Abbiategrasso è un comune italiano della città metropolitana di Milano, situato a circa 22 chilometri a sud-ovest dal Duomo di Milano, centro cittadino del capoluogo.
Il territorio di Abbiategrasso è compreso per una buona parte nel Parco del Ticino e nel Parco Agricolo Sud Milano; l'abitato di Abbiategrasso sorge a cavallo del ciglio del dislivello formato dalla valle del Ticino e lungo la Linea dei Fontanili, la quale divide l'alta Pianura Padana dalla bassa Pianura Padana.
Pur non essendo fortemente popolato è il comune con la superficie più vasta nella provincia dopo il capoluogo.
Abbiategrasso è uno dei pochi comuni rurali che possieda un suo stemma già dal 1400; forse perché aveva ottenuto il potere di emettere sentenze in materia giudiziaria sin dal 1373, per le cause civili, e dal 1437 per quelle penali. Il più antico stemma che si ricordi risale al XV secolo ed è stato rintracciato su un marchio a secco riprodotto su un documento cartaceo in cui si vede San Pietro, antico protettore della città, che sostiene uno scudo in cui campeggia un leone rampante. A colori, invece, il primo stemma della città è stato possibile rintracciarlo su una bolla di papa Paolo III del 24 aprile 1544 in cui è rappresentato un leone rampante di rosso, senza corona, su un campo di colore argento. L'ultima sua trasformazione risale al 1930 quando, variati gli smalti, il leone è stato sormontato da una corona all'antica d'oro.
Le origini della città si collocano in epoca celtica (6° secolo a.C.), a cui è seguito lo sviluppo avvenuto in epoca romana (tra il 1° e il 5° secolo d.C.) lungo l'antica strada Mercatorum. l'antica strada dei commerci che attraversava da sud-est a nord-ovest la Pianura Padana lungo la terza balza del Ticino.
Il nome deriva dal termine celtico Habiate (che significa "abbondanza di acqua") e dal termine Grasso, aggiunto in epoca medievale ad indicare la Valle Grassa in cui ci troviamo (così chiamata per la fertile campagna che ci circonda).
Dopo la caduta dell'impero Romano entrò a far parte dei territori dei Longobardi e, nell'alto medioevo, entrò a far parte dei beni di proprietà dell'Arcivescovo di Milano (è citato nel testamento del 1034 dell'Arcivescovo Ariberto).
Il primo nucleo di Abbiategrasso si è sviluppato intorno all'attuale Chiesa di San Pietro; si è poi sviluppato il quartiere San Martino (dove si trova la Chiesa di Santa Maria Vecchia) e solo nell'epoca dei Comuni si è sviluppato il borgo con le mura che ancora conosciamo.
Seguì infatti strettamente le vicende del ducato milanese, diventando possesso e luogo di svago prima dei Visconti e poi degli Sforza.
Durante il Risorgimento fu punto d'incontro per i patrioti che si battevano per l'Unità d'Italia.
Abbiategrasso oggi è il più importante centro agricolo-industriale a sud-ovest di Milano, da cui dista circa 22 km.
Il suo territorio giunge fino alle sponde del fiume Ticino ed è attraversato da numerosi canali artificiali, il più importante dei quali è il Naviglio Grande, scavato intorno al 1177 per collegare il capoluogo lombardo con il Ticino.
Nel comune si denotano attività legate a tutti i settori produttivi: primario (cerealicultura, con particolare prevalenza per riso e mais), secondario (industrie alimentari, tessili, meccaniche ed elettroniche di una certa notorietà vi hanno stabilimenti o sedi) e terziario.
Solo il 16% del territorio comunale è urbanizzato o urbanizzabile, mentre l'84% può essere sfruttabile dall'attività agricola.
Il castello fu costruito nel 1280 da Ottone Visconti e poi ampliato nel 1381 da Gian Galeazzo Visconti e successivamente da suo figlio Filippo Maria Visconti nella prima metà del 15° secolo per rendere sempre più piacevole il soggiorno della sua amante Agnese del Maino e della sua unica figlia legittimata Bianca Maria Visconti.
