proprietà di Tremezzo agli inizi dell’Ottocento: egli volle che parte del giardino fosse trasformato in uno straordinario parco romantico e che la villa venisse impreziosita con opere di Canova, Thorvaldsen e Hayez: Palamede, Amore e Psiche, Tersicore, l’Ultimo bacio di Romeo e Giulietta sono solo alcuni dei capolavori che fanno ancora oggi della villa uno dei templi dell’arte ottocentesca.
Egli, collezionista d'arte ed amico di Napoleone, impreziosì la Villa di capolavori, fra i quali opere di Canova e di Thorvaldsen, come Amore e Psiche, Tersicore ed il Fregio con i Trionfi di Alessandro Magno e dipinti, come l'Ultimo bacio di Romeo e Giulietta di Hayez, manifesto dell'arte romantica italiana, esposti nel piano inferiore dell'edificio.
Verso la metà dell'Ottocento la proprietà fu acquistata dalla principessa Marianna di Nassau e donata alla figlia Carlotta in occasione delle sue nozze con Giorgio II, granduca di Sachsen-Meiningen. Al secondo piano della villa ancora oggi sono collocati mobili, oggetti, dipinti, decorazioni pittoriche, tutte tracce del gusto dell'abitare in villa dei due coniugi.
Citiamo alcune opere all'interno della villa:
Palamede, Antonio Canova
La scultura ritrae Palamede, figlio di Nauplio, re dell'Eubea, mitico inventore del gioco degli scacchi, dei dadi e di alcune lettere dell'alfabeto greco, nonché scopritore di uno dei più celebri inganni di Ulisse. Il re di Itaca, infatti, quando vide giungere nella sua isola Agamennone, Menelao e lo stesso Palamede, che volevano indurlo a partire per Troia, si finse pazzo, facendosi trovare ad arare con il vomere trainato da un bue e un asino e seminando manciate di sale. Ma Palamede intuì l'inganno, strappò dalle braccia di Penelope il piccolo Telemaco e lo gettò di fronte all'aratro, costringendo Ulisse a fermare gli animali per non uccidere l'unico figlio, dimostrando così di non essere pazzo e di essere quindi in grado di partire per la guerra. Egli tuttavia non dimenticò mai che fu l'intuizione di quel giovane a costringerlo alla partenza e appena ne ebbe l'occasione, ordì un inganno che porto all'ingiusta condanna a morte di Palamede. Il ritratto di questo eroe, caduto in disgrazia a causa delle calunnie di Ulisse, doveva offrire un soggetto particolarmente accattivante per il Sommariva che, destituito dal potere politico che aveva detenuto fino agli inizi dell'Ottocento, volle così farsi credere vittima degli intrighi dei propri nemici. Esposta nello studio romano di Canova nel 1805, la statua cadde a terra, dopo un'inondazione del Tevere, per il cedimento del bilico su cui poggiava, rischiando di travolgere l'artista. Lesionata in diversi punti venne restaurata dallo stesso Canova tra il 1806 e il 1808. Il trasferimento nella villa di Tremezzo avvenne nel 1819; qui venne collocata nella stessa stanza in cui ancora oggi trova posto, con quinte di specchi per esaltarne l'assoluta perfezione formale.
Musa Tersicore, Antonio Canova
Nella Sala dei Gessi tra le porte finestre, trova posto la Musa Terpsychore di Antonio Canova (1757-1822). È un prezioso modello originale in gesso, straordinario per la sensibilità plastica della posa e la resa del panneggio; questa scultura inoltre reca ancora intatte le repère (chiodini metallici usati come veri e propri punti di riferimento) che permettevano agli aiutanti di bottega, con appositi strumenti, di trasferire le misure della scultura sul blocco di marmo prescelto e di sbozzarlo.
