Il Naviglio della Martesana (anche noto come Naviglio Piccolo), è uno dei navigli milanesi che collega Milano con il fiume Adda dal quale riceve le acque a Concesa poco a valle di Trezzo sull'Adda.
Situato a sud del Canale Villoresi, il Naviglio della Martesana è un canale navigabile largo dai 9 ai 18 metri, profondo da uno a 3 metri e lungo 38,7 km (di cui alcuni coperti). Il dislivello tra l'incile e il Naviglio di San Marco, superata la Conca dell'Incoronata, era di 19 metri.
Ebbe il nome Martesana, per il contado che avrebbe attraversato, da Francesco Sforza nel 1457, ancor prima che iniziassero nel 1460 i lavori per costruirlo. L'appellativo piccolo gli deriva dal confronto con il precedente e ben più importante Naviglio Grande.
L'assetto della Martesana variò periodicamente alla ricerca dell'equilibrio tra la funzione irrigatoria e di navigazione; la descrizione che segue si riferisce ai dati riportati da Carlo Cattaneo nel 1844, che rispecchiano la situazione di stabilità raggiunta dopo i lavori ordinati dal duca di Albuquerque, governatore di Milano (1574), fino alla chiusura della fossa interna nel 1929. La presa d'acqua a Concesa avveniva a fianco di uno sfioratore a sperone lungo 268 metri, con cinque scaricatori e 29 porte per evitare, in caso di piene dell'Adda, una portata eccessiva; altri scaricatori (che potevano però funzionare anche come "affluenti") erano sistemati agli incroci coi fiumi, Molgora, Lambro e Seveso in particolare; l'eventuale ulteriore surplus d'acqua veniva sversato nel Redefossi con uno scaricatore a dodici porte. Tutto il sistema era concepito per raccogliere le piene smaltendole a valle. Le acque per l'irrigazione erano estratte da 75 bocche a sinistra e dieci in sponda destra.
Nel suo percorso attraversa i territori dei comuni di Trezzo sull'Adda, Vaprio d'Adda, Cassano d'Adda, Inzago, Bellinzago Lombardo, Gessate, Gorgonzola, Bussero, Cassina de' Pecchi, Cernusco sul Naviglio, Vimodrone e Cologno Monzese; entra nel territorio di Milano in via Idro, alla periferia nordorientale della città, e scorre a cielo aperto fino alla Cassina de' Pomm, all'angolo con via Melchiorre Gioia sotto il cui manto stradale si infossa, dal 1968, con una brusca curva a sinistra. Seguendo la via, riceve il torrente Seveso e raggiunge i bastioni di Porta Nuova dove dà origine al Cavo Redefossi.
Nel passato, dopo aver superato la conca della Cassina de' pomm, con il medesimo percorso ma alla quota del piano di campagna, la Martesana raggiungeva porta Nuova, sottopassava la strada di circonvallazione (Ponte delle Gabelle) e i Bastioni (Tombon de San Marc), incontrava prima la conca dell'Incoronata, dava origine al laghetto di San Marco e, attraverso la conca omonima, raggiungeva la fossa interna dei navigli.
La storia cartacea del Naviglio Martesana iniziò il 3 giugno 1443 quando Filippo Maria Visconti (1412-1447) approvò, con una disposizione intitolata Ordo rugie extrahendi ex-flumine Abdua, il progetto, che gli era stato presentato da un gruppo di illustri cittadini milanesi guidati da Catellano Cotta, amministratore ducale del Monopolio del sale e fratello del feudatario di Melzo. Essi chiedevano di derivare le acque dell'Adda per realizzare un canale utilizzabile sia per l'irrigazione, sia per azionare sedici mulini (il duca ne autorizzò dieci). Il corso individuato prevedeva che il canale venisse alimentato da una presa d'acqua (incile) situata poco a valle del castello di Trezzo sull'Adda, in un punto in cui il fiume ha una strettoia e la corrente sarebbe stata sufficiente per garantire un flusso costante. Il canale avrebbe poi costeggiato l'Adda per dirigersi a occidente dopo Cassano d'Adda, raggiungere Inzago, seguirne per un tratto il fossato di cerchia e puntare verso Trecella e Melzo per confluire nel torrente Molgora.
