Angela Merici (Desenzano del Garda, 21 marzo 1474 – Brescia, 27 gennaio 1540) è stata una religiosa italiana, fondatrice della Compagnia delle dimesse di sant'Orsola. Fu proclamata santa da papa Pio VII il 24 maggio 1807; nel 1861 papa Pio IX ne estese il culto a tutta la Chiesa cattolica, che la celebra il 27 gennaio.
Angela Merici nasce a Desenzano del Garda da Giovanni e Caterina dei Biancosi, famiglia della piccola nobiltà rurale proprietaria di alcuni terreni.
Il nome Angela significa messaggero, nunzio, dal greco e l'emblema è il giglio.
Una leggenda agiografica narra che un giorno, mentre era in estasi, ebbe una visione in cui le fu rivelato che doveva fondare un’associazione di vergini che dovevano dedicare le loro vite all’educazione religiosa delle giovani ragazze. Dopo aver fondato una scuola a Desenzano, fu invitata nella città vicina, Brescia, per fondarvi una scuola simile. Angela accettò felicemente l’invito e giunse a Brescia nel 1516.
Secondo un'altra leggenda devozionale, nel 1524, mentre faceva un pellegrinaggio in Terra Santa, divenne improvvisamente cieca mentre era sull’isola di Creta, ma continuò il suo viaggio nei luoghi santi e guarì al suo ritorno, mentre stava pregando davanti ad un crocifisso nello stesso posto dove era stata colpita dalla cecità poche settimane prima.
La prima illuminazione occorra ben tosto nella vita di Sant’Angela: secondo le sue confidenze, aveva cinque o sei anni quando cominciava conoscere ed amare Dio, non in una maniera astratta, ma secondo Antonio Romano, un testimone al processo diocesano di beatificazione: (per quanto mi disse) …avendo udito leggere al padre libri spirituali di Santi e Vergini, cominciò a darsi ad una vita sobria spirituale e contemplativa. Angela è incoraggiata ad imitarli; queste letture aprono per lei un camino di preghiera; comincia a parlare a Dio e cercare luoghi e tempi di raccoglimento. Allo stesso tempo, riusciva ad attirare la sorella maggiore alla sua vita di preghiera e d’astinenza. Angela cresceva, dunque, in un ambiente rurale, di forte fede cristiana, con i sui fratelli e una sorella. A questi anni di felicità familiare succede un periodo di lutto. Verso 1490 – Angela aveva raggiunta allora probabilmente i 16 anni d’età – la sua sorella maggiore morì, lasciando Angela nell’angoscia. Dopo un tempo di preghiera intensa, Angela ha ricevuto la seconda illuminazione: un giorno, quando lavorava nei campi, Angela ha visto la sua sorella circondata dagli angeli, nella gioia celeste. Da questo momento, è stimolata ad intensificare la sua via di preghiera e di rinunzia.
Dopo la morte dei genitori, Angela è accolta da suo zio materno, Biancoso de Bianchis, un notaio ricco nella città di Salò. Angela, all’età di matrimonio, lascia dunque la sua vita semplice e laboriosa per un ambiente di piacere. Desiderando né sposarsi, né entrare in un chiostro, Angela sceglie – è la terza illuminazione - di entrare nel terz’Ordine di San Francesco e comincia una vita di povertà, di lavoro, di preghiera e astinenza, secondo l’esempio del poverello d’Assisi. Allo stesso tempo, quella bella ragazza, piena di gioia serena nonostante i lutti sofferti, attira gli altri a Dio. Secondo Matteo Bellintani, ben che era ancora giovane, Angela, con i suoi esempi e parole esortava già numerose persone a seguire una vita cristiana più fervida: all’esempio suo e suoi santi ricordi, si svegliò in molte persone, benché ella era giovinetta ancora, spirito di santità. Giovane adulta, Angela ritorna a Desenzano e segue la vita semplice e laboriosa degli altri contadini. Un giorno, quando lavorava nei campi, i cieli si aprono per la quarta e ultima illuminazione. In una visione a mezzogiorno, quando le sue compagne si riposavano, Angela riceve da Dio la sua missione, quella di fondare una Compagnia di vergini, la qual si doveva dilatare. Cui si termina il tempo delle illuminazioni, e comincia per Angela un lungo periodo di vita laboriosa e nascosta.