Dopo il periodo Visconteo e quello Sforzesco, durante la dominazione spagnola, ha subito un progressivo declino fino alla decisione di abbatterlo che fortunatamente non fu eseguita completamente.
Oggi è sede della biblioteca, di uffici Comunali e della Pro Loco di Abbiategrasso e, tra i castelli Viscontei, è quello che conserva intatta la maggior porzione di affreschi tra cui spicca, ripetuto ossessivamente il motto della famiglia Visconti, coniato da Francesco Petrarca, "a bon droyt".
La struttura originale della chiesa di Santa Maria Vecchia risale al XII secolo quando fu costruito in prossimità al Castello Melegazario (10° secolo), oggi non più esistente.
La Chiesa venne certamente ricostruita nelle forme attuali nel XV secolo.
Nel 1570 S. Carlo Borromeo ordinò di invertire l’ingresso della chiesa in modo da ricavare una cappella interna per le monache di S. Maria della Rosa.
In seguito alla soppressione del 1784 la chiesa fu trasformata in una filatura, poi caserma e infine scuola elementare.
Oggi la struttura è destinata a scuola di danza, studio di architettura ed abitazioni private.
La Basilica Romana Minore di Santa Maria Nascente fu costruita nel 1365.
Ha subito numerosi rimaneggiamenti, i più importanti dei quali eseguiti nel 18° secolo dall'Architetto Francesco Croce.
Lo splendido quadriportico che la fronteggia è stato costruito nella seconda metà del 15° secolo ed è stato erroneamente attribuito a Donato Bramante.
All'interno del quadriportico è presente l'oratorio cinquecentesco Dell'Addolorata che ha dato forte impulso alla devozione degli abbiatensi verso l'Addolorata che è arrivata ad essere la festa più importante del borgo (addirittura più importante della festa patronale di Santa Rosa da Lima).
L'antica chiesa di San Bernardino fu costruita (con l'anomalo orientamento nord-sud) dopo la diffusione del culto del Santo che fu di passaggio nel Borgo nel 1431; originariamente era molto più piccola di quella attuale ed era utilizzata come sede dai membri della Confraternita di San Bernardino.
Il Cardinale Federico Borromeo ne suggerì l'ampliamento quando divenne sede anche della Scuola del SS. Rosario.
La sua realizzazione richiese circa un secolo per le difficoltà economiche che dovettero affrontare le due confraternite; la facciata fu invece realizzata nel corso del Settecento, apportando solo poche modifiche al progetto seicentesco dell'architetto Francesco Maria Richino, principale esponente del barocco milanese. Il campanile, dal caratteristico bulbo in rame, è stato realizzato nel 1717.
Durante la Battaglia di Magenta del 1859 venne utilizzata dall'esercito francese come ospedale.
Ciò, unito al fatto che tutte le statue all'interno sono di santi protettori della salute, ha fatto sì che la Chiesa venisse chiamata dagli abbiatensi "il Poliambulatorio".
Dalla metà del Settecento gli scolari assunsero il compito di seppellire i giustiziati, che si erano macchiati di gravi delitti, nella fossa comune davanti all’altare del Crocefisso che è in stile spagnolesco e ha capelli veri e braccia e occhi mobili che ne consentivano la deposizione il venerdì santo.
San Pietro Apostolo fu la prima parrocchia del primo borgo abbiatense.
Il culto di San Pietro era legato al desiderio dei longobardi di sancire l’unione con la Chiesa di Roma.
Sulle rovine dell'originaria costruzione longobarda, venne edificata una chiesa romanica con la medesima dedicazione.
Anche se la chiesa era posta fuori dal borgo (sviluppatosi in un secondo momento), San Pietro divenne il primo patrono del borgo. Inoltre lo stemma della città fino alla seconda meta del XVI secolo riproduceva San Pietro in trono.
Anche se riedificata canonicamente, la parrocchia di San Pietro, ai primi del '700, non si presentava in buone condizioni. Si sentì pertanto l'esigenza di costruire un nuovo edificio in stile barocco lombardo: demolita nel 1753 la chiesa romanica, si inaugurò la fabbrica della nuova chiesa, che si potrasse fino al 1763 per la mancanza di fondi.
