martedì 7 aprile 2015

LA SCUOLA DI ALTA VELOCITA'

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Il 15 maggio 1928 fu istituito a Desenzano il Reparto Alta Velocità, creata dal Maresciallo dell’Aria Italo Balbo, con lo scopo di preparare dei piloti in grado di concorrere al Trofeo Schneider, una competizione internazionale nata nel 1913, destinata a idrovolanti.
L’idea di costituire il Reparto Alta Velocità nacque dalla sconfitta subita dall’Italia in casa propria, a Venezia nell’edizione del 1927. Al comando della scuola fu posto il Tenente Colonnello Bernasconi, ufficiale di eccezionali capacità organizzative. Fu lui a scegliere come base operativa del RAV Desenzano sul Garda, uno scalo considerato l’aereoporto privato di Gabriele D’Annunzio. L’obiettivo era quello di addestrare Piloti e personale tecnico espressamente per effettuare prove di velocità sugli idrocorsa e per competere poi alla Coppa Schneider. Furono Piloti come Dal Molin e Agello tra i primi a diplomarsi presso il RAV e ad esibire la famosa V Rossa , simbolo stesso del Reparto.
Fu così che, nell'aprile del 1928, nel cielo del Garda si ebbe il primo volo di idrocorsa che dava inizio all'attività della scuola velocisti.
Il reclutamento venne lasciato al «naso» del colonnello pilota Mario Bernasconi, che divenne subito il comandante della Scuola. L'addestramento dei piloti doveva abilitarli a compiere lo speciale tipo di volo richiesto dal regolamento della famosa gara, che consisteva nel percorrere per sette volte un circuito di 50 km. a forma di triangolo acutangolo, comportante due virate di quasi 180`.
Il 15 maggio 1928 Francesco Agello fece il suo ingresso all'idroscato di Desenzano, forse attirato dalla dura, inesorabile selezione attraverso la quale dovevano passare tanti piloti prima di giungere, privilegio di pochi, a mettere l'ambitissima V rossa sopra l'aquila d'oro, il segno distintivo dell'allora purissima aristocrazia del volo.
Francesco Agello era nato a Casalpusterlengo il 27 dicembre del 1902. Forte e pieno di vita, si era dedicato in gioventù a molti sport. Amava molto la ginnastica agli attrezzi, il nuoto, la bicicletta, il canottaggio, il calcio. La sua grande passione giovanile era la motocicletta. Fu il primo mezzo a dargli la dimestichezza con il motore a scoppio e a infondergli l'amore della velocità e del rischio. A vent'anni decise di inoltrare la domanda per entrare nell'Aeronautica e nell'aprile del 1924 l'aquila d'oro luccicava sul suo petto.
In una rivista dell'epoca leggiamo: «Se è vero come è vero, che peso e dimensioni ridotte costituiscono un atout di primo ordine per un maestro d'ala, si deve ammettere che madre natura abbia subito degnato Francesco Agello delle sue attenzioni. Un metro e sessantadue centimetri di altezza; sessantadue chilogrammi di peso: ottime proporzioni per un aviatore, preziosissime doti per un pilota da alta velocità. 1 lineamenti alquanto pronunciati in lunghezza più che in ampiezza. Si direbbe un viso profilato di buone caratteristiche aerodinamiche».
Quando seppe che si cercavano dei piloti per costituire il Reparto Alta Velocità non ebbe alcun indugio: fece subito domanda. Fu tra i prescelti per aver dato prova di grande abilità e coraggio in diverse occasioni. Più volte aveva rischiato la vita a bordo degli idrovolanti. Una volta fu durante l'ammaraggio: non poté più dominare la macchina e fece un gran tuffo nel lago, sollevando un'altissima colonna di schiuma. Riuscì ad uscire a gran fatica dall'abitacolo che stava per diventare la sua tomba. Si sentì spingere in alto dalla cintura pneumatica e rivide il sole.
Un'altra volta, in partenza, fece un tuffo ancor più profondo. Aveva decollato tirando forte la cloche a sé e raggiungendo subito un'altissima velocità: la macchina fu letteralmente strappata dall'acqua. Improvvisamente il velivolo iniziò a «picchiare» ed Agello a tirare a sé la cloche, ma l'apparecchio non accennava a rialzare il muso. Vide l'acqua vicina, pensò: addio, è finita! Un gran colpo e un'immane colonna d'acqua ai lati, poi il silenzio e l'oscurità. Stava sott'acqua e affondava con il motore e la fusoliera. Ma non si perdette d'animo: si disimpegnò dalle bretelle e cercò inutilmente di uscire da dove era entrato. Si dette allora a menar pugni e calci e ginocchiate fino ad aprire un varco e sbucare fuori non si sa come.
L'inizio nel Reparto Alta Velocità a Desenzano fu per Agello duro e spossante. Si doveva affrontare una rigidissima selezione, poiché gli aspiranti erano molti, ma ridottissimo il numero di coloro che potevano essere prescelti. Il comandante Bernasconi sorvegliava i suoi ragazzi in maniera quasi patema, perché si può dire che ogni volo era una prova d'esame. E ad ogni volo erano ansie, trepidazioni e gravi rischi, tanto che i paurosi tuffi nelle acque del lago erano «argomenti» da evitare.
La schiera degli aspiranti si assottiglia ed Agello resta. Ed eccolo finalmente fra i selezionati a fianco di Motta, Monti, Cadringher, Canaveri, Dal Molin.
Per i velocisti la vita a Desenzano non era molto piacevole, in quanto, specialmente durante gli allenamenti o in vista di importanti prove, doveva scorrere su un «copione» che il regista Bemasconi esigeva fosse da tutti imparato in ogni sua parte, perché una battuta sbagliata poteva significare la perdita di una giovane vita.