All’inizio del quindicesimo secolo, niente caratterizza la vita d’Angela, una lunga vita serena di preghiera e di lavoro nei campi, senz’alcun segno della missione a compiere. Con le sue contemporanei, vive anni di pace e di guerra, quella che comincia in 1509 e continua fino al 1516. La sua casa delle “Grezze” in Desenzano si trova vicina della strada fra Brescia e Venezia, dunque esposta alle esigenze delle forze armate pronte ad impadronirsi delle raccolte e dei branchi. Una parola del biografo Bernardino Faino, da qualche luce su questo lungo periodo d’attesa: Angela già testimoniava d’amabilità e dolcezza; la sua presenza amichevole fu ricercata da molte persone, non solamente a Desenzano, ma anche nelle borgate lungo il Lago di Garda. Con soavissime parole, Angela cercava di orientarle tutte verso il cielo: aveva con la sua gran carità contratta amicizia non solo con quei della Terra ma con tutta la riviera; tutti andavano a gara per averla in casa . Andava però modestamente Angela nelle case altrui, e contrattando confidentemente con ogni persona, cercava sempre d’acquistar qualche anima al Cielo, il che era il suo fine principale. Queste parole suggeriscono i doni di contatto e di comunicazione che vanno crescendo nella sua personalità. Questi doni sono confermati da Bellintani, quando scrive, questa (umiltà) amabile e grazioso rendeva il suo parlare con altri, e parimente i gesti e i costumi suoi. Questa tutti onorando, ed a tutti sottoponendosi, travagliava con molta leggiadria all’emendazione della loro vita, ed al profitto della vita cristiana. Questa la faceva sicuramente vivere nel mondo negoziando nei fatti della salute con ogni sorte di persone.
Una richiesta inaspettata cambia totalmente la sua vita semplice. Dopo quattro anni di guerra, la città di Brescia è rovinata; moltissime famiglie piangano i loro morti. Consapevoli della ricca personalità umane e spirituale di Angela, I superiori Cappuccini del Terz’Ordine la mandano a Brescia per consolare una vedova, Caterina Patengola, che aveva perso durante la guerra il suo marito, due figli, una figlia e il genero, e che rimaneva sola con una piccola nipotina di quattro anni. Angela in uno spirito d’obbedienza lascia tutto: fratello, amici, casa e campi, abitudini, lavori agresti. Arrivata a Brescia, la sua vita cambia totalmente, e Angela comincia allora, in una maniera provvidenziale, i venti ultimi anni della sua vita.
Dopo un anno nella casa di Caterina, Angela è riuscita non solo di pacificarla, ma anche di aiutarla a crescere nell’apertura agli altri. Da questo momento, la vedova adottava l’uno dopo l’altro piccoli orfani per educarli e farli imparare un mestiere. La sua missione terminata, Angela rimane a Brescia, per motivi spirituali: più gran facilità di andare alla Messa quotidiana, ricevere sacramenti e auscultare omelie. Con cuore materno, accetta l’invito di stabilirsi nella casa d’Antonio Romano, un giovane drappiere di 24 anni, appena arrivato a Brescia; aveva incontrato Angela presso Caterina. Durante 12 anni, Angela rimane nella sua casa, vicina della Chiesa di Sant’Agata e delle porte della città, alla limite dei quartieri dei mercanti e dei poveri. La testimonianza di Romano è molto importante per conoscere l’influenza crescente della santa fra i Bresciani: di giorno in giorno, crescendo la sua santimonia, veniva la sua fama di spiritualissima vita spargendosi fra il popolo, in modo che vi concorreva moltissimi della città di Brescia. La santità di vita di questa donna di preghiera, ma anche le sue qualità umane d’accoglienza, d’ascolto, di comprensione, e di saggezza spiegano l’interesse dei concittadini per la persona di Sant’Angela. Romano menziona la forza della sua preghiera per ottenere grazie del Signore, ma anche delle sue parole per quietare qualche discordia o ottenere giustizia: pacifica due nobili Bresciani determinati a combattersi fino alla fine. Secondo Faino, la “Madre”, come la chiamavano i cittadini, è andata a visitare ciascuno nella sua casa e riusciva con dolcissime parole a persuaderli di vivere in pace l’uno con l’altro. Il secondo caso rivela la forte personalità della santa ma anche i suoi doni di persuasione: al ritorno di un pellegrinaggio a Mantova, Angela è andata a Solferino presso il Signor Luigi di Castiglione, per ottenere da lui la grazia di un amico bandito e la restituzione dei suoi beni. Nonostante il carattere duro e orgoglioso del Principe, Angela riuscì, con umili e dolci parole, di persuaderlo a perdonare il servo bandito. Non è sorprendente se Romano commenta l’episodio dicendo, la sua fama si spargeva nei circonvicini luoghi, talmente che ogni Signore gli concedeva quello che domandava.
