Lodi nella sua lunga storia è stata protagonista d'eventi, numerose famiglie nobiliari del luogo e non, hanno dimorato in città arricchendola di palazzi costruiti o rimodernando e ingrandendo edifici già presenti.
Soprattutto nel centro e nella zona adiacente la Piazza della Vittoria, è possibile notare dei palazzi che sono dei veri e propri piccoli gioielli architettonici e decorativi.
Il Palazzo Mozzanica sorto nella seconda metà del XV secolo, è il migliore esempio di dimora patrizia lodigiana. La facciata è caratterizzata dalla presenza di una fascia marcapiano in terracotta, decorata con corone floreali e figure della mitologia marina; il portale è adornato da medaglioni che raffigurano Gian Galeazzo Visconti, Isabella d'Aragona, Francesco e Bianca Maria Sforza. Il piano superiore è ricco di affreschi. Secondo lo storico Giovanni Agnelli, vi soggiornò Francesco I re di Francia durante l'estate del 1509.
Palazzo Modignani noto anche come Palazzo Pitoletti Fontana Soletti è uno degli edifici simbolo della città e sorge sull'angolo tra Via XX Settembre e Corso Roma.
Il palazzo, risalente al XVIII secolo, sorge ove si trovava l'edificio Malcantone fra il Corso di Porta Cremonese e la contrada di S Michele (oggi rispettivamente Corso Roma e Via XX Settembre).
La sua costruzione si deve a Giambattista Modignani, che nel 1727 fu nominato presidente del magistrato ordinario di Milano.
Fu costruito tra il1720 e il1726 dall'architetto progettista Domenico Sartorio, al quale sono succeduti i due figli Michele e Piergiacomo alla direzione. L'edificio ha avuto l'onore d'ospitare importanti personalità internazionali, tra cui sì ricordano Napoleone, Vittorio Emanuele II, e l'imperatore austriaco Francesco Giuseppe.
Il palazzo è un edificio dalla struttura a pareti in muratura intonacata dalla pianta ad U asimmetrica, irregolare per l'inserzione di due piccoli cortili nell'ala est e ovest. L'edificio si sviluppa attorno al giardino composto da alberi secolari attorno ai quali si trovano delle colonne binate, caratteristiche tipiche nelle costruzioni dei fratelli Sartorio.
La facciata è piuttosto austera: i tre piani sono divisi da coppie di lesene che ne scandiscono il ritmo, ossia tre intervalli con una finestra ciascuno, poi altre quattro aperture, cui seguono altri tre intervalli che racchiudono le finestre barocche.
Sono presenti alcune anomalie, come ad esempio il fatto che le finestre del terzo piano sono maggiormente decorate rispetto a quelle del piano nobile e l'assenza del portale d'onore e del balcone della finestra che lo sovrasta.
Il portale principale immette nel vasto atrio che porta al colonnato del cortile.
Si accede all'ampio cortile con colonne binate, tipiche del tardo barocco, tramite uno splendido cancello di ferro battuto del lodigiano Alessandro Mazzucotelli, uno dei grandi maestri dell'arte liberty.
Di notevole interesse sono gli affreschi del piano nobile ad opera di Carlo Innocenzo Carloni e Giovan Battista Sassi. In questo piano si può trovare la tipica infilata d'ambienti settecentesca ed attraverso nove stanze affrescate si arriva alla sala da ballo . Architettonicamente rilevante è anche la scala a chiocciola e a forma ellittica posta all'interno dell'edificio che porta ad una torretta ottagonale, ben visibile anche dalla strada.
Palazzo Barni, sito in Corso Vittorio Emanuele II.
Nel XIII secolo sorgeva in corso Vittorio Emanuele una tipica casa fortificata medioevale di proprietà della famiglia Vistarini. Agli inizi del '500 Lodovico Vistarini rifece in parte il palazzo che tale rimase fino al 1672 quando la famiglia Barni acquisì la proprietà.
Nel 1698, Antonio Barni i commissionò all'architetto lodigiano Domenico Sartorio il rifacimento di parte del vecchio maniero nel centro storico della città.
Il palazzo è sicuramente uno degli edifici più importanti di Lodi, imponente nelle sue strutture barocche, ma ingentilito da lesene che divide simmetricamente la facciata. L'edificio si presenta con un fronte continuo con ampie finestre, arricchito da tre portali sovrastati da balconi in pietra e balaustre settecentesche in ferro battuto.
