Il Seveso (Sèves in lombardo occidentale), è un fiume italiano a carattere torrentizio lungo 52 chilometri il cui corso si sviluppa interamente nelle provincie di Como, Monza e Brianza e Milano, in Lombardia. Tra Cavallasca e Paderno Dugnano contribuisce a formare il confine occidentale della Brianza. Il Seveso nasce a Cavallasca, in provincia di Como, sul Monte Sasso, in prossimità della frontiera svizzera, a quota 490 m.
Ha una lunghezza di 52 chilometri e scorre coperto dal confine comunale fra Bresso e Milano alla confluenza con il Naviglio della Martesana a Milano, per quasi nove chilometri; in questo tratto riceve il torrente Molia. L'attuale "foce" nella Martesana è sotto via Melchiorre Gioia all'altezza di via Giacomo Carissimi. Da porta Nuova, e dal vicino ponte delle Gabelle, le acque prendono il nome di Cavo Redefossi. Anticamente il Seveso terminava nel Lambro a Melegnano.
Il Seveso è stato il primo fiume che i Romani deviarono a Milano: il suo corso naturale lo portava, provenendo da nordnordovest, a sfiorare la città sul suo lato orientale; in epoca repubblicana, ne captarono le acque più a nord, per sfruttare la lieve pendenza del territorio, e lo indirizzarono a Milano attraverso il Sevesetto: questo alimentava la fossa a difesa delle mura cittadine e, nel contempo, entrava in città, col nome di Grande Sevese. Una seconda derivazione, poco più a valle, venne aperta in epoca imperiale. Penetrava direttamente in città da quella che oggi è piazza San Babila, per alimentare le terme Erculee e, più tardi, direttamente i battisteri della cattedrale.Le acque del Seveso finivano, attraverso la fossa muraria, alla Vettabbia che riprendeva l'alveo del fiume a sudest di Milano e terminava nel Lambro nei pressi di Melegnano.
Quando, nel 1471 terminarono i lavori di costruzione del Naviglio della Martesana alla Cassina de' pomm, le scarse acque in eccesso del naviglio stesso si riversavano nel Seveso poco lontano, ma quando la Martesana fu portata fino a Milano (1496), i due corsi d'acqua si intersecarono, perché lo sbocco del Seveso nella fossa interna era più a est di quello del nuovo canale. All'intersezione, il Seveso venne incanalato, forse per un tratto nel suo antico alveo, dando origine alla roggia Gerenzana, ma il carico idrico su Milano in caso di concomitanti piene del Seveso e della Martesana era diventato eccessivo e si avvertì l'esigenza di creare un canale che potesse scaricarle prima che entrassero, attraverso la conca dell'Incoronata, nel naviglio di San Marco, recapitandole direttamente nella fossa interna più a valle. Lo scolmatore si chiamò Redefosso, probabilmente dalla contrazione di retrofossum che troviamo in documenti antichi a indicarne la posizione arretrata rispetto alle mura di porta Nuova. Con la costruzione delle mura Spagnole, fu naturale che il Redefossi le contornasse dal ponte delle Gabelle (poco a oriente della "nuova" porta Nuova) fino a confluire nella Vettabbia (a quel punto già uscita dalla fossa interna) nei pressi di porta Lodovica. Come vedremo, la soluzione, che per il momento funzionava nella città, fu foriera di disastri a sudest.
La portata aggiunta alla Vettabbia non trovò infatti sufficiente sfogo nell'irrigazione dei terreni circostanti e le esondazioni divennero via via più frequenti e colpirono sia la città, da porta Tosa fino a porta Lodovica, sia le campagne sottostanti con effetti catastrofici. Si instaurò allora una lunga polemica tra chi considerava come soluzione del problema un minore afflusso d'acqua verso la città e chi pensava che un migliore deflusso a valle avrebbe risolto il problema. In realtà, nel 1708 il governo aveva provveduto a una risistemazione dell'alveo del cavo, tra porta Nuova e porta Lodovica, senza ricavarne alcun reale beneficio; dopo la metà del secolo la polemica infuriava coinvolgendo sulle opposte tesi illustri ingegneri-idraulici come Giovanni Antonio Lecchi e Dionigi Maria Ferrari, architetto camerale. A offrire la soluzione, sarà l'ingegnere Pietro Parea, ingaggiato da un gruppo di "Utenti della Vettabbia", che progetterà il prolungamento del Redefossi fino quasi a Melegnano: il costo dell'opera era assai elevato (un milione di lire milanesi), ma con molto realismo il governo austriaco rispose che la cifra era inferiore a quella sborsata in occasione di una delle ricorrenti esondazioni. Così, approfondite le indagini tecniche, i lavori iniziarono nel 1783 e furono terminati nel giro di tre anni. Il percorso era quello odierno fino alla Vettabbia, prima della sua foce nel Lambro.
