È costituito da quattordici cappelle, dedicate ai misteri del Rosario, che conducono al santuario di Santa Maria del Monte, luogo di pellegrinaggio sin dal Medioevo, che funge da quindicesima cappella che tra l'altro conserva un organo neoclassico del 1831, opera di Luigi Maroni Biroldi, restaurato da Pietro Talamona nel 1871 e da Vincenzo Mascioni nel 1989. I lavori iniziarono nel 1604, lungo i due chilometri di un ampio percorso acciottolato.
Grazie a munifiche donazioni, la costruzione fu assai più rapida di quella di altri sacri monti, e tredici delle cappelle furono terminate entro il 1623. Nel 1698 i lavori risultavano completati nella loro forma attuale. Come avviene nel Rosario, le cappelle sono divise a gruppi di cinque. Lo stile architettonico delle cappelle, degli archi trionfali e delle fontane è variegato, ispirato ai modi stilistici del manierismo. Le statue e gli affreschi che ornano le cappelle costituiscono nel loro complesso un’elevata testimonianza dell’arte sacra seicentesca in area milanese.
Il borgo di Santa Maria del Monte, dove si trova il santuario (quota 844 mt.s.l.m.), è collegato al resto della città, oltre che attraverso una linea automobilistica urbana , anche attraverso una storica funicolare recentemente rimessa in funzione. La sommità del Sacro monte si erge sino alla massima quota di 883 metri s.l.m
Lungo le pendici si snoda la strada acciottolata, lunga più di due chilometri, tocca le 14 cappelle. L'altura – già secoli prima che si desse avvio, nel 1605, alla Fabbrica del Santissimo Rosario - era stata testimone di rilevanti manifestazioni di fede, la cui origine sconfina addirittura nella leggenda. Si vuole infatti che, nel luogo in cui si trova il santuario dedicato alla Madonna (punto di arrivo del percorso devozionale) già nel IV secolo esistesse una modesta cappella fatta costruire da Sant'Ambrogio come ringraziamento per la vittoria sugli ariani.
Certa è l'esistenza in questo sito di un santuario romanico dell'XI secolo (di cui si è conservata la cripta), costruito forse su un precedente edificio altomedievale; esso era dotato all'esterno di un endonartece per accogliere i fedeli. Già allora, come ora, affluivano infatti al santuario sul monte Orona fedeli provenienti d'ogni dove, sin da Milano e dal Canton Ticino. Attorno al santuario si venne progressivamente aggregando un borgo con case per i sacerdoti e per i laici che vi lavoravano, con ricoveri per i pellegrini.
Il santuario, ormai insufficiente ad accogliere i pellegrini, fu quasi interamente ricostruito nel 1472 su disegno dell'architetto Bartolomeo Gadio; assumendo un impianto con tre navate e tre absidi, disposte a triconco. Ad un successivo ampliamento è dovuto il prolungamento della navata centrale verso l'ingresso.
Ancora nella seconda metà del XV secolo le beate Caterina da Pallanza e Giuliana da Busto Arsizio, divenute poi fondatrici dell'Ordine delle Romite ambrosiane, si ritirarono in un romitorio adiacente al santuario, per condurre una vita di preghiera; il loro esempio fu seguito da altre giovani donne. Nel 1474 papa Sisto IV concesse alla comunità di erigere un monastero ed il 10 agosto 1476 le religiose presero il velo.
Fu proprio una delle romite del monastero, suor Maria Tecla Cid, a concepire all'inizio del XVII secolo l'idea di un percorso capace di mettere agevolmente in comunicazione la pianura di Varese con il santuario ed il borgo sul monte di Santa Maria, offrendo il conforto di soste e l'occasione di meditare sui Misteri del Rosario.
L'idea trovò entusiastico appoggio ed infaticabile sostegno organizzativo da parte del padre cappuccino Giovanni Battista Aguggiari che provvide a coinvolgere nell'impresa alcune nobili famiglie milanesi e ad estendere la raccolta di fondi alle comunità dei fedeli di numerosi paesi su un ampio territorio circostante. Nel 1604 fu convocato l'architetto Giuseppe Bernascone, detto "il Mancino" per il progetto delle diverse cappelle e del percorso scenografico lungo le pendici del monte: fu lui il vero regista artistico della realizzazione dell'intero complesso devozionale. Prese in tal modo avvio, nel 1604, la Fabbrica del Ss. Rosario. Si deve ricordare, al proposito, che la recita del Rosario era stata codificata nella forma attuale da papa Pio V nel 1569 ed era diventata popolare dopo la battaglia di Lepanto (1571). Da allora, aveva avuto una formidabile espansione, come recita collettiva, anche nei riti processionali. Si comprende così quanto dovesse comparire desiderabile ed urgente che le numerose processioni al santuario di Santa Maria potessero svolgersi nella cornice teatrale di un’ascesa scandita dalla successione ritmica delle preghiere con momenti di sosta nei quali meditare di fronte ai Misteri raffigurati plasticamente ed in maniera vivida nelle cappelle.
La costruzione del Sacro Monte di Varese fu molto più rapida di quella di altri Sacri Monti e tredici delle quattordici cappelle previste furono terminate entro il 1623. Nel 1698 i lavori risultavano completati nella forma attuale, comprese le statue in terracotta dipinta e gli affreschi che hanno il compito di ampliare illusivamente le scena dei vari Misteri.