Il palazzo si sviluppa su tre piani con un seminterrato per una superficie complessiva di circa 4.000 mq, lo stabile è inoltre dotato di due cortili interni separati dall'androne principale.
Il cortile d'onore si presenta, entrando dal portale monumentale, circondato da un portico sostenuto da colonne in granito e volte a vela lungo due lati.
All'incrocio del colonnato, si presenta un altro portale che immette nel giardino secondario su cui si affacciano le altre ali dell'edificio con le antiche scuderie e gli alloggi del personale.
Il piano interrato mostra ancora le sue caratteristiche medievali e vede la presenza di una cisterna ed un vano adibito a ghiacciaia. Le volte sono a botte tutte in mattoni ed il ricambio d'aria è garantito da bocche di lupo, che insistono sia sulla strada principale sia sul cortile d'onore.
Il piano terra e i locali che si affacciano sul cortile d'onore sono caratterizzati nel corpo su fronte strada, da un soffitto con volte a vela e unghie sulle finestre.
La parte terminale dell'edificio è stata rimaneggiata nel periodo ottocentesco, per la costruzione di una scala interna che raggiungeva i locali al primo piano. Quest'intervento ha comportato l'occultamento di un arco al piano terra ed una finestra al piano superiore. Le scuderie si presentano con la tipica struttura seicentesca, con colonne e volte a vela nel primo locale, e volte a botte nel secondo.
Al primo piano dell'edificio principale si accede attraverso uno scalone d'onore, con balaustra in pietra e un gran medaglione decorato. Il salone cui si accede ha un'ampiezza di circa 100 mq. e si sviluppa su due piani, in origine era decorato e arricchito da tele importanti. Dal salone si accede anche alla cappella, ed alla galleria, nonché al piano nobile dotato di soffitti lignei a cassettoni.
Il portale monumentale d'ingresso a Palazzo Barni, è costituito da una coppia di colonne ioniche marmoree su plinti modanati con retrostanti paraste, da cui si diparte un arco a tutto tondo. Sopra i capitelli poggiano due mensole decorate a foglie d'acanto che fanno da supporto al balcone del primo piano. Nelle paraste e nell'arco sono inseriti a tarsia dei tondi di marmo giallo e nero. Va rilevato che, a causa della loro diversa forma cristallina, della differente struttura metamorfica e della varia natura mineralogica, i marmi che compongono il portale si sono deteriorati in modo diverso l'uno dall'altro.
Sono presenti il marmo rosso e rosa, con inclusioni fossili, comunemente noti come rosso e rosa di Verona, vi sono anche marmi neri e gialli, probabilmente gialli di Siena o giallo imperiale.
Internamente, alcuni locali sono riccamente affrescati.
Palazzo Vistarini è un edificio storico che sorge all'angolo tra piazza della Vittoria e Corso Vittorio Emanuele II.
Costruito nel Trecento l'edificio era la residenza fortificata dell'influente famiglia ghibellina cui deve il nome.
Nel corso dei secoli ha conosciuto numerosi rifacimenti: prima del 1698, in particolare, il palazzo era molto più vasto di come si presenta oggi, estendendosi da piazza della Vittoria fino a metà dell'attuale corso Vittorio Emanuele II; in quell'anno, parte della struttura fu trasformata nella dimora privata di Giovanni Paolo Barni (padre di Antonio Barni), divenuto proprietario dell'edificio a causa di traversie politiche e finanziarie della famiglia Vistarini.
Il palazzo si presenta in forme gotiche, con una facciata in mattoni ingentilita ed impreziosita, dalla presenza di monofore decorate con cornici in cotto, e dagli archi a sesto acuto nel portico sottostante. Dell'antico splendore rimangono alcuni affreschi sulle volte e nel portico, che conserva intatta l'altezza del soffitto il quale, per decreto dei decurioni cittadini, doveva essere d'altezza tale da consentire il passaggio di un uomo a cavallo.
Nel Palazzo hanno soggiornato diverse personalità importanti dal punto di vista storico fra le quali si ricordano Gaston de Foix, Margherita e Anna Maria d'Austria.
Palazzo Ghisi d'opera settecentesca è appartenuto al casato dei Sommariva, famiglia storica del lodigiano.
I catasti, introdotti sotto la dominazione asburgica, permettono di ipotizzare che l'edificio sia stato costruito dalla seconda metà del XVIII secolo e non prima poiché non compare nella rilevazione del 1723.
Attualmente il piano terra vede la presenza di negozi e di una banca.
