sabato 6 giugno 2015

LA COLLEZIONE GORINI A LODI

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La Collezione Anatomica Paolo Gorini di Lodi è un particolare tipo di spazio museale. Sita nell’Ospedale Vecchio di Lodi, nei pressi dell’incantevole chiostro della farmacia, la collezione testimonia una cultura ed un modo di intendere la scienza. Paolo Gorini, scienziato a tutto tondo, vissuto a cavallo tra l’illuminismo ed il romanticismo, ed innovativo spirito positivista nel modo di intendere la scienza, studiò per tutta la vita un metodo per salvare i cadaveri dal naturale processo di decomposizione. Elaborò vari metodi durante la sua carriera di scienziato, i cui risultati sono esposti nei locali della Collezione Anatomica. Benché possa sembrare un museo degli orrori, in cui sono esposte per la maggior parte situazioni patologiche, si tratta di un’esposizione che aveva soprattutto finalità di studio: l’unico modo per permettere a giovani studenti di studiare l’anatomia, soprattutto per ciò che concerneva le patologie, restava la conservazione dei cadaveri in liquidi, oppure mummificandoli. Non esistevano, infatti, né i Raggi X, né le celle frigorifere per conservare i corpi. Paolo Gorini ha fatto un lavoro apprezzabile per la comunità scientifica, ed è tutto testimoniato dall’esposizione di resti umani visionabili presso l’Ospedale Vecchio di Lodi.

Il Museo Gorini intende portare a conoscenza del pubblico i preparati anatomici, predisposti dall'illustre ricercatore.
La valorizzazione della Collezione Gorini è frutto di un'intesa tra l'Azienda Sanitaria Locale (proprietaria della collezione) e il Comune di Lodi, che ne ha acquisito la gestione, affidando a personale della Pro Loco la vigilanza negli orari di apertura al pubblico, garantendo in questo modo l'accesso stabile e continuativo.

La Collezione anatomica “Paolo Gorini” raccoglie i numerosi preparati umani prodotti dallo scienziato Paolo Gorini fra i primi anni Quaranta e i Settanta del secolo XIX. L’esposizione si inscrive nel solco tradizionale dei musei di storia della scienza e in particolare descrive, attraverso i preparati ivi musealizzati (fra i quali teste, arti e corpi interi), il tentativo comune e riuscito di preservare, per scopi scientifici e illustrativi, materiali organici altrimenti destinati alla naturale decomposizione. L’operazione, comune in seno alle attività scientifiche dei medici, dei naturalisti e, in particolare, dei preparatori anatomici dell’Ottocento e del primo quindicennio del Novecento, si svolgeva sempre attraverso complesse metodologie tanatopratiche, condotte per mezzo di iniezioni endovasali, che permettevano la sostituzione dei liquidi organici con sali adatti alla conservazione dei tessuti. Paolo Gorini, molto noto anche come geologo, matematico e, soprattutto, come autore della conservazione della salma di Giuseppe Mazzini, agiva con modalità simili a quelle di noti luminari a lui coevi, seguendo le tracce di Girolamo Segato, che, pochi anni prima, aveva trovato un metodo adatto allo scopo, in un’epoca in cui sia la radiologia sia le celle frigorifere erano ancora sostanzialmente lontane. In realtà, il mago di Lodi (così come i suoi concittadini lo avevano soprannominato quando ancora era in vita) faceva uso di molte formule chimiche per ottenere i propri sorprendenti risultati, non rivelandone mai la composizione e mantenendo gelosamente il segreto della “pietrificazione”. Le tecniche dello studioso, parzialmente rinvenute nel 2004 da Alberto Carli, sono state edite nel 2005 nel volume collettaneo Storia di uno scienziato. La Collezione anatomica Paolo Gorini, che della raccolta rappresenta il catalogo. Sebbene la collezione dei reperti goriniani non sia, evidentemente, adatta a qualsiasi pubblico e, sebbene i reperti che vi si conservano possano rivelarsi di non facile accostamento, la raccolta rappresenta una fondamentale memoria storica dei difficili passi compiuti dalla medicina in un percorso affascinante e spesso poco noto. Nell’atmosfera raccolta dell’antico Chiostro della Farmacia dell’Ospedale Vecchio di Lodi, oggi sede dell’Azienda Sanitaria della Provincia locale, grazie alle cure offerte dal Comune, da un Comitato scientifico e dal Centro Documentazione e Studi Paolo Gorini, che congiuntamente reggono le sorti e le ricerche dell’intera raccolta, la Collezione anatomica “Paolo Gorini” rappresenta uno dei pochi lasciti di un personaggio discusso e acclamato all’unisono nei tempi in cui visse e che, alla luce di nuove scoperte, assume sempre maggior peso nel quadro di vicende storiche, scientifiche e artistiche proprie del Risorgimento e dell’Italia unita.  