I pochi svaghi consistevano in lunghe partite a carte o in «maratone» di tennis o di bigliardo in qualche bar della cittadina dove i velocisti erano compresi e veramente amati.
Il primo corso per velocisti andò perfettamente bene in quel 1928. Tutti i piloti fecero passaggi sul M. 39 e sul M. 52 R o bis, o «recordino» come era chíamato tra loro. Su quest'ultimo apparecchio tutti presero il brevetto dei 500 orari.
L'addestramento e gli allenamenti si svolgevano senza pause sul circuito triangolare uguale a quello della gara. Le cure maggiori erano rivolte alla virata, sotto la guida diretta di Bemasconi, che le virate aveva studiato in volo e a tavolino.
Tuttavia la Coppa Sclincider del 1929 fu vinta dall'inglese Waghom alla media di 528,877 km l'ora. Secondo fu il nostro Tommaso Dal Molin con 457,354. In quell'occasione l'Observer scrisse: «Gli aviatori italiani manovrano in maniera veramente degna della grande competizione». L'evoluzione di Dal Molin fu ammiratissima, poiché gli consentì di giungere secondo nonostante il suo apparecchio sviluppasse oltre 60 km/ora in meno del Supermarine inglese e passò in aeronautica con il nome di «Virata Desenzano».
Francesco Agello era veramente orgoglioso di fare parte della ammiratissima Scuola.
«L’attività della Scuola scriveva il colonnello Bernasconi unita al progresso dell'idrovolante e del motore, che sono totalmente italiani in ogni loro particolare, ha permesso di ottenere tali risultati. Gli uomini, forgiati nei diuturni faticosi e pericolosi voli, si sono abilitati a portare apparecchi di così elevata velocità il cui peso, di tre tonnellate, è distribuito su pochi metri quadrati d'ala caricati, ciascuno, con più di 200 chilogrammi. Essi effettuano partenze dall'acqua a velocità di flottaggio di 250 km/ora per ritoccarla anche a più di 300 km/ora, compiono virate sviluppanti enormi forze centrifughe, dominano motori di circa 3.000 C.V. di potenza».
Spinto da tanta voglia di eccellere, alle ore 14,56 del 23 ottobre 1934 Agello decollava per tentare il nuovo primato. Il volo non durò più di 15 minuti, il tempo necessario per compiere i quattro passaggi sulla base.
Agello, grazie al suo proverbiale «manico», si destreggiò egregiamente e terminata la prova, che aveva tenuto in ansia non solo l'intera équipe del «Reparto» ma quanti sapevano di quel tentativo, non fece la consueta virata sull'idroscalo e ammarò subito . Dopo qualche minuto i suoi colleghi piloti e gli uomini della base, guidati dal comandante Bernasconi, accorsi nei pressi del bolide rosso, trovarono il pilota già a cavalcioni della prua per equilibrare l'aereo. Agello aveva ottenuto il nuovo primato di velocità. Questo il testo del comunicato ufficiale sull'avvenimento: «II giorno 23 ottobre 1934, all'idroscalo di Desenzano sul Garda, sede della Scuola di Alta Velocità, Il maresciallo Francesco Agello su apparecchio Macchi Castoldi M. 72, motore Fiat AS 6 batteva il suo precedente primato mondiale di velocità su base, effettuando i quattro passaggi regolamentari alla media di km. orari 709,209. Il volo, compiuto in condizioni atmosferiche poco favorevoli, veniva controllato da commissari sportivi dell'Aero Club d'Italia. Il primato precedente, stabilito il 10 aprile 193 3, era di km. 682,078 all'ora. I documenti relativi alla prova venivano inviati dall'Aero Club d'Italia, alla Federazione Aeronautica Internazionale per l'omologazione».
Per questa impresa ad Agello veniva conferita la medaglia d'oro al valore aeronautico. Nella motivazione si legge: «Pilota d'Alta Velocità di eccezionale valore ed ardire, dopo aver concorso con difficili e pericolosi voli sperimentali alla messa a punto dei più veloce idrovolante del mondo, conquistava per due volte il record mondiale di velocità assoluta».
Sull'importante avvenimento il Comandante Bernasconi scrisse una commossa pagina: «II cielo, quel pomeriggio del 23 ottobre 1934, era grigio, quasi invernale; una sensibile foschia rendeva difficile la visibilità; il lago però si presentava ben increspato ed in cielo l'aria era tranquilla e calma. Messa in azione la complessa organizzazione per assicurare la validità del primato, cioè: dislocazione dei commissari a terra e in volo, dei cronometristi ai caselli, del tecnico all'apparato elettronico di misura dei tempi, dei velivoli e dei motoscafi di soccorso, il motore del M.C. 72 era scaldato a terra, provato ed incappottato. Agello prendeva posto e poco dopo si lanciava nel gran volo. 1 quattro passaggi erano effettuati regolarmente ed il motore, col suo rombo questa volta possente ed uniformemente risonante, eccitava l'eco dei monti racchiudenti il Garda, quasi a chiamare in adunata gli spiriti di tanti eroici Velocisti, caduti appunto perché Agello riuscisse vittorioso in quel giorno e potesse avverarsi il sogno delle loro ali infrante per dare alla Patria, all'Italia, più alto onore e più ammirabile prestigio».
Agello cadde, come altri suoi compagni, nell'inseguimento del sogno. Il 24 novembre 1942 perse la vita per un incidente di volo presso l'aeroporto di Bresso.


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