Lo stabile occupa una vasta area, infatti si sviluppa su tre piani fuori terra e si caratterizza per una pregevole decorazione che vede l'uso del bugnato liscio al primo piano, mentre il secondo e il terzo utilizzano lo stesso elemento solo per rilevare le parti angolari.
Le finestre del piano nobile presentano una decorazione con frontone triangolare e l'inserzione di mascheroni ed elementi floreali, mentre quelle dell'ultimo piano sono rilevate da una cornice più semplice ma con i medesimi motivi.
La struttura è ritmata da davanzali e piccoli balconcini. Si distingue il balcone angolare, che rileva i due affacci su Corso Roma e Via XX Settembre.
L'organismo edilizio è costituito da muratura portante in mattoni, con la presenza di colonne in granito sul lato est e sud del cortile. La facciata verso Corso Roma è composta di una scansione regolare delle finestre ed in posizione centrale si apre il portone d'accesso, sovrastato da un balcone con parapetto in ferro battuto di fine fattura.
Le finestre al piano terreno sono dotate d'inferriate e sono tutte contornate da un rilievo intonacato, quest'ultima caratteristica appartiene anche alle finestre del cortile interno e di quello posteriore, mentre le finestre che danno sui laterali ne sono sprovviste. Le spalle e la cimasa del portone d'ingresso sono in granito.
Di notevole impatto è lo scalone d'onore posto nell'estremità nord del lato est.
Il piano terreno è costituito da stanze in parte ampie, che occupano tutti i lati del palazzo e alle quali si accede dal cortile e dal portico interno.
Palazzo Villani cinquecentesco dell'antica nobile casata Villani, ora della proprietà della Famiglia Benelli, conserva una splendida facciata con belle finestre rinascimentali ed un importante portale colonnato.
L'intero complesso è costituito da tre edifici che si sviluppano intorno ad una corte principale e ad altre corti minori, ed è sottoposto a tutela da parte del Ministero dei Beni e le Attività Culturali.
I Villani sono presenti a Lodi già in epoca antica, la famiglia probabilmente oriunda di Lodi Vecchio compare nei documenti della città già dal XII secolo, nel corso del tempo gli appartenenti a questo casato partecipano in modo attivo alla vita politica, culturale, amministrativa ed economica della Città.
L'edificio così come oggi lo conosciamo, è frutto di una serie di trasformazioni che hanno accompagnato l'evoluzione del casato dei Villani e di conseguenza è l'esito di una serie d'edificazioni, accorpamenti e trasformazioni che propongono in maniera piuttosto tipica la struttura del palazzo nobiliare tardo rinascimentale, con l'edificio di rappresentanza in cui risiede la famiglia nobile rivolto verso la pubblica strada.
L'impianto è stato oggetto di numerosi accorpamenti e suddivisioni tra gli eredi di Gerolamo Villani, dall'anno 1515 una serie di trasformazioni hanno coinvolto gli immobili che dalla canonica di San Lorenzo arrivavano fino a via delle Beccherie (ora via Marsala), definendo una suddivisione tra le proprietà. Quello che oggi conosciamo come Palazzo Villani, sito al civico 38 di Via Garibaldi, appartenne a Gaspare Villani; tra il 1515 ed il 1557 la proprietà acquistò un fabbricato adiacente al palazzo originario lungo via San Lorenzo (ora via Garibaldi)ed in quegli anni si procedette con l'accorpamento dei due edifici e con l'ampliamento degli ambienti dei corpi di fabbrica su strada ed interno alla corte.
Presumibilmente nella seconda metà del XVI secolo è stato uniformato il fronte lungo Via San Lorenzo, creando la facciata in stile manierista come oggi la vediamo: il fronte è composto da tre ordini orizzontali suddivisi da cornici marcapiano ed è coronato da un importante cornicione in cui doppie mensole a volta sono alternate a piccole bucature quadrate. L'ingresso decentrato è caratterizzato da un elegante portale che propone elementi decorativi classici, quali l'arco a tutto sesto con la chiave di volta ornata, doppie colonne di marmo con capitello ionico, frontone con trabeazione con metope e timpano spezzato che incornicia lo stemma. Il tema del timpano spezzato è riproposto anche nelle cornici marmoree delle finestre, sia al piano terra sia al piano nobile dove si alterna il motivo ad arco con quello rettilineo.