La copertura e la tombinatura del Seveso a Milano avvennero gradualmente, con l'espandersi della città. Le prime datano dalla fine del XIX secolo e riguardarono il tratto dalla Martesana a porta Nuova, iniziando dai Bastioni e risalendo fino a via Ponte Seveso e in un secondo tempo fino al naviglio, in via Melchiorre Gioia. Sulla destra della Martesana fino a viale Zara (piazzale Istria) a partire dagli anni trenta, mentre i successivi sono una conseguenza del Piano Regolatore Generale della città del 1953 e si estesero verso la periferia, prima sino a Niguarda poi lungo la via Ornato, fino al confine comunale con Bresso in anni più recenti.
Le sorgenti del Seveso, nel Parco Spina Verde di Como, sono state "monumentalizzate": attorno alla fonte principale, da cui sgorga acqua purissima, è stato eretto un piccolo bastione in ceppo, il tipico conglomerato roccioso delle valli prealpine lombarde, e la fonte è protetta da una grata.
La parte più settentrionale (porzione montana) del Seveso è caratterizzata da pendenze piuttosto rilevanti e da un numero elevato di piccolissimi affluenti non sempre "bagnati". Scorre rapido tra pareti rocciose in una valle morenica scavata dal ritirarsi dei ghiacciai dopo l'ultima glaciazione. Questo tratto, caratterizzato da un ambiente naturale ben conservato anche per la scarsa pressione abitativa, si conclude alla confluenza del fosso Lusèrt, prima di Fino Mornasco (alla frazione Andrate-Valle Mulini)
Il tratto centrale del torrente (porzione collinare) è più serpeggiante, con pendenze meno accentuate ed è qui che riceve i suoi non numerosi affluenti: in sponda sinistra il rio Rossola, il rio Acquanegra e i torrenti Sant'Antonio, Serenza e Certesa; quest'ultimo, il più significativo, è a sua volta lungo venti chilometri con un bacino di 62 chilometri quadrati. In sponda destra riceve il solo torrente Comasinella.
Nel tratto finale il fiume scorre con pendenze quasi nulle e sempre in alveo artificiale. Storicamente, invece, era in questo punto che il fiume scorreva praticamente al livello del piano di campagna e le sue acque, in caso di piena, avevano l'opportunità di divagare nel piano circostante. A Palazzolo Milanese, la più settentrionale delle sette frazioni di Paderno Dugnano, dal Seveso esce il Canale Scolmatore di Nord Ovest, progettato nel 1954 e terminato nel 1980: con la sua portata di trenta metri cubi al secondo, doveva essere in grado di scongiurare le esondazioni del Seveso a Milano, ma si è rivelato insufficiente. Già nel 1982 se ne progettò il raddoppio della portata, ma i relativi lavori non sono andati oltre il primo lotto, ultimato nell'ottobre del 2004.
Geograficamente, sarebbe più corretto definire il Seveso come torrente. ma il corso d'acqua ha perso da tempo il suo carattere torrentizio a causa del costante apporto di acque provenienti dal collettamento e dalla depurazione. Il più a monte tra i depuratori è quello di Fino Mornasco che raccoglie le acque e gli scarichi di Villa Guardia e Cassina Rizzardi con oltre un centinaio di "tintostamperie" tessili: nel fiume immette acque di qualità peggiore e in quantità maggiore di quelle naturali. Altrettanto avviene a Carimate.
Nonostante quanto descritto, secondo Arpa Lombardia, la qualità delle acque del Seveso è considerata "sufficiente" almeno fino al rilevamento a valle di Lentate e secondo una ricerca "privata" condotta da studenti dell'Istituto Tecnico "Luigi Castiglioni" di Cesano Maderno, nel 2009 sarebbero stati rinvenuti esemplari di pesci vivi anche notevolmente più a valle (Varedo). È sicuro però che al museo civico di Lentate esistono quattro acquari, con ambiente fluviale, in cui nuotano pesci pescati nel fiume nell'ambito del suo territorio e a testimonianza del fatto che i pesci ci siano, proprio a Lentate se ne è verificata una moria nel maggio 2010. Altrettanto sicuro è purtroppo che, ancora nel 2009, la qualifica attribuita dall'Arpa alle acque del Seveso a Bresso era "pessima" (ma tendente a scadente), inadatte cioè a qualsiasi uso.