Amore e Psiche giacenti, Adamo Tadolini
Il gruppo Amore e Psiche giacenti fu eseguito tra il 1818 e il 1820 da Adamo Tadolini; si tratta della replica della scultura commissionata ad Antonio Canova dal principe russo Yussupoff (oggi conservata al museo Ermitage di San Pietroburgo), derivata dal modello originale che lo stesso Canova aveva donato all'allievo prediletto Tadolini con l'autorizzazione di trarne quante copie ne volesse. Ottenuta, ad eccezione delle ali, da un unico blocco di marmo di Carrara di eccezionale bellezza, la scultura giunse a Tremezzo nel 1834, dove per la grande qualità fu a lungo scambiata per un'opera autografa di Canova e divenne tra le più celebri icone di sensualità e passione.
Maddalena Penitente, dalla scuola di Antonio Canova
In una piccola stanza è conservata una copia coeva della Maddalena Penitente di Antonio Canova, anch'essa di proprietà di Sommariva che la acquisì nel 1808 e la collocò nel palazzo di Parigi. L'allestimento evoca quello ideato dal Sommariva che desiderava che questa scultura fosse esposta in penombra, in un piccolo cabinet dalle pareti rivestite di seta grigia e illuminata da una lampada d'alabastro in modo da farne risaltare la delicata sensualità.
L’ultimo addio di Romeo e Giulietta, Francesco Hayez
Tra i più importanti dipinti della raccolta di Francesco Hayez (1791-1882) spicca L’ultimo addio di Romeo e Giulietta, olio su tela del 1823, manifesto dell'allora nascente pittura romantica in Italia. Il dipinto, ispirato ad uno dei grandi miti letterari, la celebre tragedia shakesperiana dei due giovani e sfortunati amanti veronesi, venne eseguito su commissione di Giovan Battista Sommariva nel 1823. La scena è ambientata nella casa di Giulietta, ancora avvolta nel buio della notte, con la giovane, di spalle, che si protende per un ultimo bacio verso Romeo, ormai sul balcone inondato dalla rosea luce dell'alba. Sorregge la composizione un interessante impianto compositivo e una vigorosa resa cromatica, ispirata alla grande tradizione veneta.
L'Ingresso di Alessandro Magno in Babilonia, Bertel Thorvaldsen
Una importante volta carenata dipinta a cassettoni, stelle e rosoni neoclassici in finto stucco sovrasta il Salone dei Marmi dove è conservata una delle opere più significativa della collezione. Lungo tutto il perimetro della sala, appena sotto la cornice di gesso della volta, è possibile ammirare l'imponente altorilievo con L'Ingresso di Alessandro Magno in Babilonia, capolavoro dello scultore danese Bertel Thorvaldsen (1768-1844). L'opera era stata realizzata in una prima versione in stucco per il palazzo del Quirinale, in occasione della visita romana di Napoleone. Terminata nel giugno del 1812, riscosse un tale successo che lo stesso Bonaparte ne ordinò una versione in marmo per il Pantheon di Parigi. Le mutate condizioni politiche bloccarono però la costosissima commissione, che venne rilevata da Gian Battista Sommariva nel 1818. Il monumentale bassorilievo è composto da 33 lastre di marmo inviate a Tremezzo tra il 1818 e il 1828 e rappresenta il trionfale ingresso del condottiero macedone e del suo esercito accolto dalla popolazione di Babilonia. Prendendo come riferimento la porta centrale verso il giardino si può riconoscere immediatamente sopra lo stipite la quadriga di Alessandro guidata da una vittoria alata. Al seguito due scudieri che reggono le armi, poi l'impetuoso cavallo Bucefalo e via via l'esercito fino ad un elefante che reca i trofei di guerra seguito da un re fatto schiavo. Il penultimo personaggio all'estremità di questo lato del fregio è lo scultore stesso, qui autoritrattosi a fianco di Sommariva, mentre gli indica soddisfatto l'opera appena compiuta. Ritornando indietro con lo sguardo, si coglie di fronte al carro di Alessandro la Pace, recante un ramo d'ulivo, seguita da Mazzeo, satrapo di Babilonia e dai figli, e quindi dalla variegata popolazione di Babilonia, danzatrici e sacerdoti, indovini e pescatori, pastori e musici.