Il progetto fu affidato all'architetto Francesco Croce che volle una chiesa a croce greca, a tre navate, e cupola centrale (poi rialzata e affrescata).
L'edificio colpisce per la semplicità esterna a cui si contrappone il fasto dell’interno.
Della vecchia chiesa d'origine medievale si conservò solo il campanile, sul quale si intervenne più volte. Da allora sino ai nostri giorni, non sono mancati continui interventi di manutenzione e restauro.
Il Convento dell'Annunciata fu costruito per volontà di Galeazzo Maria Sforza in risposta ad una grazia ricevuta.
Fu realizzato secondo le esigenze dei Frati Minori dell'Osservanza di San Francesco che avevano un forte legame sia con la società dell'epoca che con la famiglia ducale: venne realizzato con le due aule (una per i fedeli e una per i frati) divisi da un tramezzo riccamente decorato oggi non più esistente.
Dopo la soppressione napoleonica del 1810, venne trasformato nella sezione maschile della Pia Casa dei Poveri Impotenti Incurabili che modificò profondamente la struttura del complesso per soddisfare le nuove esigenze.
Dalla fine del 19° secolo venne frazionato per diventare una fabbrica di damigiane e successivamente una fabbrica per la lavorazione del sughero, un magazzino di materiale edile, la sede di svariate attività (quali un'autorimessa) e l'alloggio per circa 150 inquilini (tra cui i terremotati del Belice che qui trovarono accoglienza).
Nel 1997 il Comune di Abbiategrasso acquistò il complesso dando inizio, grazie ad alcuni finanziamenti, a varie campagne di restauro che si sono concluse nel 2007 e che hanno porato alla luce un meraviglioso ciclo di affreschi realizzato nel 1519 da Nicola Mangone da Caravaggio, detto il Moietta.
Nel 1782 l’imperatore d’Austria Giuseppe II ordinò la soppressione del convento di S. Chiara (che già aveva sostituito nel 1476 il monastero femminile di San Martino) e lo sostituì con la Pia Casa dei Poveri Impotenti Incurabili e Schifosi, per il ricovero di tutti i poveri inabili al lavoro e con gravi malattie fisiche o psichiche di Milano.
Dal 1966 il nome della Pia Casa venne mutato in Istituto Geriatrico Camillo Golgi in ricordo del famoso anatomo-patologo che fu primario della struttura alla fine del 1800 e che fu poi insignito (per primo in Italia) del premio Nobel per la medicina nel 1906 per la tecnica, messa a punto proprio in questo istituto, base per la scoperta dell'Alzheimer.
All'interno dell'Istituto è presente la bella Chiesa di San Carlo.
La chiesa di Sant'Antonio abate ha origini antiche tanto che in un documento del 1610 si può leggere: “La chiesa (fu) costruita dai suoi antichi già oltre cinquecento anni passati sotto il titolo del glorioso Abate Confessore Antonio Santo”. La chiesa conserva ancora oggi tra i suoi tesori una berretta appartenuta al santo.
Di grande importanza è stata la visita pastorale alla parrocchia fatta nel 1604 dal Cardinale Federico Borromeo: notata la situazione precaria della struttura, concesse di far abbattere l’antico oratorio e di usare il ricavato per la costruzione di una chiesa nuova con la stessa dedicazione.
La costruzione avvenne tra il 1610 e il 1616; il portico antistante la facciata e il campanile saranno aggiunti negli anni successivi.
Al suo interno è custodita statua in marmo, considerata miracolosa, raffigurante la Beata vergine col Bambino di fattura trecentesca che originariamente si trovava presso l'oratorio di Santa Maria del Campo.
L’organo che si può vedere oggi risale al 1830 ed è opera di Pietro Pandolci che l’ha realizzato con dimensioni maggiori rispetto al precedente.
Tra le varie opere che adornano l’interno della chiesa, oltre alla statua trecentesca già citata, si possono ammirare una bella statua raffigurante Sant’Antonio eseguita nel 1839 dallo scultore Carlo Romani e una tela raffigurante la Madonna Assunta del Procaccini, la quale è una replica della tela conservata nella chiesa di Sant’Alessandro a Milano nella cappella della famiglia Cittadini, già proprietari del Palazzo Cittadini, poi Stampa, nel borgo di Castelletto.