Malgrado il "contratto di fiume", sottoscritto nel 2006 e gli sforzi congiunti delle diverse amministrazioni coinvolte al Seveso resta l'infelice appellativo di fiume nero anche se, nel 2010, le sue acque erano meno scure rispetto al passato e indubbiamente alcuni progressi erano, in questo campo, da registrare. Accanto al fenomeno degli scarichi abusivi, resta dominante quello dell'eccessivo carico antropico lungo la sua asta, e l'inquinamento deriva ancor più dagli usi civili che non da quelli industriali.
Il Catasto Teresiano censiva, nella valle del Seveso, ventitré mulini, di proprietà di nobili o di enti religiosi, ben pochi se si raffronta la situazione con quella dell'Olona o del Lambro. Oltre alla funzione molitoria, azionavano soprattutto segherie. Per la ridotta portata e per la sua variabilità, il Seveso non conobbe mai il tumultuoso sviluppo preindustriale e industriale degli altri due fiumi e anche la situazione insediativa sulle sue sponde, nel tratto montano e buona parte di quello collinare, procedette lentamente, con centri urbani di piccole dimensioni e distanti l'uno dall'altro. L'agricoltura era il principale mezzo di sostentamento degli abitanti: un'agricoltura povera che conobbe un periodo di forte sviluppo con l'introduzione della bachicoltura e lo sviluppo delle seterie comasche. Anche il tratto da Lentate a valle (la storica "Brianza Milanese", sebbene ora la maggior parte dei comuni interessati appartenga alla provincia di Monza e Brianza) aveva nell'agricoltura il suo punto di forza accompagnato dal tradizionale artigianato del mobile.
Nel 1861 la popolazione censita nei dieci comuni tra Lentate del Seveso e Milano era di 25.538 anime, nel 2001 era salita a 209.186. Un andamento assolutamente comparabile si registrò nei comuni contermini e praticamente per l'intera Brianza: questo significò profondi cambiamenti nei modi di vita e negli insediamenti. La valle del Seveso ebbe un forte incremento nell'espansione industriale negli anni venti e trenta del secolo scorso, tanto da diventare, tra Cesano Maderno e Bresso, il maggiore polo chimico dell'Italia settentrionale, ma con la chimica erano presenti la meccanica, il tessile, l'industria alimentare e quella del legno. Nel secondo dopoguerra, alla crisi del settore chimico, alcuni dei quali ebbero strascichi fino al 2010 fece riscontro l'esplosione del settore del legno e del mobile che affiancò, al tradizionale artigianato, piccole, medie e anche grandi industrie mobiliere.
Per avere un esempio della conseguente trasformazione del territorio, citiamo per tutti il comune di Bovisio Masciago: nel 1786 (Catasto lombardo-veneto) il 91% del suo territorio era dedicato all'agricoltura e solo il 5% era urbanizzato; nel 1900 i dati non si discostavano molto da questi, ma nel 2006 le percentuali erano 67,50% urbanizzato e 24,46% agricolo. Il risultato ci dice che il Seveso che scorreva libero nelle campagne e che ancora nel 1950 offriva acque limpide in cui ci si bagnava e le lavandaie facevano il loro lavoro, oggi scorra in un ininterrotto nucleo abitato, in alvei artificiali che spesso coincidono addirittura coi muri degli edifici che lo racchiudano e il grado di inquinamento delle sue acque. Alla fine del secolo scorso la percentuale di suolo edificato e urbanizzato era compresa tra il 22,7% di Lentate sul Seveso e l'81,3% di Cusano Milanino, con una media del 44,6% e proiezioni che portano per il 2010 a un incremento della media fino al 53,6%.
Nelle condizioni descritte, la permeabilità del territorio a margine dell'alveo è estremamente ridotta e questo fa sì che, in caso di pioggia, praticamente l'intera quantità d'acqua caduta dilavi nel Seveso, convogliata dai collettori urbani. Di per sé il bacino imbrifero del fiume è già abbastanza esteso, ma il "bacino colatore" ne supera abbondantemente i limiti perché ampliato con il collegamento, attraverso il cavo Breda, di Cinisello Balsamo le cui acque giungono a Bresso; a Varedo arrivano poi gli scarichi di Cabiate e di Meda, anch'esse località non rivierasche.