Le cappelle, come i Misteri del Rosario, sono divise in gruppi di cinque, separati tra loro da archi trionfali e da fontane per il ristoro dei pellegrini. Le cappelle realizzate dal Bernascone sono quattordici, una in meno dei Misteri del Rosario, poiché il santuario – meta del percorso – assume la funzione di quindicesima ed ultima cappella, grazie alla costruzione avvenuta in quegli anni, di un nuovo altare in marmo dedicato alla Incoronazione della Vergine, che racchiude una trecentesca statua lignea, icona oggetto di speciale venerazione.
La rapidità dei lavori nei primi venti anni della Fabbrica del Ss. Rosario (che apparve a quei tempi cosa miracolosa) fu frutto non solo delle disponibilità finanziarie, ma anche da indubbie capacità organizzative di Padre Aguggiari e degli altri "deputati della Fabbrica": i tanti tipi di diversa manodopera necessaria (muratori, carpentieri, stuccatori, ecc.) furono reclutati con cedole di appalto esposte nei mercati di Como, Lugano e Varese.
Sino al 1610 i lavori furono coordinati dai "deputati" della Fabbrica; successivamente vi fu un interessamento diretto e costante da parte di Federico Borromeo. Nel 1612, dopo una visita pastorale, egli scrisse i Decreti che disciplinavano, in modo a volte anche dettagliato, il piano di realizzazione del Sacro Monte, in specie per il programma iconografico che doveva ispirarsi ai canoni artistici post-tridentini. Nello stesso periodo il cardinale milanese soprintendeva anche la realizzazione del Sacro Monte di Orta ed a quello di Arona. Il complesso prealpino dei Sacri Monti piemontesi e lombardi doveva, nei suoi disegni, configurarsi come una sorta di ideale sbarramento difensivo della fede contro la Riforma protestante diffusasi nel nord Europa fatto da alture sacralizzate, testimonianze di una fede popolare antica e dell'impegno controriformistico della chiesa cattolica.
Dopo l'interruzione dovuta alla peste del 1630-32, proseguirono soprattutto i lavori di decorazione delle cappelle, lavori che nel 1698 risultavano completati.
Il Sacro Monte di Varese, per la qualità degli artisti che parteciparono alla sua realizzazione, costituisce una testimonianza di grande rilievo della cultura artistica sviluppatasi nel Ducato di Milano.
Già poco dopo la ricostruzione quattrocentesca del santuario, appoggiata da Gian Galeazzo Maria Sforza si assisté ad un fluire numeroso di artisti di area milanese per realizzarne l’apparato decorativo. Tra questi – quali rappresentanti delle illustri botteghe di intagliatori che operarono tra la seconda metà del XV e la prima metà XVI secolo in area milanese – vanno ricordati il Maestro di Trognano autore dei pannelli lignei che ornavano l'altare maggiore, e Andrea da Milano autore del gruppo scultoreo raffigurante la Adorazione dei Magi tuttora presente nel santuario. Altre opere ed arredi liturgici, già appartenenti al santuario, sono conservate nel Museo del santuario, conosciuto anche come Museo Baroffio.
Va ricordato anche che sul finire del XVI secolo le Romite Ambrosiane avevano promosso la realizzazione, nel perimetro claustrale, di alcune cappelle dedicate alla Passione di Cristo popolate di statue policrome.
Durante il XVII secolo, parallelamente ai lavori nella Fabbrica del Santissimo Rosario, vennero chiamati al santuario artisti attivi anche in altri Sacri Monti, quali Giovanni Mauro della Rovere detto il Fiammenghino (autore dell'affreschi delle navate laterali) ed i fratelli Prestinari (probabili autori del gruppo ligneo della "Presentazione di Gesù al Tempio").
Il maggior fervore di attività, nel corso del XVII secolo, si registrò ovviamente attorno alle cappelle del Sacro Monte. Qui la qualità artistica di Giuseppe Bernascone, detto "il Mancino" si apprezza innanzi tutto nella sua capacità di rappresentare "in forma di monumento" la preghiera del Rosario fondendo armonicamente tra loro strutture architettoniche e paesaggio. Questa sua attitudine "scenografica" – che gli valse anche il coinvolgimento nel cantiere del Sacro Monte di Locarno – si palesa nella duplice attenzione a come lo spettatore dovesse percepire da lontano lo snodarsi delle cappelle e degli archi trionfali lungo il tracciato dell'ampia strada acciottolata, ed a come il pellegrino dovesse godere, da alcune cappelle, del panorama verso la pianura ed il lago di Varese. Non è a caso la presenza di alcune cappelle, attorno alle quali corre un porticato che invita il visitatore ad ammirare il paesaggio tutt'intorno.
Vennero chiamati alla realizzazione delle cappelle un nutrito gruppo di artisti accomunati dalla condivisione della concezione federiciana dell’arte e dalla esperienza di lavori nei Sacri Monti piemontesi e lombardi realizzati in un linguaggio che va, senza contrasti stilistici, dal manierismo al barocco.
Va citata, tra di essi, la presenza di plasticatori come i fratelli Marco Aurelio e Cristoforo Prestinari, Dionigi Bussola, Giovanni Ghisolfi, Martino Retti e Francesco Silva, e di pittori come il già citato Morazzone, Carlo Francesco Nuvolone, Antonio Busca, i fratelli G. Battista e G. Francesco Lampugnani, Francesco Maria Bianchi ed altri. Assieme al Bernascone, essi hanno conferito al Sacro Monte di Varese la fisionomia di una sorta di museo all'aperto di quella stagione alta del Seicento lombardo che ruota attorno alla figura di Federico Borromeo.
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