Al termine dell’epidemia di peste del 1630 la popolazione decise di costruire, con donazioni e prestiti senza interessi da parte dei fedeli, una chiesa dedicata ai Santi Rocco e Anna.
Il prestito più importante fu la cessione effettuata da Pietro Brambilla il 10 Ottobre 1630 che cedeva una sua casa sulla Ripa Naviglio posta nel punto in cui iniziava il ramo del Naviglio di Bereguardo: questa casa venne demolita e al suo posto venne eretta la chiesa di San Rocco.
I lavori di costruzione incominciarono nel 1632 e terminarono nel 1636.
La costruzione, con l'altare posto a nord e l'ingresso a sud, si presenta con interni e facciata molto semplici in mattoni a vista, con un piccolo campanile a vela con una sola campana e un piccolo sagrato antistante. L’altare è di fattura settecentesca, riccamente intarsiato.
La volta presbiteriale è decorata con quattro grandi ovali rappresentanti i quattro evangelisti il cui disegno risale al 1925, opera di Elia Raffaello.
Grazie ai restauri eseguiti negli ultimi anni si è potuta riportare alla luce la decorazione di fine XVII secolo della chiesa con i suoi colori vivaci, la pittura a finto marmo, le delicate ghirlande floreali dipinte delle finte colonne della navata e nella parte alta dell’abside.
Sulla contro facciata, sopra la porta d’ingresso, all’interno della chiesa, fa bella mostra di sé un piccolo organo del XVII secolo.
Casa Paquet è situata lungo il viale Mazzini, nella zona periferica in prossimità dell' incrocio con la strada statale per Vigevano, il palazzo a due piani, si sviluppa intorno ad una corte stretta ed allungata (divisa da un muro aperto da un cancello). Come emerge dalla documentazione catastale settecentesca, presso l' edificio, prospettante allora la Ripa del Naviglio di Abbiategrasso, si trovava una fonderia per la lavorazione dei metalli. Decaduto e manomesso per ricavare modesti alloggi, il palazzo presenta una facciata caratterizzata da una grande edicola sacra con cornice ovale in rilievo e conserva ancora le tracce delle cornici mistilinee settecentesche in malta che decoravano le finestre. Sulla corte si affacciano ballatoi in pietra con modeste ringhiere in ferro; il lato meridionale è ornato da una coppia di nicchie, originariamente dipinte e destinate forse a contenere piccole statue ornamentali.
I Lavatoi Pubblici sulla Roggia Cardinale tramandano la testimonianza di un'antica e diffusa consuetudine scomparsa a partire dal secondo dopoguerra. Costituiti da una serie di vasche e di lastre in pietra inclinate, allineate lungo la sponda del canale, i lavatoi venivano utilizzati per lavare con le acque della roggia.
Palazzo Annoni è composto da due corpi di fabbrica: uno prospiciente su strada (avancorpo) e l'altro, il principale, sul cortile interno. Quest'ultimo è chiuso sui due lati liberi da muro di cinta con disegno che richiama quello dei prospetti. L'edificio principale, a pianta rettangolare con due bracci lievemente aggettanti verso il cortile, ha muri perimetrali in laterizio e portico con colonne binate al piano terra. Elementi caratteristici sono le scale, collocate nei bracci sul cortile: ad est uno scalone monumentale e ad ovest una scala a chiocciola girante a pozzo. Le strutture verticali sono in laterizio. I solai nell'intero bene sono in parte in legno con orditura primaria e secondaria e in parte sono stati sostituiti con nuove strutture in laterocemento. Il piano cantinato è coperto da volta a botte. Il piano cantinato è coperto da volta a botte. La copertura del corpo principale è a tetto con falde a leggio asimmetriche, mentre nel corpo su strada è a tetto.