Nella stessa epoca ha inizio la costruzione dello scalone d'onore che portava all'alloggio del primo piano, l'ambiente di dimensioni monumentali è sormontato da una volta a padiglione con decori floreali e stemmi araldici in stucco, di particolare pregio è la balaustra in pietra arenaria, scolpita con decori floreali in basso rilievo e pannelli con mascheroni fitomorfi.
Il palazzo possiede un portale e finestre di marmo con eleganti mostre e timpani. Alla finestra centrale del piano nobile è stato aggiunto nel '700 un balcone con inferriata. Verso il cortile esiste un fronte con finestre di gusto alessiano e nell'interno, a terreno, sono ubicati un salone con un eccezionale camino e alcune salette i cui soffitti sono nobilmente affrescati con scene mitologiche.
Seduti sul ripiano camino si trovano due satiri, al di sopra di essi racchiusa da una doppia cornice ovale è raffigurata la dea greca della sapienza e prodezza Pallade Atena, con la lancia ed elmo, vicino un angelo le porge un ramo d'ulivo. Sotto al dipinto è posizionato Cupido addormentato ed ai lati di questo vi sono due figure femminili rappresentanti a sinistra la ninfa Abbondanza e a destra la dea Afrodite, madre di Eros. Nel centro si vede un gigante che regge una cornice barocca in cui capeggia lo stemma di famiglia ai cui lati si possono notare due scene della guerra di troia, ossia l'ingresso del cavallo e dall'altra la battaglia. L'intera volta è affrescata con scene mitologiche di dei ed eroi.
In epoca napoleonica il palazzo è oggetto di diverse modifiche, alla facciata è aggiunto il balconcino con parapetto in ferro battuto, mentre internamente il salone del piano primo, che affaccia verso la corte interna, è suddiviso in due ambienti creando una sala in perfetto stile napoleonico con stucchi, boiserie, tappezzerie ed arredi che riportano lo stemma imperiale Risalgono alla seconda metà del 800 l'inserimento della balconata lungo il fronte interno del cortile e gli ampliamenti del corpo di fabbrica rivolti verso il giardino privato.
Nei primi decenni del XX secolo il palazzo subì le sue ultime trasformazioni.
Nei primi anni dopo la fondazione della città nuova, la costruzione del palazzo Vescovile non fu immediata, poichè i massimi sforzi furono impiegati nella costruzione della Cattedrale e quando nel 1163 il corpo di San Bassiano fu trasferito da Lodi Vecchio alla cripta della nuova Cattedrale, esisteva solo un piccolo nucleo dell'attuale Vescovado. La vera nascita del palazzo si ebbe sotto il vescovo Alberto Quadrelli (1168 - 1173) e il suo successore Alberigo del Corno, che ottenne nel 1177 il trasferimento della sede vescovile da Lodi Vecchio a Lodi.
I lavori proseguirono nel XIII secolo sotto Ottobello Soffientini, vescovo di Lodi fra il 1218 ed il 1243. Il lavori vennero nuovamente interrotti per essere poi ripresi alla fine del XIV secolo quando la diocesi era guidata dal vescovo Bonifacio Bottigella (1393 - 1404), che fece restaurare e abbellire il palazzo.
Nel 1482 il vescovo Carlo Pallavicino (1456 - 1497) ,ampliò notevolmente il giardino del palazzo; sfruttando dei terreni che in precedenza erano utilizzati come mercato di cavalli e granaglie. Il suo successore Ottaviano Maria Sforza soggiornò in città solo per brevi periodi e il palazzo fu abbandonato all'incuria, tant'è che divenne inabitabile e il vescovo alloggiò presso privati. Il primo serio intervento di rifacimento si ebbe solo con il vescovo Ludovico Taverna (1579 - 1616) che incaricò Martino Bassi di realizzare il progetto.
I lavori furono terminati solo nel 1657, quando la Diocesi di Lodi era guidata da Pietro Vidoni. Nello stesso periodo fu realizzata la galleria dei ritratti contenente una serie di dipinti ad olio dei vescovi lodigiani. Nel 1725 divenne vescovo Carlo Ambrogio Mezzabarba, che promosse una ricostruzione integrale del palazzo, su progetto dell'architetto Giovanni Antonio Veneroni, cui si deve l'aspetto attuale del'edificio.