Filippo Maria Visconti morì nel 1447 e, dopo la parentesi della Repubblica Ambrosiana, gli successe Francesco Sforza che nel 1457 promanò un editto, sottoscritto da Cicco Simonetta, che diede il via alla progettazione del Navilio nostro de Martexana, dove l'utilizzo dell'aggettivo nostro non è casuale ma è atto a sancire l'aspetto di pubblica utilità dell'opera. In seguito agli eventi che videro Milano in guerra con Venezia e che portarono alla pace di Lodi, lo Sforza aveva compreso il valore militare ed economico di un canale utilizzabile per la navigazione, in quella che era considerata un'area di frontiera strategica per il ducato, e ne modificò il percorso, portandolo a raggiungere Milano, per inserirlo in un più vasto disegno di collegamento della città con l'Adda e il Ticino.
Un decreto del 1º luglio dello stesso anno segnò l'inizio dei lavori guidati da un folto gruppo di ingegneri ducali, cui spettava il compito di reclutare le maestranze, procurare i materiali e dirigere i lavori. Fra questi il più noto era Bertola da Novate, che già ai tempi dei Visconti si era occupato del canale, e a lui il duca affidò la direzione dei lavori; citato in un appunto leonardesco fu erroneamente ritenuto per lungo tempo l'unico progettista ed esecutore dei lavori. Il primo tratto del Martesana fino al Seveso (Cassina de' pomm) fu completato in otto anni e reso navigabile nel 1471, quand'era duca Galeazzo Maria; la fossa interna fu raggiunta nel 1496, durante il ducato di Lodovico il Moro.
Il cambiamento del percorso rispetto al progetto del 1443 pose un problema: signori e notabili della zona, consci dei vantaggi che ne sarebbero derivati, esercitarono pressioni perché il canale lambisse le loro terre e i borghi in modo da offrire comodi approdi. Questa è la ragione per cui la Martesana ha un tracciato così tortuoso: fu una scelta politica e non tecnica, come invece era avvenuto sul primo tratto del Naviglio Grande, dove c'era l'esigenza di addolcire le pendenze. L'attraversamento dei borghi di Inzago, Gorgonzola e Cernusco, il collegamento con i loro fossati di cerchia, la costruzione di ponti in corrispondenza delle strade furono le sfide che si trovarono ad affrontare Cristoforo da Inzago e Filippo Guascone, gli ingegneri ducali incaricati di seguire questo aspetto dei lavori.
La costruzione del naviglio ebbe un forte impatto sull'economia locale: furono ingaggiati centinaia di scavatori e di carpentieri per la realizzazione dell'alveo e delle sponde; nelle zone di Vaprio e di Trezzo furono attivate cave di ceppo dell'Adda, la pietra utilizzata per gli argini; fra Gessate e Bellinzago Lombardo furono aperte cave di argilla e costruite almeno tre fornaci per la cottura dei mattoni. I circostanti boschi di querce e carpini fornirono sia la legna per le fornaci, sia i pali per il rinforzo delle sponde. Queste attività talvolta entravano in conflitto con gli interessi dei proprietari terrieri, che spesso erano enti ecclesiastici come la Veneranda Fabbrica del Duomo o l'Ospedale Maggiore (Ca' Granda) o monasteri cittadini. Fu perciò necessario creare un organismo apposito che si occupasse di queste e delle molte altre questioni e diatribe che sorgevano a causa del canale: il Generalis Commissarius super ordinariis Navigi Martexane.
Per gran parte del suo percorso il Naviglio Martesana scorre, contrariamente agli altri navigli, perpendicolarmente alla linea di displuvio incrociando quindi le acque in discesa dalle colline della Brianza e in particolare i torrenti Trobbia e Molgora e il fiume Lambro. Le campagne della Bassa milanese erano caratterizzate da una mescolanza di terra e acqua non sempre proficua da un punto di vista agronomico; i grandi volumi d'acqua scendevano dall'Alta pianura andandosi a mescolare nelle risorgive, rendendo spesso i terreni paludosi e sortumosi. Uno degli effetti della costruzione del Naviglio fu quella di raccogliere e incanalare le acque pluviali e permetterne una distribuzione più razionale, regolata tramite un sistema di rogge alimentate da bocche di portata controllata. Si calcola che l'area valorizzata in questo modo fu di circa 25.560 ettari, mentre 460 erano quelli a prato permanente.
Dal punto di vista della navigazione, Molgora e Lambro erano superati da ponti-canali.