Palazzo Arconati è a pianta rettangolare con muri perimetrali in laterizio e portico con colonne binate al piano terra parzialmente tamponato. I solai sono in legno con orditura primaria e secondaria, una sala ad ovest al piano terra è coperta da volta alla toscana affrescata; l'androne d'ingresso è voltato con volta a botte unghiata e decorata. La copertura è a tetto semplice a padiglione con capriate lignee e travatura su muri. Il manto è in coppi di laterizio con alcuni inserti di lastre ondulate in pvc per far filtrare luce al corridoio sottostante.
Palazzo Castoldi, palazzo seicentesco, a due piani, prospettante sull'asse centrale di corso Italia, presenta una sobria facciata caratterizzata da un piatto bugnato al piano terreno, occupato da negozi, e da cinque aperture al piano superiore, dove al centro, sopra il portale, si apre un balcone in ferro battuto. L'androne introduce alla corte quadrata a ciottoli, porticata sul lato meridionale, su cui prospetta, in asse con il portale esterno, il corpo padronale, lievemente più alto delle ali laterali, a cui era raccordato da volute barocche, e aperto al piano terreno da tre (quattro in origine ) porte-finestre con cornici tardo seicentesche in malta simili a quelle delle quattro finestre del piano superiore. Sul retro del corpo principale, protetto da un alto muro, si trova ancora il giardino del palazzo. Abitato in parte dai proprietari, l'edificio è suddiviso in appartamenti d'affitto con negozi sulla strada.
Palazzo Cattaneo Scaiola è articolato intorno a due cortili e completato da un piccolo giardino interno, prospetta con la lunga facciata asimmetrica, composta da un corpo a due piani e da un fabbricato più corto e arretrato, alto tre piani, sul centrale corso Matteotti. L'edificio appartiene alla tipologia dei palazzi urbani, anche se venne a lungo utilizzato dai Cattaneo solo come casa di villeggiatura. La facciata in stile barocchetto è ornata da quattro balconcini in ferro battuto retti da conchiglie in stucco, mentre le finestre recano cornici in malta con ghiera in chiave e architrave curvilineo. Il corpo arretrato più alto presenta invece un balcone diverso a sé stante. Dal grande portale, scentrato verso Ovest, si accede al primo cortile quadrato, aperto da portici sui lati meridionale e occidentale, adiacenti all'ingresso, con soffitti a cassettoni lignei.
Palazzo Cittadini Stampa è costituito da un corpo di fabbrica a pianta rettangolare e da un altro a pianta irregolare prospiciente un lato del cortile, destinato in origine al ricovero di carrozze. Si sviluppa su tre piani fuori terra con giacitura parallela al Naviglio Grande sul quale prospetta con la facciata principale. In pianta l'edificio è strutturalmente diviso in senso trasversale in tre parti di uguale lunghezza di cui quella centrale accoglie l'androne d'ingresso formato dal passaggio carrabile centrale e dal portico aperto verso il cortile. Presenta muri portanti a tessitura omogenea in laterizio e due colonne in granito rosa di Baveno sul lato sud. Si struttura in piano terra, piano nobile e secondo piano composti da solai in legno ad orditura doppia, assito, massetto e pavimentazioni in cotto. La facciata è semplice e lineare, con tre ordini di finestre con cornici in intonaco uguali al piano terra e al primo piano, più basse all'ultimo piano.
Palazzo Confalonieri è del tardo seicentesco a due piani prospettante con la facciata principale scandita da due ordini di finestre con cornici ornamentali in malta sull'omonima via del centro storico, si sviluppa con pianta ad U intorno ad una corte alberata, delimitata ad ovest da un muro confinante con l'area dell'antico fossato visconteo. Il porticato che si apriva originariamente intorno alla corte quadrangolare è stato in seguito chiuso da ampie vetrate.
Il Palazzo Comunale sede del Municipio è a pianta irregolare ad U si affaccia con uno dei bracci parallelamente sulla piazza antistante, aprendosi al piano terra con il portico. Presenta muri portanti a tessitura omogenea in laterizio e una colonna in granito sul lato del cortile interno. Si struttura in piano terra, piano nobile e secondo piano composti da solai in legno ad orditura doppia e volte a crociera. La torre soprastante è suddivisa in cinque piani con volte a botte. La copertura è mista a padiglione e a capanna con orditura semplice in legno con puntoni poggianti sul muro di spina e sui muri perimetrali con manto di copertura in coppi di laterizio sovrapposti. Sopra l'androne che conduce al cortile si trova un pregevole balcone in pietra intagliata, sormontato da uno stemma e da ornamenti tardobarocchi in pietra scolpita.