Le piene di questo piccolo corso d'acqua sono repentine e rabbiose, talvolta con esiti catastrofici. Ne raccontano la cronache a partire dal cinquecento ed esistono tracce archeologiche di una violentissima, del I secolo, cui si attribuisce la distruzione del primo porto di Milano. Dei guasti provocati attraverso il Redefossi abbiamo accennato sopra.
Quando, nel 1954, il comune di Milano individuò come indispensabile la costruzione di un canale scolmatore delle piene del Seveso, per proteggere Niguarda e i quartieri settentrionali, e ne indicò la portata in trenta metri cubi al secondo, si era ancora agli inizi dell'urbanizzazione descritta: gli abitanti dei dieci comuni tra Lentate e Bresso erano all'ultimo censimento (1961) 84.396 contro i ricordati 209.186 del 2001. Il Seveso era ancora un torrente e la sua portata media ancora quella naturale di 1,8 metri cubi al secondo. La previsione di un ulteriore forte sviluppo non era difficile, ma le indicazioni paiono ancora oggi del tutto adeguate e lungimiranti, anche se sembrarono sovrabbondanti allora, tanto che l'opera venne completata solo nel 1980, quando a Niguarda si erano già verificati (1976-1979) ben venticinque episodi di esondazione con allagamento di aree abitate. Gli straripamenti investono il vicino Hinterland milanese (Paderno Dugnano e Bresso), ma soprattutto la parte nord della città, da Niguarda a piazza dei Carbonari, coinvolgendo strade di grande comunicazione come la Comasina e il viale Zara: si tratta in generale di eventi contenuti e con danni limitati (salvo alla circolazione), ma frequenti (62 volte tra il 1976 e il 2000) e si sono ripetuti anche nel luglio 2014, quando l'area allagata si è estesa fino alla zona di Porta Nuova, e nel novembre dello stesso anno, con danni ancora maggiori.
Il 19 settembre 2010, se ne è verificata una tra le peggiori (era la terza dell'anno), con una primitiva stima di 70 milioni di euro di danni, chiusura di 3 stazioni della linea metropolitana M3 per dieci giorni (con allagamenti e detriti fino a 7-8 metri nella fermata "Sondrio"), sospensione di alcune linee di tram e relativi futuri ritardi e ingenti danni nei cantieri della nuova metropolitana M5. In parte, l'allagamento della metropolitana è stato aumentato dalla rottura di una conduttura del diametro di 60 centimetri dell'acquedotto di Milano in viale Zara all'altezza del civico 100, che ha per ore versato acqua nei tunnel dell'M5. L'ammontare reale dei danni è stato comunicato in novembre: venti milioni di euro e un ritardo di due mesi per l'introduzione del primo treno in galleria per i collaudi.
Le polemiche dopo l'accaduto sono state violente; al centro di esse il mancato completamento del raddoppio della portata dello scolmatore, progettato nel 1982 e di cui è stato approntato solo un primo lotto nel 2003 e per il quale erano disponibili le risorse finanziarie. Quest'opera pubblica è oggetto di valutazioni contrastanti: da una parte non viene giudicata sufficiente a scongiurare le esondazioni a Milano, dall'altra è imputata di trasferire inquinamento idrico direttamente nel Ticino e di conseguenza nel Po (nelle cui acque finirebbero in ogni caso). Di per sé, il percorso sotterraneo del Seveso a Milano, fino alla Martesana, è capace di smaltire fino a 45 metri cubi al secondo e questa è la quantità d'acqua che non può essere superata all'imbocco sotterraneo a Bresso, anche perché non si conoscono esattamente le riduzioni della luce dell'alveo provocati dai depositi delle acque (s'ipotizza un restringimento della tombinatura all'altezza di p.le Istria e v. Abbazia che limita ulteriormente la capacità disponibile, senza contare gli apporti dei drenaggi urbani di Bresso e Cusano Milanino che confluiscono in Seveso all'altezza di v. Ornato). Al momento la Provincia di Milano sta eseguendo i lavori di adeguamento parziale del canale scolmatore mentre la Regione e l'Agenzia Interregionale per il fiume Po (autorità idraulica sul reticolo idrografico padano) sta redigendo gli studi preliminari per l'individuazione di 5 aree lungo il Seveso per la laminazione controllata delle piene. Così facendo si definirebbe il cosiddetto "scenario di progetto" dell'Autorità di Bacino per la messa in sicurezza del nord milanese; il fabbisogno finanziario, purtroppo, è attualmente indisponibile.
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