In 1524, Angela si recava nella Terra Santa con Romano e il cugino Bartolomeo. Un’oftalmia temporanea contrattata durante il viaggio la fece vivere intensamente i misteri di Gesù Cristo, specialmente al Calvario. Secondo Bellintani, avrebbe ricevuto qui, durante una lunga preghiera, una grazia particolare di maternità spirituale per i futuri membri della Compagnia. Al ritorno, nella città di Venezia, è stata ospitata nell’ospedale degli Incurabili dove venevano da lei alcuni nobili degli Signori a visitarla e per intendere ed interrogarla della vita e sua scienza e santimonia. Dopo, questi nobili, convinti della santità di Angela e de suoi doni di animazione spirituale, l’hanno chiesto di rimanere in Venezia per il beneficio dei luoghi pii. L’anno dopo, Angela andata in pellegrinaggio a Roma par l’Anno Santo, fu accolta dal Papa Clemente VII, che anche da sua parte, desiderava che dimorasse a Roma per i medesimi motivi. Ciascuna volta, Angela non ha accettato gli inviti, sicura che il Signore l’aspettava a Brescia per il compimento della sua missione di fondatrice.
Al ritorno dei due pellegrinaggi, Angela è coinvolta in un’attività apostolica intensa: manifesta il dono di discernere negli altri la loro vocazione, spiega la Santa Scrittura, è consultata dai teologi e predicatori, realizza conversioni importanti, è visitata de persone di tutti i livelli della società, manifesta un dono particolare di riconciliazione nelle famiglie e nella società, e, soprattutto, diviene una maestra di vita spirituale: facesse così bellissimi, dotti e spirituali Sermoni, che alle fiate duravano un’ora. Presa poco giovane e donne si riuniscono attorno di lei.
In 1528 e una seconda volta in 1532, forse già con parecchie figlie spirituali, Angela è andata a Varallo, al “Monte Sacro”, dove cappelle diverse ripresentavano diversi episodi della vita di Cristo. Era una vera catechesi visuale, che Angela ha potuto commentare per la loro formazione cristiana. Nello stesso anno di 1532, fa dipingere sui pareti di una grande stanza nel centro della Città episodi della vita di Cristo, specialmente dell’infanzia e della passione, della Madonna e dei santi e sante delle Chiesa primitiva; in quel luogo Angela riuniva le sue figlie per insegnarle il modo di vita evangelica che progettava nel nuovo istituto. Insegnava con i esempi visuali dipinti sulle pareti della stanza e con l’incoraggiamento delle sue parole.
Viene, dopo quaranta anni di attesa, il tempo della fondazione. Prima di scrivere la Regola per la Compagnia, Angela procedette in un modo pedagogico la preparazione di essa: Secondo Cozzano, il suo segretario, Lei otteneva da queste vergini quello che comunicava ad altri, e dava la capacità di fare. Poi, di ciò, si consultava con loro, e diceva che non lei, ma loro con lei l’avevano fatto. Restava loro obbligatissima ritenendosi vera debitrice, e dando loro Dio quale rimuneratore potente, come vera amica e viva figlia di Dio.