Palazzo Conti a due piani con mezzanino superiore, era già esistente nel settecento, presenta una facciata ritmata da tre balconi con porte finestre ornate da cornici sporgenti e aperta da un androne centrale comunicante con un portico, aperto sul lato occidentale della corte. Particolarmente interessante lo scalone interno, accessibile dall'androne, ornato alle pareti da busti ottocenteschi in stucco ad altorilievo, raffiguranti le quattro stagioni, e decorato da motivi pittorici.
Palazzo Corio prospetta con l' imponente facciata (lunga circa 43 metri), lasciata in cotto senza intonacatura, direttamente su viale Mazzini, l'originale ripa del Naviglio di Abbiategrasso. La facciata esterna presenta un elegante portone d'ingresso, inquadrato da un doppio ordine di lesene e dal marcapiano, che corre su tutto il fronte, e sovrastato da un balcone barocco in ferro battuto, più importante delle due coppie di balconcini ai lati. Sopra l' androne d' accesso, ai fianchi del balcone centrale, due specchiature ribassate con angoli curvilinei valorizzano la parte mediana della facciata. Il corpo padronale è animato verso la corte da colonne con archi ribassati e volte a crociera , che si connette all'ala laterale con due campate di luce minore, separate da un pilastro con lesene che, continuando al piano superiore, formano un interessante motivo decorativo. Notevole è anche lo scalone a tenaglia, accessibile dal porticato, con parapetto in ferro battuto.
Palazzo Pravedoni Losa è a tre piani, costituito da negozi al piano terra e abitazioni al piano superiore si sviluppa intorno ad una stretta corte, prospettando con la facciata principale su corso Matteotti in pieno centro. La facciata aperta al centro da un portone sormontato da un grande balcone con balaustra in ferro battuto è scandita ai piani superiori da una sequenza di aperture ornate da cornici in malta, completate da parapetti in ferro battuto all'ultimo piano. La corte è delimitata a sud da un muro coronato all'estremità da volute di raccordo alle ali laterali e aperto al centro da un arco con timpano arrotondato, su cui è scolpito uno stemma dipinto della famiglia Pravedoni.
Palazzo Sacchei è a pianta regolare a C chiusa da un basso corpo trasformato negli anni sessanta in box e abitazione ma in origine occupato da stalle e scuderie. L'edificio si struttura in tre piani fuori terra e cantinato sul lato verso strada e in piano terra e primo piano nei lati sul cortile. I muri perimetrali sono in muratura a tessitura omogenea in laterizio a mattoni pieni intonacati. Gli orizzontamenti sono in legno, in parte rinforzati da putrelle in ferro, in parte sostituiti da solai in laterocemento e in parte ribassati con pannelli in compensato. La copertura è a padiglione con struttura in legno ad orditura semplice con puntoni poggianti sul muro di spina e sui muri perimetrali; il manto è costituito da lastre ondulate in fibrocemento con sovrapposti coppi in laterizio.
Palazzo Sala Cocini ha l'ingresso sulla strada sottolineato da due avancorpi barocchi, a due piani con pianta trapezoidale e segnati da cornici e lesene, collegati tra loro da due muri curvi ad esedra che inquadrano I pilastri bugnati del cancello. Oltre il cortile quadrangolare, con muri laterali a risalti architettonici (coronati un tempo da busti e statue ornamentali in pietra ), sorge il corpo padronale della villa, a tre piani, caratterizzato da un portico sporgente al centro, con sovrastante terrazzo, sorretto da quattro colonne con alte basi e capitelli ionici architravati. Il piano terreno è ritmato, tra una finestra e l'altra, da lesene che portano un profondo cornicione, mentre il primo piano è scandito soltanto da grandi finestre, simili a quelle inferiori e decorate da analoghe cornici in malta.
