Candido Lazzarin è uno scultore.
Una mostra al Monastero di Santa Caterina del Sasso, sulla riva orientale del lago Maggiore, ha suscitato molto interesse intorno all'opera dell'artista di Brezzo di Bedero, che lavora schivo e solitario, in una delle vallate più belle del Varesotto.
Autodidatta, nato nel 1946, Lazzarin inizia a scolpire nel 1980 e nonostante questa partenza non precoce egli si è già affermato in una sequenza di mostre in Italia.
L'interesse suscitato deriva dalla particolarità della sua ricerca, da collocarsi nel territorio dell'arte povera.
Il tema parla già di una profonda suggestione ed è prevalente nella sua produzione. La Croce. E' il simbolo più alto e più immediato del Cristianesimo.
La dimensione dell'espressione scultorea di Lazzarin non è di certo nel tradizionale, in quanto il materiale creativo risulta essere, per Io più, ferro di recupero.
L'origine di tale materia è umilissima e insieme preziosa, arriva alle mani dell'artista già con una propria storia. Sono chiodi, che secoli fa, sono stati battuti: sono falcetti della più schietta tradizione rurale; sono tubi in rame o in piombo provenienti da macerie di ristrutturazioni civili.
"Croce realizzata con cerniere e chiodi del 1600". "Croce realizzata con graffe da carro agricolo della provincia di Pavia". E ancora."Cristo realizzato con tre chiodi da travatura della metà del '600". "Croce realizzata con 24 chiodi da maniscalco".
La forza della suggestione dalle parole si cala nella visione. Gli antichi elementi si piegano a richiamare i simboli cristiani, a ritrovare una inattesa dignità con il consumismo che il quotidiano non sa più conservare.
Non esiste in Lazzarin artificio, non si rintracciano forzature nella connessione. E' un messaggio limpido, sereno, nella semplicità di un gesto che si china a raccogliere quanto verrebbe gettato via e con grande emozione ne fa scultura.
Così, dinnanzi ad un percorso creativo inatteso, nascono libere meditazioni verso un grande umanesimo ritrovato all'improvviso nel nostro tempo.
Partendo dallo studio dei ferri assemblati si giunge a considerazioni sul destino delle cose e degli uomini.
Candido Lazzarin continua nella sua opera, che nell'unicità della sua inventiva, procede in una forte tensione verso il soprannaturale.
Guardare l'uomo per vedere la sua anima - Interessante e ambizioso obiettivo quello che si è posto l'artista Candido Lazzarin con la sua mostra "L'anima sacra e l'anima profana", allestita al Palazzo Verbania di Luino.
Il tema dell'anima ci tocca particolarmente da vicino, ci riguarda in maniera intima e personale, così intrecciata nel nostro vissuto quotidiano che quasi non ci si pone più attenzione; eppure è anche un tema ignoto e misterioso, paradossalmente sfuggente nella sua pur costante familiarità.
Un tema ambivalente e duplice, come fa notare acutamente l'artista con la distinzione che opera nel titolo tra "Anima sacra" e "Anima profana": c'è infatti un chiarissimo riferimento all'uomo, e perciò è un tema definibile come profano, pienamente e specificamente umano -mirando proprio al cuore pulsante della nostra umanità- eppure, nonostante ciò, oltrepassa l'uomo stesso, sfociando nel trascendente e dunque nel sacro.
Parlare dell'anima colloca quindi in uno spazio intermedio che tocca e coinvolge entrambe le dimensioni, quella spirituale e quella terrena, quella divina e quella umana, abbracciandole sinergicamente pur mantenendone la distinzione.
Lo scultore Candido Lazzarin, con la mostra, ha saputo porsi sul dorso di questo delicato crinale, descrivendo con il suo peculiare linguaggio artistico la specificità che contraddistingue l'animo dell'uomo nella sua originaria ed ineliminabile tensione bipolare.
In tal senso le sue opere scultoree ed i suoi assemblati -con cui ha costruito, ad esempio, delle piante d'ulivo racchiuse in grate d'argento che sostengono alcune croci- si prestano a numerose riflessioni, enfatizzando tanto il ruolo spirituale del sacrificio pasquale di Cristo, quanto l'aspetto profano di una pace armoniosa che l'uomo è chiamato a costituire nel mondo. I due aspetti non solo non si escludono ma, anzi, si co-implicano valorizzandosi vicendevolmente.
L'immagine della croce, che ricorre molto spesso nei lavori di Lazzarin, è emblematica: simbolicamente richiama la sfera del sacro in quanto immagine cristiana, ma materialmente è molto umana, perché nel realizzare le sue croci l'artista utilizza materiale povero e di riuso, rigorosamente autentico, ricavato per lo più da manufatti di ferro recuperati da demolizioni o grazie a fortunosi ritrovamenti.
L'origine di tale materia è dunque umilissima, ma al contempo anche preziosa, perché spesso gli oggetti dalla quale è tratta sono molto antichi e possiedono già una loro storia. Possono essere, ad esempio, dei chiodi che sono stati battuti secoli fa, o dei falcetti della più schietta tradizione rurale, oppure dei tubi di rame e di piombo provenienti da macerie di ristrutturazioni civili.
Nei titoli delle sue opere c'è perciò molto spesso un accenno alla storia che li impregna: es.con cerniere e chiodi del 1600"; "Croce realizzata con graffe da carro agricolo della provincia di Pavia"; "Cristo realizzato con tre chiodi da travatura della metà del '600"; "Croce realizzata con 24 chiodi da maniscalco".
Ancora una volta, viene ribadita la compresenza tra spirituale e terreno, tra l'elemento sacro (es. la croce) e l'elemento profano (es. il chiodo da maniscalco secentesco).
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