La Compagnia di Sant’Orsola fu fondata il 25 Novembre 1535 e la sua Regola approvata dall’autorità diocesana il 8 Agosto 1536. Angela, dalla sua dimora vicino della chiesa di Sant’Afra, una della prime martiri di Brescia, continuava la sua missione di fondatrice, esortando le sue figlie a vivere come vere e intatte spose del Figliolo di Dio. Allo stesso tempo, anche quando la malattia la fece capire che la morte appropinquava, Angela continuava a esortare nelle fede i suoi visitatori: un giovanetto, figlio del suo parente Angelo, nel quale discerneva una vocazione sacerdotale, e Tomaso Gavardo e Giacomo Chizzola, che ha lasciato la sua testimonianza: Mi ricordo anche, che quando essa era all’estremo della sua vita per morire l’andai a visitare, che levata in settone, fecemi un bel esordio intorno al vivere cristiano, e al mio partire, fu pregata dal Signor Tomaso Gavardo quale ivi era venuto meco, che gli , fasciasse qualche spirituale documento, onde essa altro non disse che questo, “Fate la vita quelle che vorresti aver fatto al tempo della morte”. Allo stesso tempo, Angela preparava i suoi “Avvisi” e “Testamento” per l’istruzione e la formazione delle superiore della Compagnia.
Dopo la morte di Sant’Angela, la stima generale esprimeva i motivi dell’ammirazione dei suoi contemporanei: non solamente la sua vita di preghiera, o d’austerità, non solo gli esempi della sua santa vita, ma anche i benefici delle sue parole. Così scriveva Pandolfo Nassino, il cronista di Brescia, all’indomani della morte della Santa: questa Madre Suor Angela a tutti predicava la fede del sommo Dio che tutti se innamorava di lei. L’iscrizione messo sulla sua sepoltura esprime in versi i ricordi della santa, e, soprattutto, il suo dono d’insegnamento della fede:
Proposito Martyr, virgo actibus, ore magistra,
Sic tribus aureolis Angela dives ovas.
Angela nuper eras morum vitaeque magistra,
Nunc patriae tutrix praesidiumque veni.
Angela viva fui, nunc Angela morta dico,
Sum tamen angelicis Angela iuncta choris
Vos qui me nostis, exemplo vivite nostro,
Sic facite ut docui, morta adhuc doceo.
Questi sono i fatti principali nella vita di Sant’Angela Merici. I primi testimoni con i biografi posteriori hanno trasmesso i ricordi di una donna dotata da qualità pedagogica straordinarie. Benché la Madre non frequentò mai la scuola, né inaugurò né insegnò in una scuola, i suoi doni educativi, evidenti nei “Avvisi” e nel “Testamento” avevano un peso tale, che le sue figlie sono rapidamente divenute educatrici. Sotto la direzione del Padre Fratesco Cabrini d’Alfaniello, iniziatore della catechesi sistematica nelle parrocchie di Desenzano verso il 1557, e direttore spirituale della Compagnia di Sant’Orsola, le Orsoline si sono impiegate nell’insegnamento della dottrina cristiana. Già nell’anno 1566, erano presenti nei luoghi pii della città per l’insegnamento e la formazione delle orfane ed altre fanciulle abbandonate.
Un esame attento dei primi documenti biografici rivela che Angela possedeva i doni particolari d’ogni vero educatore:
1° Farsi amare.
Ogni educatore sogna di essere stimato ed amato da suoi allievi. A Brescia, Angela è circondata dagli amici di tutte le classi della società: dalla ricca vedova Caterina Patengola, dal Duce di Milano, Francesco Sforza, che la pregò in 1528 che fossero contenta d’accettarlo come figliuolo, insieme con tutto il suo stato, dall’umanista Agostino Gallo, dal diplomato Giacomo Chizzola. Angela è stata apprezzata anche dai numerosi artigiani e lavoratori del suo ambito, come da Bertolino Boscoli, un giovane falegname nel quartiere di Sant’Afra, dagli amici come quelli invitati ad essere testimoni in 1537 al primo Capitolo Generale della Compagnia: un tintore panni lini, un portatore, un beretario e un calidario. Ma sopratutto è stata venerata dai primi membri della Compagnia, che l’hanno cercato per essere ammaestrate da lei per il loro progresso spirituale.