Palazzo Taccani è a due piani, articolato intorno alla corte quadrata, è costituito da un corpo principale porticato, caratterizzato sul lato esterno da un balcone centrale in ferro battuto recante la lettera iniziale G. Sul retro, oltre un secondo androne in asse con il portone sulla strada. si trova una piccola area verde confinante ad ovest con l'antico fossato visconteo. Abitato fino a pochi decenni dalla famiglia dei proprietari, l'edificio è stato poi frazionato in diversi appartamenti.
La Scuola Elementare Umberto e Margherita di Savoia si articola intorno a due cortili, aperti ad U verso ovest, e prospettante con una lunga facciata sul viale di circonvallazione, la costruzione scandita da tre ordini di grandi finestre e caratterizzata da un paramento murario di piatto bugnato al piano terreno, rientra nella tipologia dell' edilizia scolastica di inizio secolo.
Villa Castoldi prospetta con la facciata principale, imponente ed aggrazziata , direttamente su via E. De Amicis, nella zona sviluppatasi nel primo novecento a sud ovest del centro storico, poco distante dall' ospedale del paese. L' edificio, costruito probabilmente nel periodo tra le due guerre, è costituito da un corpo centrale, tripartito e lievemente arretrato, con facciata scandita dal profilo di tre falsi archi ribassati al piano terreno a cui corrispondono al piano superiore tre arcate cieche alternate a doppie lesene, precedute da un parapetto ornamentale di colonnine in pietra. Nell' arco centrale si apre il portone di ingresso, affiancato da due aperture ad oculo con contorni mistilinei situate al centro delle false arcate laterali. Due altri corpi, posti alle estremità di quelli centrali, anch'essi tripartiti ma da semplici profili in falso bugnato, completano la costruzione circondata sul retro e ai lati da un ampio giardino, delimitato da un muro di cinta.
Villa Kluzer, con pianta a V composta da un corpo centrale e due ali disposte diagonalmente, simile ad un esagono dimezzato, risale probabilmente alla fine degli anni trenta. Venne costruita nella periferia sud ovest del paese, in una zona che consentiva all' edificio di essere al centro di una grande area ancora libera, trasformata a parco. La raffinatezza stilizzata degli elementi decorativi in stile eclettico, quali le cornici ornamentali delle aperture o il balcone e il sottarco della porta d' ingresso in ferro battuto , rivelano il gusto ricercato dell' epoca. La villa è completamente circondata dal parco privato, accessibile da via Morandi all'angolo con via De Amicis, nella zona occidentale del centro abitato, tra il cimitero e l'ospedale.
Villa Orsini si presenta nelle forme più propriamente del palazzo urbano. È costituito da un corpo a blocco lineare a due piani, da un piccolo cortile interno determinato in parte dal fianco di un recente palazzo addossato ad ovest della villa, e da un secondo cortiletto rustico sul quale danno i fabbricati di servizio. L'edificio padronale è composto da due nuclei strettamente connessi al cui incrocio si colloca un corpo aggettante di servizio un tempo con funzione di ghiacciaia. Il corpo ad est d'origine tardo quattrocentesca ha strutture verticali in mattoni pieni a vista, l'altro ad ovest d'aspetto tardo barocco ha strutture verticali sempre in mattoni pieni ma intonacati. All'esterno l'aspetto è molto severo e si evidenzia solo il portale a grosse bugne in pietra. Davanti all'ingresso della villa si apre un'esedra formata da specchi di muro ricurvo e da pilastri in laterizio a mattoni pieni intonacati, sormontati da elementi scultorei in arenaria.
Del muro di cinta che circondava l'antico giardino di Villa Orsini è rimasta solo l'esedra d'innanzi all'ingresso. Formata da specchi di muro ricurvo e piastri in laterizio a mattoni pieni intonacati sormontati da elementi scultorei, è oggi completamente snaturata dal suo contesto: negli anni novanta il giardino è stato trasformato in parcheggio sotterraneo e a ridosso della costruzione è stata costruita la rampa d'accesso.