Inizialmente, come abbiamo visto, il Naviglio Martesana non confluiva nella fossa interna dei navigli, ma scaricava le acque nel Lambro e nel Seveso arrestandosi alla Cassina de' Pomm; fu con la reformazione del naviglio nostro de Martexana, voluta da Lodovico il Moro, che il canale nel 1496 venne prolungato fino in città e congiunto ai navigli interni, la cui fossa, contemporaneamente, fu resa interamente navigabile realizzando così il collegamento del Ticino all'Adda. Il superamento del dislivello esistente fra il canale e la fossa interna, assieme al fatto che questa avrebbe dovuto ricevere un maggiore carico idrico, aveva presentato notevoli difficoltà tecniche e impegnato a lungo i progettisti nella ricerca di una soluzione ottimale. È certo e documentato che progettista e sovrintendente delle opere necessarie al congiungimento del naviglio con la fossa interna fosse Bartolomeo della Valle, allora ingegnere ducale. L'opera fu completata con un sistema di conche di navigazione successive: la prima a Gorla, a monte della cassina de' Pomm, per regolarizzare il flusso delle acque, le altre due, quelle dell'Incoronata e quella di San Marco, per superare il restante dislivello. Tre altre conche, a Groppello, Inzago e Bellinzago, completavano il sistema. Le conche non erano una novità: la prima, quella di Viarenna che univa il Naviglio Grande con la fossa interna, è del 1437. Là si trattava di portare i natanti ad un livello più alto, qui di farli scendere ad uno più basso, ma ora il sistema era completo e agibile.
All'epoca, e precisamente dal 1484 al 1500, Leonardo da Vinci era ospite della corte sforzesca e sono stati in molti specialmente nell'Ottocento, ad accreditargli addirittura l'invenzione delle conche e una sua diretta partecipazione al compimento della Martesana, quasi a nobilitare ulteriormente, con la presenza del genio, un'opera già di per sé straordinaria; anche oggi non è raro leggere di tale partecipazione. Di certo vi è soltanto che nello schizzo , il Martesana viene riportato da Leonardo come opera già compiuta, mentre in un successivo foglio si vedono dettagliati disegni e appunti relativi alla conca di San Marco, che determineranno le modalità costruttive del dispositivo idraulico per il futuro. È invece sicuro che nel 1516 Francesco I commissionò a Leonardo, in occasione del suo secondo soggiorno ambrosiano, un progetto per un collegamento diretto di Milano con l'Adda a monte del suo tratto non navigabile, tra Paderno e Trezzo. Leonardo fornì due possibili soluzioni: l'apertura di un nuovo canale che da Paderno si dirigesse a ovest attraversando la pianura prima di rivolgersi a sud all'altezza di Milano o, in alternativa, un ardito progetto con canali, pozzi e chiuse a contrappeso in gallerie scavate nella viva roccia che sovrasta la destra del fiume, dove poi fu costruito il naviglio di Paderno.
Idee troppo ardite per essere realizzate, soprattutto da altri, con i mezzi allora a disposizione. Entrambi i progetti sono riportati in dettaglio, con addirittura il calcolo dei costi, nel citato Codice Atlantico.
Il sogno sforzesco di collegare Milano direttamente con il lago di Como dovette attendere quasi altri tre secoli per realizzarsi: il dislivello dell'Adda fra Brivio e Trezzo dopo molti tentativi fu superato dal Naviglio di Paderno solo nell'ottobre 1777, regnante Maria Teresa d'Austria.
Il Naviglio Martesana, essendo un canale artificiale, ha caratteristiche idrobiologiche diverse da quelle del fiume di origine. La consistenza del fondale è influenzata sia dalla corrente, che non è regolare lungo tutto il corso ma è pari a 25 m³/s a Trezzo e 1 m³/s a Milano, sia dalle periodiche operazioni di messa in asciutta e pulizia del fondale che avvengono due volte all'anno, in marzo e in settembre. Il fondale è di tipo ciottoloso all'inizio del corso, ma la granulometria diminuisce con il decrescere della corrente e il conseguente maggior deposito di detrito.