2° Incoraggiare e stimolare con parole persuasive
Questa donna discreta, amabile, gioiosa aveva il dono di toccare i cuori degli altri per condurli a crescere nell’amore di Dio e del prossimo. Angela ritornò un giorno da Brescia à Salò per visitare la sua famiglia. Il giovane Stefano Bertazzoli, studente all’università di Padova, è venuto parlare con lei, vestito dall’ultima moda. Angela, con le sue parole, ha fatto emergere un aspetto più profondo della sua personalità. Stefano ritornò a Padova, cominciò a studiare il diritto canonico, e diviene un sacerdote molto devoto ai poveri.
Quando Angela, si rifugiava a Cremona in 1529, nella paura che la città di Brescia sia assediata da Carlo Quinto, fu ospitata da Agostino Gallo, che testimoniava: Basta che elle mi parlò con tale amorevolezza dietro al viaggio, che subito li restò prigioniero, di sorte che non solamente io non sapevo vivere senza di lei, ma ancora mia moglie, e tutta la mia famiglia. … Onde, stando la detta Madre in casa nostra, era ogni giorno visitata dalla mattina fino alla sera, non solo da molti religiosi e persone assai spirituali, ma ancora da gentildonne e gentiluomini, e d’altre diverse persone di Cremona e di Milano… di che ognuno si meravigliava della gran sapienza che era in lei, perché si vedeva che ella convertiva molti a mutare vita, come io ne ho conosciuto pur assai che sono morti, ed anche alcuni pochi che sono ancora vivi, cosi in Milano, come in Cremona. Gabriele Cozzano, il suo fedele segretario, descrive come Angela si adattava a ciascuno, anche ai più deboli: E chi era il più peccatore, quello era il più accarezzato da lei, perché, se non poteva convertirlo, almeno, con dolcezza d’amore, lo induceva a fare qualcosa di bene o a far meno male.
3° Spingere ad imitare la sua vita
Già nella sua gioventù Angela aveva il dono di attirare altre a suo genero di vita. Non lo faceva in maniera autoritaria, ma con il suo dono istintivo di leader: La sua sorella maggiore era spinta ad imitarla nelle sue preghiere e astinenze. Qualche anni dopo, al ritorno d’Angela da Salò a Desenzano, fu accompagnata, secondo Bellintani, da un’amica desiderosa di condividere il suo genero di vita: seguendo l’incominciata vita, tuttavia crescendo mirabilmente in essa, trasse una altra giovine ala medesima professione, essendo veramente data per comune beneficio, ma tosto fu da questa sua compagna abbandonata, la quale al cielo se ne volò con la santa corona della verginità. Arrivata a Brescia, Angela se vede fra poco circondata da molte donne per le quale era una vera guida spirituale. Angela attirava con la sua fede salda e la sua piacevolezza e dava il desiderio di vivere come lei, totalmente dedicata all’amore di Cristo e del prossimo. Erano di mano in mano per suo mezzo ritirate molte persone del viver mondano ad una vita spirituale, e specialmente molte donne e matrone e vergini, de quali alla fine feci la congregazione di Sant’Orsola. Il numero di 150 membri della Compagnia, soltanto cinque anni dopo la Fondazione, rivela la forza attraente della Madre. In fine, quando Angela vene abitare a Sant’Afra, fu accompagnata da Barbara Fontana, decisa di vivere come lei, nella preghiera, la penitenza, e l’apertura agli altri.
Tutti questi doni, anche pedagogiche, furono di grand’aiuto nella fondazione della Compagnia. Angela ha saputo scegliere con saggezza i membri, ma anche le loro superiori, e le persone laiche, donne e uomini che erano coinvolti nel governo.
Nel 1539 cade malata e non si riprenderà più. In questo periodo detta al Cozzano i Ricordi e il Testamento, due brevi ma preziosi testi ricchi di spiritualità, caratterizzati dalla pedagogia dell’amore.
Il 27 gennaio 1540 Angela muore a Brescia, presso la chiesa di S. Afra, dove il suo corpo mortale è ancora oggi custodito e venerato.
Il 30 aprile 1768 Clemente XIII conferma l’antico culto e il titolo di “Beata”; il 24 maggio 1807 il papa Pio VII celebra nella basilica di S. Pietro il rito della canonizzazione.
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