Dopo la morte del Mezzabarba (1741), i lavori furono ripresi dal suo successore Giuseppe Gallarati, senza però terminarli. Negli anni successivi all'unità italiana, il dissidio tra Stato e Chiesa non permise più ai vescovi lodigiani di esercitare il potere temporale: il palazzo fu abbandonato e il vescovo fu costretto ad abitare in seminario. Nel momento in cui fu riconosciuto al vescovo il diritto di possedere beni e quindi di tornare nel suo palazzo, lo ritrovò in pessime condizioni; dopo lunghi e costosi lavori, nella primavera del 1879, il vescovo Domenico Maria Gelmini fece ritorno nel palazzo vescovile.
Il palazzo è formato da quattro ali che si sviluppano attorno ad un cortile quadrato; di queste però solo tre furono realizzate nel XVIII secolo seguendo il progetto originale, mentre la quarta, che doveva essere la più elegante, rimase incompiuta e fu realizzata in tempi recenti. Il palazzo ha due ingressi, uno sul lato sud che affaccia su Via Cavour) e uno a nord (su Piazza del Mercato), mentre i lati est e ovest sono collegati rispettivamente con il giardino e con il Duomo. Nelle facciate interne, sopra il portico vi è un marcapiano e quindi il piano nobile con finestre che presentano decorazioni rotonde arricchite da elementi di ferro battuto.
Di notevole interesse sono l'ex cappella vescovile e gli affreschi di Carlo Innocenzo Carloni.
Affacciato sul cortile interno si trova il portico composto di cinque archi con basati per colonne binate che negli angoli sono riunite a gruppi di tre.
I prospetti esterni originali sono tre e presentano molte differenze. Il prospetto est, verso il giardino, è l'unico ad essere stato completamente realizzato secondo il progetto del Veneroni. Sulla destra vi è una torretta sopraelevata che si collega all'ala nord e rimasta incompiuta come testimoniano i fori dei ponteggi. Del prospetto nord che si affaccia su Piazza Mercato, furono costruite solo le strutture essenziali e sono totalmente assenti quelle decorative. Sulla destra c'è un portale che permette l'accesso al portico. L'ultima ala ad essere realizzata fu quell'ovest, la cui costruzione fu però bruscamente interrotta come testimoniano la facciata rustica in mattoni e i fori per i ponteggi. Nei punti in cui l'ala est e l'ala ovest avrebbero dovuto congiungersi con quella sud, sono ancora visibili dei mattoni a vista, ad ulteriore testimonianza dell'incompiutezza del palazzo.
Un'ala del Palazzo Vescovile ospita il Museo Diocesano d'Arte Sacra di Lodi, che fu istituito nel 1975 dal vescovo Giulio Oggioni, con decreto vescovile.
Il museo è ricco d'oggetti d'arte, in particolare arte religiosa, provenienti dalla Cattedrale, dallo stesso Vescovado e da altri edifici religiosi della città.
Tra questi reperti spiccano quelli appartenuti al tesoro di San Bassiano, un tempo custodito nel Duomo e contenente soprattutto prodotti dell'arte sacra orafa e tessile.
La loggia neoclassica di Palazzo Broletto si affaccia su piazza della Vittoria, la piazza principale di Lodi. Sulla sommità della facciata si trova una rappresentazione artistica dello scudo araldico municipale.
Come spesso accade in terra lombarda, l'edificio simbolo del potere temporale si affaccia su di una piazza chiusa ed ha sede non troppo distante dall'edificio simbolo del potere spirituale, in questo caso la Cattedrale. Palazzo Broletto ed il Duomo, infatti, sono due edifici adiacenti, che si affacciano sulla stessa piazza, eletta a centro della vita cittadina.
Il palazzo venne edificato nel 1284 probabilmente sulla base di una costruzione antecedente come attestato da alcune fonti storiche.
L'edificio ha subito molte modifiche nel corso dei secoli. Nel 1303 venne aggiunto lo scalone ed ulteriori modifiche vennero compiute nel 1337 e nel 1656, anno in cui venne rifatta la nuova loggia dall'architetto Agostino Pedrazzini. La facciata, nelle forme attuali, è del 1778 per opera dell'Ingegner Castelli di Milano.
Il Broletto oggi si presenta in stile neoclassico con un porticato al piano terra e un loggiato al piano superiore. Attualmente è sede del Municipio e nelle sue sale si riunisce il consiglio comunale di Lodi. Un bel loggiato si affaccia anche sulla piazzetta del Broletto, mentre un arco conduce in Corso Umberto I. Due ali del complesso architettonico sono poste in comunicazione mediante un passaggio sopraelevato, ribattezzato «il Voltone» dai cittadini lodigiani.