Il naviglio condivide naturalmente tutte le peculiarità florofaunistiche del territorio che attraversa; qui segnaliamo solo alcune specie che ne caratterizzano direttamente le acque e le sponde. La vegetazione è rappresentata da piante sommerse che ricoprono il fondale durante i mesi estivi formando densi tappeti dove la corrente è più moderata: le piante sono la peste d'acqua, l'erba coltellina e il ceratophyllum demersum; talvolta sugli argini si trovano anche delle cannucce palustri. Per quanto riguarda la fauna, il tratto dall'incile a Groppello è assimilabile a quello parallelo dell'Adda, mentre a valle sono scarsissimi i mammiferi, rappresentati quasi esclusivamente da ratti e arvicole; nel territorio di Milano, sono presenti famiglie di nutrie (Myocastor coypus). Più ricca l'avifauna, non sempre "naturale": gallinelle d'acqua e folaghe, germani reali, martin pescatore, gabbiani all'incrocio con il Lambro (segnale di non buone condizioni di pulizia ambientale), gazze; anitre e oche comuni introdotte dall'uomo. Tra gli anfibi è ben presente la rana verde.
La popolazione ittica del Naviglio è abbondante, naturalmente simile a quella dell'Adda e tenuta sotto stretto controllo; durante le operazioni di messa in asciutta la pesca è proibita e il pesce, che si affolla nelle concavità, viene recuperato dal personale dell'Ufficio Pesca della Provincia di Milano che provvede a liberarlo nel corso d'acqua più vicino e idoneo alla sua sopravvivenza. Vengono compilati verbali sulle specie e il peso del pesce recuperato e nei due mesi successivi alla messa in asciutta il personale procede a ripopolare il naviglio con lo stesso quantitativo di pesce.
Abbondanti sono anche gli esemplari di tartaruga d'acqua dolce del genere Trachemys non originaria dell'habitat, a causa continuo rilascio di esemplari allevati domesticamente.
Nel 1958 il Martesana fu declassato da via di trasporto a canale irriguo; scomparvero così anche gli ultimi barconi che portavano sabbia da Vimodrone a Milano e il naviglio fu abbandonato a sé stesso, fatta eccezione per la pulizia delle prese d'acqua. Fu negli anni ottanta che si affermò il concetto del bene ambientale da salvaguardare e da rivalutare. Iniziò il comune di Milano, con la radicale ripulitura delle sponde e l'apertura di una pista ciclo-pedonale da Cassina de' pomm fino a Crescenzago, passando per Parco della Martesana a Gorla, mentre da parte di privati iniziò il restauro-recupero di edifici ormai fatiscenti e gli abitanti ricavavano minuscoli orti e giardini tra i nuovi condomini. Da allora si è visto un continuo fiorire di iniziative: i comuni rivieraschi hanno provveduto a sistemare le sponde e ad asfaltare il loro tratto di alzaia chiudendolo al traffico motorizzato e hanno creato spazi per il tempo libero e l'incontro. Dal 2009 si va in bicicletta da Milano a Groppello sull'asfalto e, con sottopassi, sono stati eliminati gli incroci più pericolosi con la viabilità ordinaria (Gorgonzola e Vaprio d'Adda). Si può proseguire fino a Trezzo e lungo il naviglio di Paderno su pista sterrata e proseguire sino a Lecco.
A Cassano inizia l'area protetta del parco Adda Nord, istituito nel 1981 e che ha svolto azioni di grande efficacia. Dal 2009 si può navigare in battello elettrico da Canonica a Concesa: è un tratto di soli quattro chilometri ma di grande impatto paesaggistico e storico; tra l'altro alla navigazione sono collegate visite, in carrozza a cavalli, ai luoghi più significativi e soste enogastronomiche all'insegna della tradizione locale.
Il Comitato per il restauro delle chiuse dell'Adda con la Provincia di Milano con il sostegno della Regione Lombardia, hanno chiesto e ottenuto (2010) l'inclusione dei navigli milanesi nel progetto Canaux Historiques: Voies d'Eau Vivantes, un programma di recupero e riqualifica dei canali navigabili storici della Commissione Europea, finanziato con 3,5 milioni di euro. A beneficiare della quota italiana saranno probabilmente le conche da Trezzo a Paderno.
Spera invece di trovare sponsor e finanziamenti per essere ultimato prima dell'Expo 2015 il "Progetto per la valorizzazione della conca delle Gabelle e realizzazione di una fontana canale": ciò che resta della conca (è la conca dell'Incoronata dopo l'ex ponte delle Gabelle) è il più antico manufatto esistente della Milano dei navigli ed è di ideazione leonardesca; è situato in un piccolo soffocante giardino in fondo a via San Marco, sotto il livello stradale e il progetto vuole ricrearle attorno l'ambiente acqueo originario.
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