Villa Pionnio si sviluppa intorno ad un cortile quadrato; verso l'interno il corpo prospettante la strada con l'androne d'ingresso reca ben visibili le tracce di un porticato originario, riconoscibile dalle colonne e dagli archi emergenti dalla muratura, mentre ancora esistente è il portico sul lato orientale, con archi a sesto ribassato e colonne in pietra. Le ampie finestre al primo piano conservano ancora le cornici in malta con architravi cuspidate, di pregevole fattura, simili a quelle in parte asportate della facciata esterna.
Villa Rusca Sanchioli con pianta ad U si struttura su due piani fuori terra intorno al cortile centrale limitato sul fronte stradale da un muro di recinzione con portale centrale. L'indicazione iconografica dello schema a "U" trova una rispondenza solo parziale nell'architettura, risultando le due ali ad altezza ineguale e destinati a funzioni diverse. La volontà di accentuare un asse di simmetria centrale, ortogonale al corpo principale, è rimarcata dal portale parentesi nel muro che raccorda le due ali sulla strada, traforato da due aperture ellittiche. Le ali laterali sono aperte al piano terra da portico a tre fornici con robusti pilastri ottagonali. Dai porticati due androni conducono al parco. Nell'ala sinistra al piano terra è collocata la cappella di Santa Maria degli Angeli, denunciata all'esterno solo dal semplice portone nel fronte sulla strada e da una cappuccina, collocata all'incrocio col corpo principale. Sull'angolo opposto è collocata una torretta poco sporgente con belvedere.
Villa Zanicotterra Bonetti immersa nel verde del circostante giardino , fu costruita intorno al 1895 nella zona allora periferica ad ovest del centro storico oltre il tracciato dell'antico fossato visconteo. L'edificio a due piani a pianta rettangolare, presenta quattro fronti simmetriche, aperta al centro dal portone di ingresso, rivolti al giardino e preceduti da scalini e scandite da ampie finestre con cornici in malta, maggiormente sporgenti al primo piano.
Portici di Piazza Marconi inglobati nella cortina muraria dei palazzi soprastanti gli antichi portici sono scanditi sul lato orientale della piazza da grossi pilastri in pietra, sostenenti basse volte a crociera,mentre sul lato opposto sono ritmati da colonne in pietra con capitelli e travi a vista.
La seconda domenica di giugno si tiene il palio di San Pietro. A giugno per la strade di Abbiategrasso si svolge il Festival Internazionale di Teatro Urbano vincitore nel prestigioso Premio Hystrio
Persone legate ad Abbiategrasso:
Giovanni Invernizzi, bandiera dell'Inter negli anni cinquanta, squadra con la quale ha anche vinto uno Scudetto da allenatore nel 1971. A lui è dedicato lo stadio comunale cittadino.
Christian Abbiati, portiere, ha giocato nella Juventus, nel Torino, nell'Atletico Madrid e difende tuttora i pali del Milan.
Marco Villa, ciclista su pista, medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Sydney nel 2000.
Franco Moschino stilista (1950 - 1994) nato ad Abbiategrasso, qui riposa nella cappella di famiglia.
Gian Galeazzo Maria Sforza, duca di Milano (1469 - 1494)
Enrico dell'Acqua, imprenditore (1851 - 1910)
Giusy Ferreri, cantante
Guidotto de Abbiate, (+1333) Vescovo di Messina tra il 1304 e il 1333.
Davide Olivares, calciatore
Manuel Agnelli, musicista
Giorgio Falco, scrittore
Carlo Vichi, imprenditore
Serafino Dell'Uomo, patriota risorgimentale
Camillo Golgi, scienziato e medico (1843 - 1926, Premio Nobel nel 1906
Felice Lattuada, compositore e direttore d'orchestra (1882 - 1962), padre del regista Alberto Lattuada
Francesco Croce, architetto (1696 - 1773)
Anacleto Cazzaniga, arcivescovo di Urbino
Walter Fontana, comico
Paolo Mereghetti, critico cinematografico, giornalista
Emanuele Samek Lodovici, senatore
Guerrino Tosello: ex ciclista di strada professionista. Ha militato nelle seguenti squadre: Salvarani, Molteni, Furzi e Scic, partecipando a 8 Giri d'Italia e 3 Giri di Francia. Il suo palmeras conta numerose vittorie.
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