Su una parete del municipio è collocato il busto di Federico Barbarossa fondatore di "Laus Nova". L'imperatore è anche raffigurato sul retro del gonfalone comunale. Oltre al busto del Barbarossa è possibile vederne anche uno raffigurante Gneo Pompeo Strabone.
Nel cortile del Broletto è posta l'antica fonte battesimale della Cattedrale donata da Bassiano da Ponte nel 1508. Ricavato da unico blocco di marmo rosa di Verona, presenta la forma esterna ottagonale mentre quell'interna è quadrilobata.
Il battistero venne concesso in comodato d'uso nel secondo dopoguerra al Comune di Lodi che ne decise la sua attuale collocazione.
Il Castello Visconteo è una costruzione medievale che fungeva da fortezza difensiva. In passato la cittadina lombarda era circondata e difesa da una cinta muraria, lungo la quale si aprivano le tre porte d'accesso alla città. Due di queste erano poste sul lato sud, in direzione delle principali città alleate: Porta Cremonese e Porta Pavese; la terza era detta Porta Regale ed era la più vulnerabile poiché si trovava sulla strada per Milano; essendo la più insicura, Federico Barbarossa decise di commissionare l'edificazione del Castello cui sì si accedeva tramite la Porta Imperiale.
La struttura fu rimaneggiata varie volte con il passare del tempo, e ciò che noi possiamo ammirare oggi risale al periodo che va dal 1355 al 1370, su commissione di Barnabò Visconti, che desiderava avere anche quattro torri e profonde prigioni, da situare nel sottosuolo.
Nel 1416 Filippo Maria Visconti rinforzò il rivellino interno con una rocca fortificata fuori delle mura e più tardi, quando, a causa alle bonifiche dei terreni circostanti, fu necessario proteggere anche le nuove zone strappate alle paludi, la fortezza fu resa ancor più sicura da Francesco Sforza che nel 1456 fece aggiungere sullo spigolo a nord, una torre rotonda, opera dell'ingegner Serafino Gavazzi, affiancata a quella di pianta quadrata di cui il castello già disponeva.
Il Torrione, che divenne uno dei simboli di Lodi, fu alzato nel 1906 per contenere il serbatoio dell'acquedotto comunale, mantenendo però l'integrità dell'edificio.
Sotto la dominazione austriaca di Francesco Giuseppe, il castello subì notevoli danni a causa di lavori che miravano alla sua demolizione. In questo periodo furono riempiti i fossati, tolti i ponti levatoi e distrutto un intero lato del castello che fu trasformato in caserma. Sui tre lati rimasti furono costruiti dei porticati sovrastati da un doppio ordine di logge, così come si vede ora. Già dai primi anni del XIX secolo il castello perse il suo vero aspetto e la sua funzione.
Oggi il Castello Visconteo non è visitabile, poiché è sede della Questura della Polizia di Stato.
Nei sotterranei sotto al castello, ad una profondità di circa sei metri, sono stati scoperti alcuni cunicoli appartenenti probabilmente al rivellino esterno. Alcuni di queste gallerie sono alte fino a 2,70 metri, consentendo quindi il passaggio di un uomo a cavallo, e in taluni punti si sviluppano anche su due livelli comunicanti fra loro. L'esplorazione di questi ambienti, è iniziata negli anni duemila, tuttavia le indagini risultano essere difficoltose a causa del fatto che negli anni cinquanta essi furono in gran parte sotterrati e talvolta murati.
Esiste anche l'ipotesi che in passato Lodi fosse completamente attraversata da gallerie sotterranee che conducevano sia fuori le mura, attraverso il rivellino esterno, sia nel cuore della città, attraverso il rivellino interno, verso il sagrato di Piazza della Vittoria. L'utilità di questi passaggi era sia difensiva (costituivano, una via di fuga in caso d'attacco), che offensiva (permettevano di sorprendere improvvisamente il nemico che occupava parti della città). L'utilizzo dei cuniculi sotterranei è attestato dal Guicciardini nella sua celeberrima opera "Storia d'Italia".
L'Ospedale Maggiore risale al XV secolo; la struttura venne successivamente ampliata e trasformata in ospedale. La facciata in stile neoclassico fu realizzata alla fine del Settecento su disegno di Giuseppe Piermarini, lo stesso architetto del Teatro alla Scala di Milano. All'interno si trova un chiostro con portico, loggiato e decorazioni in cotto del Quattrocento.
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