lunedì 1 giugno 2015

IL PALAZZO GONZAGA ACERBI A CASTEL GOFFREDO

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Sul lato settentrionale di Piazza Mazzini, stretto fra le torri medievali dell’Orologio e il Torrazzo, si impone Palazzo Gonzaga Acerbi. Risalente al 1499 e realizzato dal marchese e vescovo Ludovico Gonzaga, sarà in realtà il nipote, Aloisio, a trasformalo in una vera corte rinascimentale.

Aloisio, infatti, che alla morte del padre e dello zio riceverà in eredità le terre di Castel Goffredo, Castiglione delle Stiviere e Solferino, farà proprio di Castel Goffredo la capitale del suo marchesato e interverrà per abbellire non soltanto la sua dimora ma l’intera città. Aloisio fece decorare con affreschi le sale del palazzo e realizzò un bellissimo giardino dove amava riunire i suoi ospiti più importanti: l’imperatore Carlo V, ad esempio, oppure il poeta di corte Matteo Bandello, che racconterà di Castel Goffredo nei suoi racconti.

L'originaria costruzione di residenza castellata, composta da due distinti fabbricati non collegati tra loro, soggetta a varie aggiunte e modificazioni, è incastonata tra la torre civica a ovest e il Torrazzo ad est e risale al 1350 circa. Di proprietà del comune (domus comunis), che effettuò opere di ampliamento e riattamento. Era sede del vicario dei Gonzaga, che abitava nell'annesso Torrazzo, comunicante col palazzo.

Una pergamena del 1480 parla del passaggio in proprietà al marchese Ludovico Gonzaga, che iniziò le opere di miglioramento dell'edificio, grazie anche all'intervento dell'architetto Ermes Flavio de Bonis.

Nel 1511 divenne la residenza del marchese Aloisio Gonzaga, che ne fece una corte sfarzosa, ospitando personaggi illustri, tra cui il capitano imperiale Luigi Gonzaga "Rodomonte", il poeta Pietro Aretino nel 1536, dal 1538 al 1541 lo scrittore Matteo Bandello (che qui conobbe Lucrezia Gonzaga di Gazzuolo) con Cesare Fregoso, Costanza Rangoni e i loro figli e lo studioso di chiromanzia frate Patrizio Tricasso da Ceresara.

L'imperatore Carlo V il 28 giugno 1543 fu ospite per un giorno del marchese Aloisio, lasciando il palazzo solo il giorno seguente. In un manoscritto anonimo si legge:

« Questa venuta, che tanto desiderava il signor marchese, fu quella e non altre, che lo indussero a cambiare, per così dire, la faccia al paese. Non era casa, non vi erano pareti esteriori in cui non si vedessero a fresco dipinte maestose logge, militari trofei, vasi egizi ed ornati d'ogni sorta, per cui più che un paese, sembrava un teatro magnifico e sorprendente »

Anche i tre figli di Aloisio videro la luce nel palazzo: Alfonso nel 1540, futuro marchese di Castel Goffredo; Ferrante nel 1544, futuro I marchese di Castiglione e Orazio nel 1545, futuro marchese di Solferino.

Importanti opere interne furono eseguite nel 1526 e nel 1598 da Alfonso Gonzaga, che dotò il palazzo di finestre a vetri.

Nell'ottobre 1589 Luigi Gonzaga, futuro santo, alloggiò nel Torrazzo.

Dopo la sua uccisione il 6 maggio 1592 da sicari di Rodolfo Gonzaga, che occupò militarmente Castel Goffredo, nel palazzo vennero imprigionate e tenute segregate per giorni la figlia di Alosio Caterina e la moglie Ippolita Maggi. Furono liberate grazie all'intervento dal duca Vincenzo Gonzaga e condotte a Mantova.

Anche Rodolfo Gonzaga soggiornò per poco tempo nell'edificio, perché il 3 gennaio 1593 fu ucciso sulla porta della Chiesa Prepositurale di Sant'Erasmo con un colpo di archibugio.

Dopo l'aggregazione al ducato di Mantova nel 1603 nessun Gonzaga abitò più nel palazzo. Rimase a lungo disabitato sino al 1756, quando passò di proprietà del comune di Castel Goffredo che lo cedette, con rogito nel notaio Giacomo Cima, il 13 aprile 1776 al colonnello Giacomo Acerbi.

Nel palazzo dimorò anche il figlio di Giacomo, Giuseppe Acerbi, nato il 3 maggio 1773 dalla moglie Marianna Riva, che divenne scrittore ed archeologo. A Giuseppe Acerbi è intitolato il Premio Letterario Giuseppe Acerbi del comune di Castel Goffredo.

Ad opera del bresciano Gaspare Turbini, il palazzo subì una radicale modificazione verso lo stile neoclassico: venne chiusa la merlatura, cancellati gli elementi architettonici rinascimentali ed ampliate le finestre.

Il palazzo fu anche luogo di nascita, il 14 novembre 1825, di Giovanni Acerbi, figlio di Battista Acerbi e Domenica Moneta, patriota ed intendente dei Mille, destinato a scrivere una delle pagine più importanti del Risorgimento italiano: i Martiri di Belfiore.

Nei giorni 27-28-29 aprile 1862 il generale Giuseppe Garibaldi fu ospite del patriota Giovanni Acerbi.

All'interno è presente una loggia retta da colonne in marmo dai volti finemente affrescati a grottesca (scuola di Giulio Romano). Una scalinata, dalla volta affrescata, conduce al piano nobile. Ad Aloisio Gonzaga si deve anche la formazione del giardino interno, ora ricco di alberi secolari, della fontana in marmo bianco e del pergolato di uve pregiate.

Di pertinenza del palazzo erano anche alcune case e la filanda (fatta costruire da Giacomo Acerbi) con annesso filatoio, delimitate dall'attuale vicolo Cannone. Del palazzo facevano parte anche le mura dell'antica fortezza di Castel Goffredo, oggi ancora in parte conservate e occupanti la parte nord.

Il marchese Aloisio Gonzaga fece dipingere la facciata esteriore verso la piazza con il fregio ad intreccio di amorini e sotto il cornicione fece porre la scritta Fortitudo mea, amor populi, potentorum reverentiam. Tracce di dipinto sono ancora visibili oggi.

Il Torrazzo è situato nell'angolo sud-occidentale del Palazzo Gonzaga-Acerbi, al quale appartiene e ne segue la storia, nella centrale Piazza Mazzini, è una costruzione medievale con coronamento a sbalzo sostenuto da mensoloni, innalzato probabilmente nella seconda metà del XIV secolo a scopo difensivo e ad uso abitazione del vicario rappresentante dei Gonzaga di Mantova, al quale il Comune di Castel Goffredo doveva dare alloggio e contribuire al salario. Il primo vicario ad occupare la struttura fu Ambrogio de Ferrari nel 1379 cui seguirono altri tredici. Al piano terreno dell'edificio era alloggiata la camera di tortura.

Un manoscritto anonimo del XVII secolo riporta che il Torrazzo (detto anche Torricello) fu la sede del banco dei pegni degli ebrei, chiamati nel 1588 da Mantova dal marchese Alfonso Gonzaga. Soggiornò nel Torrazzo anche San Luigi Gonzaga.

Nelle stanze del Torrazzo furono tenute prigioniere Elena Aliprandi e la figlia Cinzia Gonzaga allorché una sollevazione popolare della “Magnifica Comunità” castellana portò alla morte del marito, il marchese Rodolfo Gonzaga il 3 gennaio 1593.

Fu rinnovato esteriormente nel Settecento quando furono aperte le cinque finestre prospicienti la piazza.



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