Virgilio legge il sesto canto dell'Eneide, Jean-Baptiste Wicar
La grande tela del pittore francese Jean-Baptiste Wicar (1762-1834), Virgilio legge il sesto canto dell'Eneide racconta una scena che si svolge a Roma alla corte di Augusto il 23 a. C.: Ottavia, sorella dell'imperatore, sviene all'ascolto dei versi che evocano la morte del figlio Marcello; la sorregge il fratello Augusto che con un gesto imperioso impone il silenzio a Virgilio, in piedi all'estrema sinistra della composizione. A destra, Mecenate, nelle cui fattezze è ritratto il committente Sommariva, si protende verso la donna; al suo fianco, in posizione marziale, sta il generale Agrippa, nelle cui vesti è ritratto Napoleone. Il quadro fu commissionato nel 1818 per l'interessamento di Canova e prima di giungere a Tremezzo venne esposto con grande successo alla mostra di Belle Arti di Brera del 1821.
L'apoteosi di Napoleone, Andrea Appiani
Napoleone Bonaparte è il soggetto degli affreschi staccati e collocati su soffitto e pareti della sala di Amore e Psiche; opera di Andrea Appiani (1754-1817) sono quanto resta, dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale, del ciclo che decorava dal 1808 la sala del trono del Palazzo Reale di Milano. Sul grande medaglione ottagonale è rappresentata l'Apoteosi di Napoleone, dove l'imperatore è ritratto su di un imponente trono, sostenuto da quattro vittorie alate e circondato dai segni zodiacali e dalle Ore; nelle quattro lunette, le Virtù Cardinali:, la Prudenza, con sfinge, specchio e clessidra, la Giustizia con scettro e libro delle leggi, la Fortezza con leone, scudo e clava e infine la Temperanza, accompagnata da un Genio che annacqua il vino. In questa sala è anche esposto un pregiato cassettone neoclassico, proveniente ancora dal Palazzo Reale di Milano. Il mobile a due cassetti, in legno intagliato, laccato e dorato venne eseguito intorno al 1776 da Giuseppe Maria Bonzanigo (1744-1870), su disegno di Piacenza e Rondoni.
Cammei
Si tratta di una rarissima collezione di cammei in gesso, oltre 470 calchi, eseguita intorno al 1830 dall'incisore romano Giovanni Liberotti. Un insieme straordinario per qualità e significati: oltre al numero, l'eccezionale stato di conservazione dei calchi ancora entro le loro custodie di legno originali e la qualità d'esecuzione, questa raccolta costituisce un documento di primaria importanza per la storia della villa. La collezione, infatti, riproduce in miniatura i capolavori dei musei all'epoca più noti, partendo dai Musei Vaticani e Capitolini di Roma per giungere alle Gallerie di Firenze, Napoli e Parigi, comprendendo anche Villa Sommariva, oggi villa Carlotta, che evidentemente all'epoca costituiva uno dei luoghi di maggior richiamo artistico e culturale di tutta Italia.
Il paese di Tremezzo si affaccia all'acqua con basse case a portici in uno dei punti più belli del Lario, dietro strette gradinate salgono verso le case aggrappate alla montagna, davanti lo sguardo spazia sul vasto bacino centrale del lago, sul promontorio di Bellagio, sulle rocciose Grigne e i paesini disseminati lungo la sponda orientale. Alla fine dell'abitato, sul lago, si trova la sontuosa villa Carlotta, nome dovuto a Carlotta che la ricevette come dono di nozze da sua madre, principessa Marianna di Prussia. La villa costruita in forme barocche ai primi del '700, è alla sommità di un bellissimo giardino terrazzato ricco di oltre 500 specie di piante favorite nella fioritura dalla dolcezza del clima. Nel giardino troviamo pergolati di agrumi, siepi di camelie, 150 varietà di azalee, rododendri, piante tropicali, la valle delle felci australi, palme, cedri, il giardino di bambù e conifere secolari. Al suo interno la villa accoglie opere d'arte di immenso pregio. La serra utilizzata in inverno per gli agrumi è stata trasformata in un interessante museo degli antichi attrezzi agricoli.
Giorgio II, duca di Sachsen-Meiningen, fu quest'ultimo, grande appassionato di botanica, a realizzare il giardino paesaggistico di grande pregio storico-ambientale che oggi comprende oltre 500 specie vegetali.