Raccoglie 166 preparazioni anatomiche prodotte dallo scienziato Paolo Gorini donate dagli eredi all'Ospedale Maggiore di Lodi. L'attuale allestimento espositivo fu curato dall'illustre anatomopatologo Antonio Allegri e inaugurato dal senatore Giovanni Spadolini nel dicembre del 1981.

Tra i reperti ci sono numerose conseguenze di patologie diffuse nel XIX secolo, ma oggi debellate o meno dannose, come il morbo di Pott o la sifilide.

Alla morte dello scienziato nel 1881 iniziarono le procedure per l'acquisizione da parte dello Stato dell'intera eredità scientifica. Una pesante nota firmata da Jacob Moleschott bloccò il procedimento in Senato. I materiali rimasero quindi agli eredi che li regalarono all'Ospedale di Lodi. Per decine di anni i preparati rimasero abbandonati nelle cantine, finché, cent'anni dopo la morte di Gorini, Allegri non li restaurò allestendo la mostra.

Fin dal 1842 Paolo Gorini sperimentò una soluzione in grado di "mineralizzare" le sostanze organiche, ovvero di riprodurre artificialmente un processo simile a quello che permette la formazione dei fossili. I reperti si possono dividere in due grandi categorie:

I preparati a secco, ovvero senza l'immersione in spirito, sono dei reperti depellati, volti ad indicare un particolare (patologico o meno), con chiaro intento didattico;
Le pietrificazioni invece non indicano particolari invisibili e interni, ma rappresentano in tutto e per tutto le fattezze del defunto addirittura nel colore dei capelli e dei peli perfettamente conservati.
La tecnica di conservazione si basa sulla sostituzione di liquidi biologici (sangue, urina, bile, umor vitreo) con elementi chimici conservanti. Nel 2005, Alberto Carli ha trovato e pubblicato alcune delle formule "segrete" di Paolo Gorini, svelando così, almeno in parte, il mistero dei suoi preparati. La formula a base di bicloruro di mercurio e muriato di calce era tossica, ma estremamente efficace. Gorini procedeva per iniezione, iniziando dalla vena e dall'arteria femorale del cadavere esangue. Il procedimento, illustrato molto dettagliatamente nei documenti scoperti e conservati presso l'Archivio Storico di Lodi, era particolarmente lungo, complesso e costoso.

Oltre ai preparati anatomici, sono esposti numerosi esempi di polidattilie, ernie, cifo-scoliosi e tumori. Vi sono anche due mummie con una serie di lastre radiografiche eseguite sulle salme per illustrare la presenza dei visceri ed indicare le vie di iniezione dei liquidi mummificanti. Una di queste è la salma di Pasquale Barbieri, un giovane lodigiano morto nel 1843, che fu la prima preparazione a corpo intero di Gorini.

Negli ultimi anni, Gorini stesso si accorse che il suo metodo sarebbe stato destinato ad avere poche applicazioni. Fu così che all'inizio degli anni settanta, per combattere l'orrore della decomposizione che tanto lo ossessionava, iniziò ad interessarsi di cremazione. A questo proposito il museo espone due riproduzioni dei progetti del "crematojo lodigiano", il primo forno crematoio costruito nel cimitero di Riolo, firmati dall'architetto Guidini.




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