Passeggiando fra i viali di inciottolato e ghiaia del Parco si incontrano il Giardino Roccioso, la Valle delle Felci, il Bosco di Rododendri, il Giardino di Bambù, antichi esemplari di camelie, sequoie secolari ed il Museo degli Attrezzi Agricoli, ospitato all'interno della serra. Imperdibili le splendide fioriture primaverili di rododendri ed azalee in oltre 150 varietà.
Il parco di villa Carlotta (circa 8 ettari visitabili) è luogo di grande fascino, non solo per la posizione panoramica particolarmente felice, ma anche per l'armonica convivenza di stili, la ricchezza di essenze, le suggestioni letterarie che ne fanno una meta imperdibile per chi giunge sul lago di Como.
Dell'età seicentesca resta l'ampio giardino all'italiana con alte siepi a taglio geometrico, parapetti a balaustrate, statue e giochi d'acqua; del periodo romantico è ancora percepibile la struttura del giardino all'inglese, ricco di alberi pregiati di proporzioni eccezionali e di scorci di grande suggestione; alla fine del XIX secolo risale invece la grande architettura vegetale delle imponenti masse di rododendri, azalee e di specie rare, che fanno del parco di villa Carlotta un vero e proprio giardino botanico.
Le cinque terrazze che fronteggiano la villa, sono animate da aiole geometriche, piccole peschiere, nicchie e fontane. Raggiungibili attraverso la seicentesca scalinata a tenaglia, le terrazze offrono molte sorprese botaniche: le alti siepi di camelie, le piante di papiro, i grandi e rinomati tunnel di agrumi e le numerose rose che decorano le pareti, in molti casi vecchissimi esemplari sopravvissuti nel corso degli anni. Questa fu la zona del giardino che il celebre scrittore francese Gustave Flaubert, durante il suo soggiorno sul lago di Como nella primavera del 1845 apprezzò più di ogni altro con la sua "scalinata di pietra che scende fino nell'acqua per imbarcarsi, i grandi alberi, le rose che spuntano su una fontana". Dalle terrazze si gode di una straordinaria vista del giardino all'italiana con la balaustra in pietra a dodici pilastri a bugnato che sorreggono altrettante statue di divinità mitologiche e figure allegoriche in marmo di Candoglia, risalenti ai primi anni del Settecento: Notte, Ercole, Dejanira, Zefiro, Flora, Apollo, America, Pomona, Vertumno, Galatea, Eco, Aurora in un crescendo di significati simbolici riconducono ai ritmi e ai piaceri della vita agreste. Al centro, la fontana settecentesca con vasca sagomata e la statua di Arione di Metimna, celebre cantore e suonatore di cetra, che venne miracolosamente salvato dai flutti grazie all'intervento di un delfino.
A giudicare dalle dimensioni raggiunte da numerosi esemplari, l'impiego della camelia a Villa Carlotta risale molto indietro nel tempo. Passeggiando tra i giardini se ne possono ammirare diverse varietà, alcune assai rare, dai più diversi colori. Il nucleo più imponente è senza dubbio quello che decora il cortile posteriore della villa, attorno alla grande nicchia a rocaille che un tempo ospitava la statua di Ercole e l'idra e oggi è rigogliosamente coperta dal capelvenere.
In aprile e maggio Villa Carlotta offre un autentico mare di azalee multicolori, disposte in alti cuscini arrotondati lungo alcuni sentieri. L'effetto è straordinario, sia per la varietà cromatica, sia per le dimensioni raggiunte dagli arbusti. Si tratta di un percorso fiorito di grande fascino e portata che in Italia conosce davvero pochi eguali. Qui è realmente possibile verificare in modo tangibile l'abilità di chi, dai paesaggisti della famiglia Sassonia-Meiningen ai giardinieri odierni, ha saputo ideare, realizzare e mantenere un percorso di tale portata, interpretando in chiave moderno gli obiettivi e le tecniche dell'antica arte topiaria. Per osservare ancora meglio la scena, un corto sentiero lungo le azalee conduce ad un gazebo di schietto sapore romantico: da questo luogo si possono ammirare autentiche onde di azalee con retrostanti pareti di rododendri arborei che ne accompagnano la fioritura.
La sapiente cura di un’unica specie di rododendro (Rhododendron arboreum) ha permesso di creare un ambiente che in natura trova riscontro solo sulle montagne himalayane: decine di esemplari ultracentenari, dai rami e dai tronchi contorti creano qui un'atmosfera unica. Caratterizzata da un tronco spesso non ramificato in basso, dal diametro di 30-60 cm e di un'altezza variabile tra 1 e 15 metri, il Rhododendron arboreum è un vero e proprio albero dalla foglie lanceolate od oblunghe e dalle infiorescenze ad ombrella con 15-20 fiori di un bel rosso cremisi nella specie tipo oppure rosata o perfino bianca in alcune sottospecie.
Una sorprendente prospettiva scenografica realizzata esclusivamente con materiale vegetale crea un ambiente di grande fascino: un tracciato erboso e sinuoso che sale lungo i fianchi della montagna, delimitato ai lati da quinte di arbusti, verso un punto di fuga costituito da un fondale di alte conifere. È un autentico "teatro di verzura" in senso moderno, al cui fascino nessuno può resistere. Oltre al tappeto erboso alcune piante sono qui regine: l'azalea, i rododendri, le palme e sulla destra uno straordinario glicine secolare, vera e propria scultura naturale.
Oltre 3000 metri quadri ispirati ai principi e alle tecniche dell'arte dei giardini giapponesi qui ospitano ben 25 specie di bambù, alcune assai rare, in un contesto di grande armonia tra cascatelle, ruscelli e strutture in pietra. La scalinata di accesso al giardino è sovrastata dal portale Torii che segna l'ingresso alla parte del giardino più tipicamente orientale, una zona strutturata a stanza su due differenti livelli; quello più interno circondato da un boschetto di bambù giganti è un'oasi di tranquillità in cui si possono apprezzare appieno luci, forme, suoni e colori che nell'armonica unione tra acqua e bambù mutano nel corso delle ore della giornata.
L'abile mano del paesaggista ha saputo trasformare una comune forra naturale in un ambiente scenograficamente costruito al fine di destare stupore nel visitatore, mediante l'aggiunta di platani e tigli, ma soprattutto di piante esotiche come le grandi felci arborescenti e palmiformi originarie dell'Australia. Lo spettacolo per chi si affaccia dal belvedere appositamente creato è di sicuro effetto e di grande impatto.
Area dalla configurazione vegetale particolare, costituita da una corona superiore di arbusti di ottimo impianto ornamentale, sovrastanti un mosaico di erbacee a fioritura primaverile ed estiva, alternate a tipi di palme dalle più diverse provenienze. Nella zona più ad est, tra ampie nicchie scavate nel terreno scosceso e separate fra loro mediante rocce e sassi, è ospitato un considerevole gruppo di piante grasse, con specie provenienti da una quindicina di generi diversi, che vengono qui sistemate nella buona stagione e ritirate poi in serra con i primi freddi.
Il giardino a sinistra della villa, superato il ponticello che scavalca la roggia sottostante, ha carattere meno sonoro e spettacolare del resto del parco, ma è la zona più ricca di suggestioni romantiche. Questa ampia zona di parco infatti, si presenta ancora nell'antica struttura ottocentesca con il viale centrale e i grandi platani già celebrati da Stendhal. Qui è collocata anche la fontana dei nani, gustosa costruzione in gusto baroccheggiante fatta a scalette e cascatelle, scenograficamente concentrate in pochi metri di ripido pendio.
Al fine di non smarrire la memoria storica delle tecniche agricole e di giardinaggio del passato, presso le serre di villa Carlotta è stato aperto al pubblico un deposito di antichi attrezzi agricoli, utilizzando parte della struttura in legno delle limonaie. Nell'edificio sono esposti, a fini didattici, vecchi utensili e strumenti un tempo utilizzati dai giardinieri della villa: fra gli altri tinozze, brente, carriole, una pompa antincendio, torchi e tini per la produzione del vino e uno smielatore.
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